La reclusione continua

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Il giorno dopo era un radioso mercoledì e il cielo era così bello che decisi che valeva la pena fare una passeggiata. Poi mi ricordai che ancora non avevamo il via libera per uscire e decisi di non sfidare la sorte.

La mattinata la passai in una stanza della casa che avevo dedicato al fitness: c'erano gli attrezzi per tenersi in forma, di quelli che ci sono nelle palestre, ma anche spade finte, bastoni e coltelli, per esercitarmi anche a casa.
La vera palestra di allenamento stava all'ufficio, lì c'erano molti attrezzi più professionali e anche uno spazio dedicato alle armi da fuoco, ma io avevo voluto ricrearne una a casa mia, per i momenti in cui l'ufficio era chiuso o io non avevo voglia di andarci.

Lavorai sodo tutta la mattina facendo prima esercizi di riscaldamento e poi un po' di kickboxing. Ero tutta grondante quando sentii Charles uscire fuori dalla sua stanza verso mezzogiorno.
"Dormito tanto, principessa?" lo provocai.
Si affacciò alla porta, aveva un'aria angelica, ma sotto nascondeva un diavolo.
"Da quanto sei sveglia te? Sembri uscita da un combattimento corpo a corpo"
"Corpo a sacco appeso al muro" lo corressi "Ho fatto kickboxing stamani"
Se ne andò e io tornai al mio allenamento.

Preparò lui il pranzo quel giorno, Josh ci aveva fatto mandare pasta e salsa al pomodoro per condire, ovviamente non mi avvertì per tempo e io dovetti mangiare tutta sudata e appiccicaticcia. Me l'avrebbe fatta pagare.

Entrai in doccia e mi lavai per bene, con un getto freddo che chiarisce le idee. Il problema è che io non avevo chiaro nemmeno quali erano le idee da chiarire. Tanti erano i miei dubbi e tante le preoccupazioni.

Di pomeriggio arrivò una telefonata inaspettata: Josh.
"Josh! Come stai!"
"Ciao piccola senti mi dispiace ma adesso non posso proprio perdere tempo con 'come stai tutto bene te' è successa una cosa grave e te mi devi dire se siete rimasti sempre in casa"
"Sí, sempre da quella sera"
"Bravi e farete bene a non uscire, il covo di Alexander è stato fatto saltare, ma con nessuno dentro"
"Autodistruzione" conclusi subito io.
"Brava bimba, ora però non sappiamo dove sia o cosa vuole fare, eravamo pronti a coglierlo di sorpresa, ma ci ha superato in tempo"
"Ok stiamo qui e aspettiamo prossime notizie"
"Fantastico" disse una voce profonda alla mia schiena che non avevo sentito.
"MAMMA MIA CHE INFARTO"
Non avevo sentito arrivare Charles.
Un sorriso malizioso spuntò sul suo viso.
"Beh se vuoi so io un modo che ci può tenere impegnati a lungo..."
"Sei veramente una persona orrenda" dissi indignata e schifata, non lo riconoscevo dal ragazzo che la sera prima era triste per il fratello.
Mi rinchiusi in camera mia e lì vegetai tutta la serata. Più volte sentii dei passi davanti alla porta e alcune volte bussò pure, ma io non risposi mai. Non lo volevo né vedere né sentire.

Verso le nove sentii bussare alla mia porta, di nuovo.
"Basta, cosa c'è?" dissi spazientita "Vuoi dirmi cosa mi faresti se non ci fosse questa parete in mezzo che ci separa? O forse vuoi cercare di farti perdonare così puoi vivere tranquillo senza i sensi di colpa?"
"No, io...ti ho preparato la cena. Ti prego aprimi"
Come facevo a dire di no? Aprii la porta.
Era in pigiama, aveva una maglietta bianca con una scritta verde e dei pantaloni con una fantasia scozzese sempre verde. Io invece avevo una maglietta XXL da uomo blu, di solito non indossavo altro oltre a quella e all'intimo, ma con un soggetto come Charles in casa era meglio tenere i pantaloni.
Notai che i suoi capelli erano scompigliati, aveva gli occhi lucidi e il naso rosso.
"Hai pianto?" chiesi. Che cretina, certo che aveva pianto, era come chiedere a un cieco se aveva problemi di vista.
"No" rispose lui asciugandosi in fretta gli occhi "Allergia" disse deciso.
"Si dai e io sono la regina Elisabetta"
Sorrise alla mia battuta, poi tornò subito serio.
In quel momento mi fece un po' pena, pensai che forse non dovevo trattarlo così, anche se mi aveva detto una cosa tremenda come quella.
Volevo chiedere scusa, volevo spiegargli che lo capivo, che sapevo cosa voleva dire avere la famiglia distrutta, ma lui mi precedette.
Mi prese per mano e presi la scossa.
"Ahia" dissi.
Mi portò in salotto da pranzo e io rimasi senza parole:
"Che cretino"

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