Capitolo 15

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Anna

Una bottiglia di birra. All'inizio è tutto quello che riesco a vedere. Il mio cuore batte all'impazzata, e non so nemmeno perché. So solo che sono terrorizzata. Da cosa? Non riesco a capirlo...

Cerco di guardare meglio la bottiglia, e mi accorgo che in realtà è qualcuno che la sta tenendo in mano, anche se non riesco a capire chi. La figura avanza verso di me, e esce dalla penombra.

Capelli castani, occhi azzurri. John. È John.

«Bambolina, che ci fai ancora alzata? Ti avevo detto di andare a letto» dice, portandosi la bottiglia alle labbra, «Lo sai che cosa succede quando non fai quello che ti dico...»
«Non... io volevo aspettarti. Volevo essere sicura che tu stessi bene»
«Non me ne frega un cazzo! Se ti dico di andare a letto ci vai!» urla, e spacca la bottiglia contro il muro.

Io trasalisco, e quando sta per avventarsi su di me,

Spalanco gli occhi e soffoco un grido. Ansimo e mi metto una mano sulla bocca, bagnata dalle mie lacrime, per non farne uscire nessun suono. Mi guardo intorno e capisco che era solo un altro di quei fottuti incubi.

Non sono con John: sono nel mio letto, al buio, da sola. Mi alzo, barcollando, e apro la porta del bagno, per poi crollare sul water, aspettando che il mio corpo si decida a vomitare il poco che ho mangiato la sera prima.

Pensavo che gli incubi si fossero calmati, ma di recente non riesco a liberarmene. Forse è perché John non la smette di guardarmi, senza però dirmi una parola... So che ad un certo punto verrà da me per parlarmi, ma per ora sembra abbia deciso di aspettare ancora un po'.

Probabilmente per farmi soffrire.

Non so da quanto tempo sono seduta sulle piastrelle fredde del bagno, ma quando capisco che non vomiterò, guardo il mio orologio, e realizzo che sono le sei del mattino.

Mi alzo e faccio attenzione a non guardarmi allo specchio. Non voglio vedere il mio viso rigato dalle lacrime, di nuovo. So che non riuscirò mai a riaddormentarmi, quindi decido di uscire a fare una passeggiata.

Sì, so che sono le sei del mattino, ma non me ne frega un cazzo al momento.

Mi dirigo verso il mio armadio bianco, aprendolo piano per non fare rumore, e prendo una felpa e dei pantaloni della tuta grigi. Torno in camera mia per infilarmeli e noto che ad aspettarmi c'è Royal, che scodinzola. Sorrido debolmente, e accarezzo il suo pelo dorato.

«Andiamo a fare una passeggiata» sussurro, e quando esco dalla mia camera, vestita, lui mi segue.

Prendo il guinzaglio e glielo allaccio alla catenina che ha al collo, mentre Royal continua a scodinzolare come se uscire fuori con me fosse la cosa che desiderava di più al mondo.

Esco da casa, chiudendo piano la porta, e comincio a camminare. Royal mi sta vicino, e qualche volta alza la testa verso di me, come per essere sicuro che non me ne fossi andata nel frattempo.

Non guardo davvero dove vado: è Royal che decide.

Lui cammina, e io lo seguo, immersa nei miei pensieri. Ad un certo punto si ferma, e realizzo che siamo arrivati davanti alla vecchia casa di Jane.

Perché Royal mi ha portata qui?

Osservo il cancello della residenza, e mi sembra di soffocare. Ricordo quando io e Jane lo oltrepassavamo ridendo, per poi rincorrerci lungo la salita che portava al suo appartamento.

Alzo una mano, quasi per suonare al campanello, ma la rimetto giù quando mi ricordo che Jane non c'è più.

Che ci ha lasciate qui.
Che mi ha lasciata qui.

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