David Brown. David Brown. David Brown.
Allora era questo il suo nome? Leah continuava a pronunciarlo internamente da quando lui glielo aveva riferito. Anni per capire come si chiamasse, da dove venisse, e ora, aveva il suo nome.
Non era più lo Sconosciuto, l'appellativo che gli aveva attribuito oramai da tredici a questa parte. Il suo volto aveva un nome. Avrebbe dovuto sentirsi appagata da questa "rivelazione". Eppure non lo era, non lo era affatto. David Brown non gliela contava giusta. Un nome così semplice, che si sarebbe potuto confondere tra milioni...
E che male c'era? Nessuno apparentemente. Proprio perché ce lo avevano in molti, sarebbe potuto essere stato tranquillamente il suo. Tuttavia, il suo istinto sentiva odore di bruciato.
Ma perché tutte queste paranoie su uno stupido nome? Ora avrebbe dovuto farne l'analisi per caso?
Quando ebbe finito di scrivere, i loro sguardi si incrociano per l'ennesima volta.
«Grazie. Ho finito.» sorrise la ragazza infine.
David, così aveva detto di chiamarsi, accennò un falso sorriso, e si congedò. Non vedeva l'ora di squagliarsela, stare in presenza di quella ragazzina gli metteva inquietudine, soprattutto perché pur vendola incontrata tredici anni prima, il suo ricordo era ancora vivido nella sua mente: ne vedeva a migliaia di bambine! Perché si era ricordato proprio di quella...? Se sentiva ancora quella connessione? Sì, più forte che mai. Ma non doveva dargli importanza, era una sciocca impressione, si ricordava di lei solamente perché aveva preceduto il suo ultimo arresto, tutto qui.
Uscì dal locale, per sparire tra le trafficate strade della caotica Boston.La diciannovenne, dal canto suo, non riusciva a togliersi dalla testa ciò che era appena accaduto. Avere quell'uomo davanti agli occhi, e provare le stesse emozioni dell'ultima volta, non la aveva di certo lasciata indifferente. Continuava a comprendere la sua solitudine, il suo essere incompreso, sebbene non si fosse ripresentata un'occasione, come alla stazione dei treni, per pensarlo.
Davvero bizzarro.
«Leah, allora hai fatto? Ti devo scaldare i noodles o no?!» urlò Frank dalle scale che congiungevano il negozio al loro appartamento.
Era alquanto irritato per il comportamento della figlia, e ciò traspariva dal tono di voce con la quale si era rivolto a lei.
Solamente la voce di suo padre che la richiamò, riuscì a non farle pensare a quello strano incontro avvenuto pochi secondi prima. Ma una cosa era certa, doveva scoprire qualcosa in più su di lui, la curiosità era troppa.
«Sì ho fatto!» urlò a sua volta la ragazza.***
Leah non riusciva a dormire quella notte. Strane immagini prendevano possesso della sua mente, e la spingevano a svegliarsi di soprassalto, impaurita da quello che il suo cervello elaborava. Erano scene sconnesse, senza senso. Un vicolo pieno di spazzatura, poi una radura dall'erba alta e colma di fiori, ove si trovava un accampamento piuttosto spartano. Urla, sangue, e di nuovo quel maledetto coltello. Una padella. Connor Miller che la rincorreva pronta a dargli una bella lezione, con una di quelle atroci cinture che molte volte aveva visto appese all'attaccapanni, e che l'uomo minacciava di usare contro di lei...E poi, si svegliò di soprassalto. Agitata. Si rese conto che in effetti era un sogno, e cercò di riaddormentarsi, ma si assopì solo per una decina di minuti, prima di aprire di nuovo gli occhi.
Tutto ciò durò per un paio d'ore, finché non decise di destarsi una volta per tutte. Aveva compreso che quella notte non c'era verso di prender sonno, e che quindi avrebbe dovuto impiegare il suo tempo diversamente. Erano le tre di mattina.
Prese il pc dalla scrivania e lo accese. Magari su Facebook qualcuno aveva postato qualcosa di interessante.
Ma, improvvisamente, le venne una brillante idea. Al diavolo Facebook, in realtà non le importava nemmeno.
Digitò sul motore della barra di ricerca "David Brown". Eccola lì, era caduta nella trappola della sua maledetta curiosità.
Dopo aver cliccato il pulsante "cerca", la pagina web si riempì di risultati, che, una volta guardati uno per uno, erano risultati pressoché inutili al suo scopo.
Sperava di trovare una foto di quell'uomo da qualche parte sulla sezione "immagini", oppure su qualche social. Eppure, il vuoto. C'erano centinaia di uomini, alti, bassi, vecchi, giovani, pelati, foto di molti anni addietro. Sui social assolutamente nulla. Passò le seguenti due ore a cercare qualcosa che lo riportasse a lui, senza alcun risultato. Le persone dal nome "David Brown" erano troppe. Sentiva che non gliela contava giusta, e questa ne era la prova! Come un uomo poteva non avere un social network! Tuttavia, era pur vero che, ripensando alle condizioni nelle quali si presentava, non era di certo uno che si sarebbe potuto permettere uno smartphone di ultima generazione o un fuoristrada. Forse era un senzatetto... e poi chissà cosa gli era successo subito dopo che quegli agenti lo avevano ammanettato, forse era finito in prigione...
Oh, come aveva potuto non pensarci prima! Ma certo!
"Arresto stazione dei treni Boston 2005" ciò che era successo quel giorno non poteva di certo essere passato inosservato, nemmeno ai giornali, un tale scompiglio di certo non era ordinario.
In un primo momento pareva che la sua ricerca la avesse portata in un vicolo cieco, c'erano vari articoli sulla stazione: ristrutturazioni, ampliamenti, treni in ritardo, disguidi, ma non quello che stava cercando.
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Quegli Ultimi Cent'anni
Ficción GeneralBoston, 2005. La stazione dei treni è piena di gente, Leah e suo padre fanno fatica a farsi spazio tra la folla, ma devono sbrigarsi, il treno diretto a Worcester è in partenza tra cinque minuti. All'improvviso il caos, le persone iniziano a spostar...