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«Sei sicura di quello che stai facendo?» Sua madre la guardò mentre si copriva il volto con un pesante velo nero.
«No, mamma! Non sono per niente sicura, per nulla felice, ma  visto che non è una mia scelta devo farlo.» Amyna era arrabbiata, dopo che per tutta la vita era cresciuta in America e aveva studiato da donna libera, suo padre si era ricordato di avere una figlia. Era riuscito a convincere sua madre, in qualche modo, a raggiungerlo in Arabia Saudita, dopo varie poco velate minacce sul fatto che sua madre avrebbe subito una lapidazione, perché in America stava con un altro uomo, aveva avuto la meglio sulle due donne. 
Aveva deciso di accettare la sua proposta se la lasciava tornare a casa, solo allora lui aveva acconsentito. 
«Farò in modo di liberarti…» Le sussurrò all’orecchio, mentre scendeva e andava a prendere il suo aereo.

***

Fissò l’Aereo partire e volare verso quella libertà che ora non avrebbe più avuto.
Sospirò appoggiando la fronte sul vetro. 
Una delle guardie dietro di lei tossicchiò, era ora di rientrare nella bella gabbia dorata, in cui suo padre l’aveva messa, fino a quando si sarebbe dovuta sposare con uno sceicco, amico suo, probabilmente qualche vecchio bastardo, come lui.
Nel momento che aveva accettato aveva perso ogni diritto conquistato in America.
Seguì le sue guardie ed entrò nella macchina. 
Almeno sua madre era libera.
Mise una mano sotto il velo, asciugandosi le lacrime. Forse in qualche modo quel velo in quel momento la proteggeva, non voleva si sapesse quanto infelice fosse. Sua madre sarebbe morta per lei, ma doveva pensare al suo patrigno, e al suo fratellino. 
Magari con il tempo, se otteneva un barlume di fiducia, avrebbe potuto scriverle qualche lettera. Quella era una cosa che non poteva negarle, le telefonate gliele avrebbe negate, ma le lettere, anche se le avessero aperte e lette, non le importava.
Si ripromise di comportarsi bene, sua madre le aveva insegnato l’educazione. Era colta, aveva studiato, ed era musulmana. Non in quel modo fermo e rigido, però non beveva, ed era diventata vegetariana negli anni, quindi qualsiasi tipo di carne non la invogliava. Oltretutto, anche se ormai aveva 25 anni, era vergine, in America era stata subissata di inviti di uomini. Ma non si era mai sentita a suo agio con nessuno.
Tanto ormai non importava!
Avrebbe sposato un uomo che non conosceva, vecchio e bavoso. Un brivido le salì su per la schiena: come avrebbe sopportato che qualcuno la toccasse o la sfiorasse, o che si prendesse la sua vita, come un oggetto? 
Sospirò ancora, anche se dentro di lei voleva gridare e urlare, ruggire e fuggire. 
Avrebbe voluto andare a fare una passeggiata a cavallo forse, unica cosa che la faceva stare bene anche in America.
Bussò al vetro che divideva la parte del guidatore alla sua, il vetro calò.
«Credete sia possibile fare una passeggiata a cavallo al rientro?» 
I due si guardarono, e senza risponderle chiusero il finestrino. 
Dopo una decina di minuti si riaprì il vetro. «Suo padre ha acconsentito.» Disse uno dei due in modo secco, chiuse subito il finestrino.
Si appoggiò sul sedile, sotto il velo sorrideva. 

***

Arrivati alla sua gabbia dorata vide che molta gente si stava preparando. Fu portata in camera e le diedero dei vestiti da cavallerizza. 
Una donna le infilò di nuovo quella tunica scura sopra gli abiti e legò i suoi capelli lunghi e neri in una treccia che avvolse in una crocchia, li mise in una cuffia e La coprì con il velo, era un poco più leggero e riusciva a vedere meglio di quello precedente. Ringraziò la donna, e scese accompagnata. 
C'erano vari cavalieri a cavallo, lei sorrise quando le fu portato un stupendo cavallo. Era colore dell’oro liquido. Gli si avvicinò lentamente appoggiandogli piano una mano sul muso, era morbidissimo. Appoggiò la fronte sulla sua, e lo salutò. Chiese il nome del cavallo. Le fu elencato una serie di nomi altisonanti. Alla fine decise di chiamarlo semplicemente King. Era il re dei cavalli, magnifico. Le fu messa una scaletta vicino alla montatura, la snobbò infilando un piede in una staffa e alzandosi elegantemente in groppa all’animale che era docile e premuroso. 
«C’è una pista? Un posto dove posso farlo correre?»  Chiese agli uomini che la circondarono uscendo verso est. Non era nemmeno sicura di dove fossero di preciso, ma in quel momento non le importava, era felice. Quel cavallo era stupendo. 
Uno degli uomini le indicò un punto.
Titubante chiese ancora. «Posso correre?» 
«Se farà attenzione a non farsi male, o verremo uccisi noi.» 
«Allora corriamo!» Diede un leggero tocco con i tacchi sul cavallo e partì al galoppo, iniziò a ridere felice sentiva vicino a sé i cavalieri e loro videro che era una brava cavallerizza.
Fece un urlo di gioia nello stile arabo, e gli altri le risposero. Il puntino indicato prima, da uno degli uomini, era una piccola oasi. Gli uomini scesero e presero i cavalli portandoli a bere.
In teoria non avrebbe dovuto nemmeno parlare con loro, ma voleva sapere di più sul cavallo. 
Chiese quindi quanti anni aveva, che razza era, perché aveva quel colore, chi lo aveva addestrato.
Quello che le rispondeva non la guardava mai e parlava solo perché era figlia di suo padre, non perché era simpatico. A lei stava bene: se poteva cavalcare ogni giorno non le interessava farsi degli amici. 
Aveva qualche amica in America, ma nessuna era speciale. Era sempre stata timida e chiusa.

La Regina del Deserto **Serie Pink Lady**Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora