IV

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Andrej Kirill Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Sorseggiavo lo scotch accomodato sulla poltrona in pelle nera mentre Maria, Dimitri, Mikhail, Ivan e Luca varcarono la soglia dell'ufficio alla spicciolata, che utilizzavamo per le riunioni e le altre incombenze famigliari.

"Vi ho chiesto di incontrarci per una questione di fondamentale importanza." Appoggiai il bicchiere sulla scrivania e li guardai tutti, uno alla volta. "E sarò conciso: non tollererò che a mia figlia venga detta la verità sulle sue origini." Storsi la bocca. "Sono pienamente cosciente che non sembra carino detto in questa maniera, ma ci tengo al fatto che venga riconosciuta parte integrante e principe della nostra famiglia." Presi un grosso respiro continuando ad eludere gli occhi dei presenti. "Per me e Lilrose è nostra figlia legittima e non appena avrò concluso questo discorso, contatterò il legale della Drakta per compilare tutti i documenti. Sarà poi, in futuro e se necessario, nostra premura riferire la verità, ma il dottore ritiene che per lei sarà impossibile ricordare a causa dello shock e della nube tossica nel suo appartamento." Scrollai le spalle. "La madre non era esattamente una madre e secondo il medico non mangiava da due o tre mesi in maniera adeguata." Quando terminai di parlare, Maria fu la prima a muoversi e venire ad abbracciarmi. "Grazie," le sussurrai all'orecchio.

"Per quello che vale," bisbigliò quando ci staccammo. "Credo davvero che sarai un ottimo padre e che le darete tutto l'amore e la
comprensione di cui avrà bisogno." Poi alzò un po' la voce, per fare in modo che tutti udissero le sue parole. "Erin Fenya fa già parte di questa famiglia, cognome o non cognome, sangue o non sangue, lo dico con il cuore Andrej, sarà un onore essere la zia di tua figlia."

Notai lo sguardo di puro orgoglio di Dimitri fisso sulla schiena della moglie e la abbracciai una seconda volta. Poi fu il turno di Mikhail, di Ivan e infine di Dimitri.

"Per chiunque proverà a dirle il contrario, fate sapere sarà un onore tagliargli la lingua." Feci in modo che il mio discorso fosse realmente compreso in ogni sua singola parte. "Intesi?"

"Mia moglie l'ha già detto, ma lo ribadisco." Il boss della Drakta parlò in mio favore. "Nessuno rivelerà a Erin la sua origine e nessuno la farà sentire meno accettata per questo, ci puoi contare." Tutti assentirono ed in quel momento provai un senso di profonda gratitudine verso la mia famiglia. "Adesso vai da tua figlia e dalla tua compagna, ci penso io a chiamare il legale." Fece scivolare una mano intorno alla vita di Maria e le baciò la fronte. "Lilrose ed Erin hanno bisogno di te."

Non ci fu bisogno di parole, tra me e Dimitri aveva sempre funzionato in questo modo e per questo, con una mano sul petto in segno di riconoscenza, mi ritrovai a percorrere la villa al contrario ed entrare nella mia ala.

Avevo sistemato un lettino provvisorio per Erin ai piedi del nostro letto e quando arrivai nella stanza, la piccola dormiva profondamente abbracciata alla paperella. Fu in quel momento che compresi quanta fortuna ci fosse in quei due bellissimi splendidi esemplari femminili.

Mi accomodai sul bordo del materasso, dopo aver indossato il pigiama e con un'occhiata sopra la spalla riuscii a scorgere il ritmico movimento del petto di Lily. L'avevo quasi persa, dannazione. Quasi del tutto persa ed invece per merito del lavoro di Ivan e Luca eravamo arrivati in tempo. Le accarezzai la fronte e studiai ancora una volta il corpicino di Erin rannicchiato sotto le coperte.

Dio, non l'avrei ammesso nemmeno sotto tortura, ma non me ne fregava nulla che non fosse la nostra figlia biologica, perché quando l'avevo trovata impaurita nei sotterranei era scattato un legame così viscerale, così puro, che nonostante la mancata parentela sapevo che l'avrei difesa contro tutti e tutto, poco mi importava quanto mi sarebbe costato.

Pazzia | THE NY RUSSIAN MAFIA #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora