Capitolo 46

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Noah

In questo momento vorrei talmente prendere a pugni qualcosa che sono obbligato a mettermi le mani nei capelli per non fracassare il muro.

Oggi sono dovuto tornare a casa di mia zia per fare da babysitter ai gemellini, perché lei era andata dal dottore per fare una visita. Per quanto mi piaccia passare del tempo con loro, ero molto in pensiero per lei. E lo sono ancora. Quando è tornata a casa mi ha detto che era andato tutto bene, ma dovrò comunque andare dal dottore per esserne sicuro. E non penso di farcela.

Se per caso non andasse tutto bene, che cosa succederà ai bambini? Dovranno tornare a vivere con la madre che non ha idea di come occuparsi di loro? Oppure li manderà in un orfanotrofio o in un'altra famiglia? Non posso pensarli nelle mani di perfetti estranei, ma non posso nemmeno prendermene cura io. Eppure so che il giorno in cui saranno portati via da me si avvicina sempre di più.

Tolgo le mani dai capelli e quando comincio a considerare l'idea di dare qualche pugno al muro sento il mio telefono suonare: è Anna.

«Anna? Va tutto bene?» chiedo un po' allarmato: lei non mi chiama quasi mai, è più una da messaggi.
«Sì, tutto okay» riesco a capire quasi subito che sta mentendo: si sente dal tono di voce più teso.

C'è un sottofondo di un rumore di motore, e capisco che dev'essere in una macchina, o in un autobus.

«Sei a casa stasera?» chiede d'un tratto.
«S-sì certo. Perché?»
«Mi chiedevo se potevo dormire da te. Se non puoi capisco è solo che sono qui vicino, e ho pensato che magari-»
«Anna, certo, sì» la interrompo: sta parlando a raffica, e sembra un po' imbarazzata, «Mi farebbe piacere. Devo solo organizzarmi con Ross.»

Che tempismo... la sola persona che riuscirebbe a calmarmi è proprio lei. Infatti quando passo davanti allo specchio mi accorgo che sto sorridendo come un cretino. Cosa mi fa questa ragazza...

«Okay. Grazie. Allora fra dieci minuti sono da te» la sento fare un sospiro di sollievo.
«Amico, io vado a dormire da Giada, se ti interessa» sento la voce di Ross, e la risata della sua amica psicopatica.

Che cosa ci fanno quei tre insieme?

«Shhh» sento bisbigliare Anna, «Ci vediamo fra poco allora. Ciao!» aggiunge, e riattacca.

Okay... Decido di andare a farmi la doccia aspettando che lei arrivi, quindi mi dirigo verso il bagno.

Dopo cinque minuti esco dalla doccia. Vado in camera mia e mi metto dei jeans neri, restando con il petto nudo e capelli bagnati, perché in questo appartamento fa un caldo bestia.

Speravo che la doccia avrebbe lavato via le mie preoccupazioni, ma sono sempre angosciato, e mi sento una stretta al petto. Certo, dopo la chiamata di Anna la sensazione di voler picchiare qualcosa è quasi sparita, ma non del tutto. Appena i miei pensieri tornano a mia zia, infatti, stringo i pugni. Cerco di pensare ad Anna, sperando che il suo sorriso mi aiuti a dimenticare.

Penso al suo sguardo concentrato quando cerca di capire qualcosa, al suo alzare gli occhi al cielo continuamente, al modo in cui si morde il labbro e stringe i pugni quando si vuole trattenere dall'insultare qualcuno. Provo a concentrarmi su come muove la testa mentre ascolta la musica. Sul come si acciglia quando qualcuno le dice che ha torto. Su come le sue guance si arrossano quando mi avvicino troppo a lei.

Faccio un respiro profondo. Anche solo pensare a lei mi tranquillizza. Averla accanto mi farà sentire mille volte meglio, e lo so fin troppo bene.

Sussulto quando sento il campanello suonare. Vado ad aprire la porta e mi ritrovo davanti Anna, con uno zainetto sulle spalle, che si sta guardando intorno.
È vestita con una salopette bianca, con sotto una maglietta nera, di cui non riesco a vedere la scritta. Appena il suo sguardo si posa su di me arrossisce di brutto e strabuzza gli occhi marroni, ma sorride comunque.

A&NDove le storie prendono vita. Scoprilo ora