«Papà ma quando torniamo a casa?» ogniqualvolta gli occhioni azzurri di quella bambina si illuminavano in quel modo, significava una sola cosa: Leah era confusa. E aveva soltanto bisogno che qualcuno le desse certezze.
«Non lo so tesoro, non lo so» il padre le accarezzò dolcemente i capelli. Sforzò un sorriso, dopotutto doveva infondere tranquillità a sua figlia, anche se in fondo era estremamente preoccupato. Non sapeva nemmeno lui quando sarebbero tornati. Sulle spalle portava un grosso zaino nero, pieno delle cose essenziali che sarebbero servite ad entrambi, nulla di più.
Quel nanerottolo dai capelli castano scuro non faceva altro che creare scompiglio in ogni singola situazione, ma quella mattina aveva la piccola testolina soltanto piena di domande.
Era talmente confusa che non riusciva a staccare la minuscola manina dall'orlo della manica della giacca del genitore.
Frank odiava vivere di nuovo quella situazione, credeva di essere fuggito per sempre. Non succedeva da anni, da quando aveva smesso. E non era concepibile che sua figlia fosse messa in mezzo a quel disastro che aveva creato lui, ma era inevitabile. Non poteva lasciarla a casa ad aspettare il suo ritorno, che sarebbe potuto anche non arrivare mai. Aveva appena sei anni. Ed era tutta la sua vita.«Il treno diretto a Worcester che parte da Boston Centrale è in partenza tra cinque minuti al binario tredici.» una voce metallica femminile risuonò nell'intera stazione. La piccola Leah si guardò intorno: mai aveva visto così tanta gente. Perché era così pieno? Cosa ci facevano così tante persone a prendere un "coso"? Era così importante?
C'erano donne e uomini che correvano, rispondevano a delle chiamate, senza mai fermarsi. Molti si scontravano a vicenda, e questo provocava una dolce risatina della piccola.
Frank la guardò, e non potè far a meno di accennare un sorriso. Quanto avrebbe voluto riavere indietro quell'innocenza, proprio come ce l'aveva sua figlia.
Continuavano a farsi spazio tra la folla, dovevano sbrigarsi, altrimenti avrebbero perso il treno.
In mezzo a quel baccano la bimba riusciva a sentire il padre borbottare. Stava sicuramente dicendo quelle parolacce che tanto odiava! Avrebbe voluto rimproverarlo come spesso faceva, con quel cantilenante "Noon si diice!", ma lo vedeva strano quel giorno, forse era meglio evitare.
Cercava di coordinare i passi ai suoi, ma era molto complicato. Le sue gambe corte non riuscivano a tenere il passo con quelle del genitore.
Teneva stretto il suo Bobby, l'orsetto di peluche che preferiva. Non doveva lasciarlo andare per nulla al mondo, altrimenti sarebbe rimasto solo, pensava.
Mentre i due stavano camminando, all'improvviso un baccano in lontananza si fece sempre più vicino. Alcune urla. Cosa stava succedendo?Leah non fece nemmeno in tempo a girarsi per guardare, che la gente iniziò a spostarsi improvvisamente in maniera confusionaria. In un secondo le persone di fianco a loro gli andarono addosso, e loro stessi stavano per cadere addosso ad altre persone ancora.
Ma per fortuna, il padre riuscì a tenersi in equilibrio, e di conseguenza a sostenere la figlia.
L'orso di peluche era ancora stretto tra le mani della piccola, ora aveva ancora più paura di perderlo.
«Ma cosa diavolo...» Frank stava per continuare la frase, ma vide la bambina che lo stava guardando, e si fermò.
«Leah, veloce, andiamo, o perderemo il treno» pronunziò successivamente, con estrema serietà.
La graziosa bimbetta annuì velocemente, e in men che non si dica, seguì il padre, con sempre maggior difficoltà a passare tra quella confusione. Mai nella sua breve vita aveva visto così tante persone, talmente tanto ammassate.
Quel giorno era iniziato in una maniera strana, e stava procedendo come tale.
Ad un tratto il padre si perse tra la folla. Dov'era finito? Le gote di Leah stavano divenendo rosse, e gli occhi le iniziavano a bruciare. Stava per mettersi a piangere. Doveva essersi accorto che lei mancava. Non era riuscita a tenere il passo con lui, ed ora era rimasta sola.Mentre teneva stretto il suo orso di peluche, spostò lo sguardo davanti a lei. Un uomo era appena caduto a terra, probabilmente era inciampato. Questa vista le fece completamente dimenticare il fatto che stesse per piangere. L'uomo Si stava toccando il ginocchio, forse si era fatto male. Era abbastanza giovane, probabilmente sui trent'anni. Aveva i capelli neri, il viso pulito, e non era nemmeno molto alto. La piccola iniziò a guardarsi attorno: nessuno sembrava essersene accorto, e chi se ne accorgeva, iniziava a guardare quel pover'uomo con uno sguardo colmo di disprezzo. Sembrava che stessero guardando l'essere più spregevole del mondo. Mai lei aveva visto qualcuno essere guardato con così tanto odio. Talvolta alcuni ne avevano un leggero timore.
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Quegli Ultimi Cent'anni
Genel KurguBoston, 2005. La stazione dei treni è piena di gente, Leah e suo padre fanno fatica a farsi spazio tra la folla, ma devono sbrigarsi, il treno diretto a Worcester è in partenza tra cinque minuti. All'improvviso il caos, le persone iniziano a spostar...