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Uscirono dal portone ma invece che dirigersi a est verso la piccola oasi, si diressero verso ovest. Cavalcavano vicini a passo lento, sentiva che King scalpitava. 
«Se non vi dispiace, Signore, vorrei correre. King è abituato a fare un po' di corsa.»
Lui si era messo la stoffa sul viso e gli vedeva solo gli occhi. Vide che le faceva un cenno affermativo con la testa. Quindi diede un leggero colpetto con il tacco a King che capì al volo. 
Iniziò a correre, senza portarsi a stancarsi, era veloce ma lo sentiva che si tratteneva, al suo fianco vedeva Goliath con il suo cavaliere nero.
Rideva, e quindi diede un altro colpetto sul fianco di King, lasciando le briglie più sciolte, e permettendogli di liberarsi. 
Prese a correre velocissimo, lei si era abbassata con il viso sul collo dell’animale. Vide, con la coda dell'occhio, Goliath al suo fianco. 
Sorrise e iniziò a rallentare, aspettarono qualche attimo che arrivassero le guardie. Aveva il fiatone, quella corsa era stata bellissima e sentiva che anche King si era sfogato.
«Amyna…» Disse lui con tono tranquillo.
«Sì, Signore?» Gli rispose voltando la testa. 
«Perché non mi chiami per nome?»
Amyna arrossì sotto il velo, ne ricordasse uno di quella serie infinita che aveva elencato suo padre. Rimase in silenzio qualche attimo e poi sospirò, meglio dire la verità.
«Perché di tutti i nomi che avete, non ne ricordo nemmeno uno.» La voce le tremava leggermente, non era sicura di come l’avrebbe presa lui. 
Lo scoppio di una risata da parte sua, la sciolse di nuovo. 
Perché era così maledettamente sensuale quando rideva? Perché era così sensuale in tutto ciò che faceva? 
Gli guardò le mani che tenevano le briglie, scese sulle sue gambe che stringevano sui fianchi del cavallo immaginò i muscoli guizzanti su quel corpo, arrossì ancora.
«Si, purtroppo ne ho troppi. Qui funziona così.» La guardò a lungo. «Come vorresti chiamarmi se potessi darmi un nome?»
Lei sorrise cercò mentalmente una traduzione in arabo per “Occhi Neri” e la disse in berbero. 
Lui la guardò sorpreso. 
«Vari dialetti, Non solo quelli che mi avete chiesto.» Disse lei quasi scusandosi.
Lui ripeté le parole "Occhi neri" in berbero e sorrise. «Mi piace.» Le sorrise di nuovo, vedeva dai suoi occhi che stava sorridendo.
«E voi, come mi chiamereste se poteste darmi un nome?»
«Il tuo è perfetto, Amyna.» 
Lei si sciolse, lo aveva detto con una sensualità unica. 
«Quanti anni hai?» Le chiese poi.
«Credevo ve lo avesse detto mio padre.»
Lui tirò su le spalle, come se non gli importasse ciò che diceva suo padre.
«Venticinque.» Disse infine. «E voi?»
Lui la guardò intensamente, come il giorno prima, come se la vedesse oltre a quel velo. «Trentaquattro.»
«Dove avete studiato? Svizzera? Inghilterra?» Sapeva che i primogeniti venivano spediti a studiare in qualche collegio per ricchi e potenti in qualche paese estero.
«Sì.»
Voltò la testa e lo fissò: che diavolo significava “sì”? 
Non attese a lungo la risposta.«Ho studiato sia in Inghilterra che in Svizzera, per alcuni anni ho girato il mondo, e al mio ritorno ho preso le redini di mio padre.» La guardò a lungo, cercando di capire cosa dirle. «Nemmeno io volevo sposarmi. Ma sono obbligato da mio padre e per il mio paese.» Ammise.
Amyna, era rimasta di stucco a quella confessione, non se lo aspettava che lui fosse diretto e onesto con lei.
Lei guardò le dune che si stendevano a perdita d’occhio. 
Una delle poesie del suo, ormai, autore preferito, parlava delle dune, della sabbia e di quanto il deserto ti poteva entrare nel cuore, nella pelle e nell’anima. Iniziò a dirla, lentamente e con passione. 
«Sabbia calda, 
Dentro il mio cuore,
Nel mio sangue, 
La mia terra.
Formi screpolature,
Sulla pelle.
Distruggi la vita,
Assetando la carne.
Ma io ti amo,
Mia dolce natura.
Luce calda di giorno,
Scura fredda di notte,
Sei la mia amante,
La Regina del deserto
I cavalli camminavano lenti, e quando finì si accorse che anche le loro guardie la stavano ascoltando guardandola con sguardi fieri. 
Non la vedevano più come un occidentale, la vedevano come la futura moglie dello sceicco amico di suo padre.
Lui le indicò un punto lontano. «Siamo diretti là.» La guardò sorridendo. «È un campo di berberi, così darai una rinfrescata al tuo dialetto.» Lei sorrise divertita. 
Voltò la testa. «A chi arriva primo.» 
Lanciò King al massimo, vide Goliath arrivarle al fianco, per poi superarla di qualche metro. La visuale di lui da dietro, la distrasse, rallentò di colpo prima di cadere dalla sella, infine riprese il ritmo. Urlò al metodo arabo correndogli dietro e sia i cavalieri berberi che lui le risposero. 

La Regina del Deserto **Serie Pink Lady**Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora