Capitolo quattro || "Daktulorodos, narrami ancora di codesto uomo"

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«Dai, Leah, muovi il culo e vieni!» Hester era sempre così insistente, ma anche l'unica amica che le era rimasta dopo il liceo, e quella con la quale aveva instaurato il rapporto più duraturo tra tutte le "amiche" che aveva avuto durante gli anni. Con tutte aveva perso i rapporti, e nessuna era rimasta davvero. Margaret, dopo l'incidente, aveva pian piano incominciato ad allontanarsi da lei, e l'ultimo anno di medie lo aveva passato completamente sola.
Certe volte si era chiesta se fosse lei il problema. Perché tutti quanti prima o poi se ne andavano? Cosa aveva di sbagliato? Forse il suo carattere a volte troppo irruento? Forse Non era una persona interessante? O forse era proprio il mondo che girava diversamente di come se lo immaginava...?
La sua vita era piena soltanto di persone di passaggio, mai nessuno era rimasto per sempre, ovviamente a differenza del padre. E forse era un po' anche questo che la bloccava nel fare nuove conoscenze: perché sprecare del tempo, se poi tutti se ne sarebbero andati dopo essersi stancati di lei?
«Ok. Arrivo.» si limitò a replicare, rispondendo all'amica tramite una chiamata.
Scese rapidamente le scale dell'appartamento e passò per il negozio, dove Frank stava sistemando delle chiavi inglesi sugli scaffali.
Il giorno precedente l'affare con Cust non poteva andare meglio: dopo una breve contrattazione, nella quale entrambi ne erano usciti soddisfatti, l'affare si era concluso. Ora stavano aspettando l'enorme ordine, e poi avrebbero fatto recapitare tutto a casa dell'uomo.
Questo affare era fruttato non poco, e sia il padre che la figlia non potevano esserne più contenti.

«Vado un attimo con Hester da "Webb's" a prendere qualcosa da bere, torno il prima possibile.» enunciò, tirandosi su la tracolla che stava per cadere.
«Sì, non ti preoccupare, vai.» le sorrise lui. Delle ulteriori piccole rughe gli comparvero sulle guance. Non si era resa conto di quanto, negli ultimi anni fosse visibilmente invecchiato. I capelli castani avevano lasciato spazio ad una chioma sempre più grigia, e la sua corta barba non era certo presa tanto meglio. Gli anni erano volati, ed entrambi stavano mutando l'uno sotto gli occhi dell'altra. Ma si sa, quando vivi una vita insieme questi cambiamenti non si notano affatto.
Leah annuì in segno di ringraziamento ed uscì dal locale.

Hester la stava aspettando davanti al loro solito bar, le mani dalle lunghe unghie decorate, stringevano il cellulare all'ultimo grido. La sua amica era in ritardo! Come sempre.
Stava per scriverle, quando la figura medio - alta di una ragazza dai lunghi e lisci capelli castano scuro, sbucò all'inizio della strada. Eccola, quella ritardataria che non era altro!
«Oddio, scusami davvero Hester. Ho trovato traffico a Bakery Street.» la ragazza sapeva quanto l'amica fosse puntuale e pretendesse lo stesso anche dagli altri, in tutti i modi, ogni volta che doveva uscire con lei si impegnava ad arrivare il più puntuale possibile, ma la ragazza dalla chioma biondo ossigenata, arrivava sempre prima di lei.
«Fa niente, sei sempre migliorata dalle prime volte. Dai, entriamo.» La bionda, dal canto suo, non riusciva a nascondere il fatto di essere un poco infastidita dal ritardo di Leah, ma ormai ci era abituata, e non voleva di certo perderla per queste sciocchezze, per quanto fosse metodica e amasse la puntualità. Nutriva un sincero sentimento di amicizia verso di lei; all'inizio le faceva compassione, quando la conobbe seduta tutta sola al tavolo della mensa in prima superiore. Ma poi la imparò a conoscere, e non riusciva a capacitarsi del fatto che non avesse nessun amico. Una persona dolce e comprensiva come lei! Certo, i suoi scatti d'ira non erano di certo piacevoli, ma non si può sempre e solo giudicare una persona dai suoi aspetti negativi, nessuno è perfetto.

***

«Allora come va alla BU?» chiese Leah. Dopo essere andate a prendersi da bere da "Webb's", avevano deciso di andarsi a sedere al parco, di fronte alla zona dove si trovavano le rampe da skate.
«Bene, anche se a volte le cose si fanno davvero difficili. Ma tutto sommato, non avrei potuto fare scelta migliore.» rispose l'amica.
Entrambe caddero in un silenzio tombale per qualche secondo. Erano assorte a guardare le rampe da skate piene di ragazzi che andavano su e giù con le loro tavole senza mai cadere. Erano davvero bravi.
All'improvviso, una palla colpi la schiena di Hester.
«Ahi!» la ragazza si girò di scatto dietro di lei, proprio dove la palla si era scontrata contro la sua schiena. Anche l'amica fece lo stesso, pronta a rimproverare quegli sbadati che avevano colpito così forte la bionda con la loro stupidissima palla da basket.
Subito corse verso di loro un ragazzo, moro, occhi verdi, dai lineamenti spigolosi.
Leah fece per aprire la bocca, che la richiuse immediatamente: Malcom Morris, o meglio MM, o meglio ancora il suo ex. Detestarlo era riduttivo, volerlo vedere sparire dalla faccia della terra forse era quello che desiderava di più in quel momento.
«Scusa, non l'abbiamo fatto di proposito.» il ragazzo guardò Hester. Che faccia tosta, continuava ad evitarla, aveva persino paura di guardarla negli occhi! La sua voce si era fatta più profonda da quando la aveva sentita per l'ultima volta due anni e mezzo prima. Inoltre, i suoi lineamenti si erano fatti più spigolosi, e sul mento era cresciuto una specie di pizzetto.
Hester guardò rapidamente l'amica, e quest'ultima fece lo stesso. Non sapevano cosa fare, come rispondere. Entrambe lo detestavano, Leah, semplicemente perché la aveva ingannata e la seconda per pura solidarietà femminile.
Entrambe non risposero. Lo sguardo del giovane Malcom si spostò sulla sua ex, e quest'ultima gli lanciò un'occhiata cosi seria, impassibile, accusatrice, che era impossibile non essere divorati da dei rimorsi di coscienza anche se non si era colpevoli di nulla. Peccato però, che il diretto interessato di questi sguardi fosse mille volte peggio della vecchia fiamma, e quegli sguardi non gli suscitarono nessun effetto. Nessuno voleva discutere con nessuno, ed era meglio così. Tutti e tre ormai erano persone adulte, e dovevano comportarsi come tali.
Così, tanto rapidamente come era arrivato, se ne andò, con la sua stupidissima palla in mano.

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