Capitolo 9

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PASSATO

16 marzo dell’anno 1350, ore 12:00

Nella città antica di Loneywolk

 

Lauren era in preda ad un subbuglio di emozioni e non riusciva a tenerle a bada. Non capiva, neanche, veramente quale sensazione fosse quella predominante sulle altre. Di certo provava stupore, perplessità, terrore, incredulità e smarrimento. Continuava a chiedersi cosa le stesse capitando, ma ogni volta che provava a darsi una risposta, sentiva di non poterla raggiungere. Inoltre, si era verificato quello strano episodio con la donna bellissima e l’uomo incappucciato. Entrambi cercavano qualcuno di nome Lauren. È stato proprio in quel momento che, presa dalla paura, è fuggita. Aveva imboccato una strada, ma non si era fermata a riflettere su dove conducesse. L’unico desiderio che aveva in quel momento era quello di allontanarsi il più possibile e sparire agli occhi del mondo. Fu proprio quest’ultimo pensiero che le fece bloccare la corsa. “In più situazioni è stato dimostrato che nessuno è consapevole di me. Non mi sentono e non mi vedono. In pratica, non esisto”. Un  macigno, pesante quasi quanto la montagna più alta, si liberò del corpo della donna, regalandole ancora una volta un senso di leggerezza assoluta. Le spalle le tremavano ancora e la schiena era pervasa da brividi di paura. Cercò di scrollarsi quelle sensazioni e inspirò ed espirò più volte. Solo quando fu certa di essere più calma, e soprattutto di non essere preda dell’ennesima crisi di panico, alzò lo sguardo di fronte a sé e osservò lo scenario cittadino. Non si era accorta che la strada, che aveva appena percorso, fosse stata in salita. Non avvertiva alcuna stanchezza fisica, cosa davvero strana vista la pendenza. Tutto intorno a lei non c’erano più case, ma solo quattro basse e strette casupole. Davanti ad ogni ingresso giacevano addormentati alcuni soldati. Erano vestiti nella medesima forma e costume le guardie che sorvegliavano la grande porta d’accesso alla città, subito dopo il ponte levatoio. Lauren li osservò senza avvicinarsi e notò che anche loro erano semplicemente addormentati. “Tutta la città dorme. Non capisco” pensò disperata. Poi l’irritazione, che covava da quando si era svegliata sul ciglio della strada, esplose senza preavviso.

<< HO BISOGNO DI SAPERE COSA STA ACCADENDO>> gridò, fuori di sé. Rivolse lo sguardo al cielo, come a cercare una risposta divina, e serrò i pugni. Era arrabbiata. Anzi, di tutti i sentimenti che provava, quello era il più forte.

<< PERCHE’ PROPRIO IO? DITEMI QUALCOSA>> Strillò, buttando fuori tutta l’aria nei polmoni. Rimase a fissare, imbambolata, il cielo. Ma com’era prevedibile, non accadde nulla. Ed ecco che dopo la rabbia subentrò la disperazione. Dapprima, Lauren, sentì solo delle goccioline calde che le scendevano sulle guance, poi quando si lasciò andare scoppiò in un pianto isterico. Le ginocchia le cedettero e si ritrovò, ancora una volta, inginocchiata sul freddo e sporco porfido. Il pianto continuò per qualche minuto e si arrestò per caso. Era stato un tonfo sordo, amplificato dal silenzio spettrale, a catturare la sua attenzione. Doveva provenire da qualche luogo lì vicino. Lauren, si asciugò, con la manica della maglia, le lacrime sul volto e trovò la forza di alzarsi in piedi. Gli occhi e il naso erano rossi e la fragilità emotiva era ancora in agguato. “Forse qualcuno è sveglio” pensò, rincuorata. Ma l’immagine, che la sua mente le trasmise subito, la tolse il mezzo sorriso, comparso sulle labbra. “Potrebbero essere gli uomini incappucciati?”. Rimase immobile e tese l’udito.

Nulla.

Raccogliendo tutte le energie che le rimanevano, azzardò un  passo in avanti.

Ancora nulla.

Più sicura di sé, avanzò. Cercava di produrre il meno rumore possibile e appoggiare i piedi con delicatezza.

Tum.

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