17. Quel mostro del tuo capo.

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Accorro verso Daniel che, quasi incapace di camminare, mi raggiunge.
«Ma cos'hai fatto?» mi agito.
Scuote la testa, schivando le mie mani che vorrebbero tamponargli il naso e curarlo. Sbarro gli occhi, ma che gli prende?
La mia espressione confusa lo agevola a parlare.
«Quel mostro del tuo capo! Fottetevi entrambi!» ringhia, andando verso la porta di uscita e sbattendola con estrema forza.
Christian? Ma perché? Cos'è successo adesso?
Devo porre fine a questa situazione, non può avere questi scatti d'ira e riversarli su di me! Non busso neanche, entrando direttamente e con un'espressione poco contenta. Lui è lì, privo di risentimento e, potrei quasi giurare, fiero del risultato portato a casa. Ma si può essere così insensibili? E perché tutto ciò?
Mi ispeziona da capo a piedi, facendomi sentire per un attimo a nudo.
«Bussare è diventato un privilegio per pochi?» ironizza, andando verso la bottiglia del suo adorato whisky. Deve piacergli proprio tanto e forse sarà proprio questo distillato a creargli queste sue idiozie mentali. Versa il liquido nel solito bicchiere, riempiendolo più del solito. Lo porta alle labbra, dandomi le spalle.

«Devo capire cosa c'è attraverso i tuoi silenzi? Non ho tempo da perdere, Azzurra.»
«Perché hai fatto questo a Daniel? Ma che ti hanno fatto tutti? Non mi parli da un mese e... wow! Credevo davvero tu fossi più maturo da evitare la violenza. C'è una cosa che si chiama 'dialogo', Christian. Ma tu non ne sei a conoscenza.» sbotto, incrociando le braccia al petto.
Si volta verso me, sorseggiando ancora il liquido alcolico. Gli deve proprio piacere far infuriare la gente. Continua a fare ciò che ha fatto finora: mi ignora. Si siede, riordinando i fascicoli che ha sulla scrivania. Punta lo sguardo verso me.
«Hai finito?»
Boccheggio, sbattendo le mani ai fianchi. Che faccia tosta!
«Sei serio? No, dico: sei serio? Mi porti all'estremo, Christian! Ma che hai nel cervello? Eh? Sei consapevole di danneggiare chi hai intorno? O lo noto solo io?» sbotto.
Il suo sorrisetto accennato a malapena mi snerva, non poco. Rivolge lo sguardo all'interno del bicchiere, facendo poi roteare il whisky.

Manda giù un altro sorso, finendolo completamente. Potrei giurare di aver sentito quel bicchiere sbattere energicamente contro il legno, ma mi darebbe della pazza.
«Avresti preferito essere un manichino sul quale farsi delle pippe mentali, Azzurra? Avresti preferito che gli lasciassi credere che tu sei un oggetto? Ti ha dato della puttana! Davanti a tutti!» urla, scandendo le ultime parole.
Mi irrigidisco. Non credevo l'avesse fatto per me, per difendermi dalle parole di Daniel. Quasi mi dispiace per avergli gettato quelle parole in preda alla rabbia, ma la violenza non mi è mai piaciuta e di sicuro Christian ha sbagliato ad alzare le mani.
«Okay, devo ringraziarti? Grazie! Ma non dovevi comunque fargli del male con un pugno alla faccia!» puntualizzo, osservando la sua mascella che si contrae ancora di più. Sbatte entrambe le mani, in un pugno, sulla scrivania legnosa, facendomi sobbalzare.
«Possibile tu non sia mai dalla mia parte? Che dovevo fare? Eh? Certe cose non le controlli! Non è la prima volta che fa questo, e lo sai, lo sai bene, Azzurra!» esclama, portandosi una mano tra i capelli.
«Certo che hai una bella faccia tosta nel dire di non essere mai stata dalla tua parte. Non sono io quella che per un mese, trenta schifosi giorni, Christian, non mi ha neanche salutata! Ma perché?»

«Perché, perché e perché! Non volevo, okay? Lasciami vivere, Azzurra! Non deve esserci un motivo valido a tutto!» alza la voce, tirando una pugnalata dopo l'altra, parola dopo parola.
Ed io che pensavo la situazione fosse andata di bene in meglio. Devo lasciarti vivere, Christian, hai ragione.
«Bastava dirlo, sai? Forse non sei abituato a trattare le persone che ti vogliono bene con rispetto, ma io credo ancora a dei valori. Fa come vuoi, non ho più niente da dirti.» mi arrendo, andando verso la porta.
Speravo di sentire delle scuse, ma tutto ciò che percepisco è un "vaffanculo" sussurrato.
«No, vaffanculo tu, Christian.»

༄ ༄ ༄

24 dicembre

Impacchetto le ultime cose con Nicole. Alla fine è ritornata per le vacanze natalizie perché hanno in mente di trasferirsi lì ed aprire un locale notturno. Le ho raccontato tutto, ogni cosa, senza tralasciare nulla. Dylan in questi mesi ha definitivamente chiuso con Nathan e non ne vuole sapere di altre relazioni serie, al momento; ma conoscendolo basterà un altro paio di occhi che lo facciano sognare e tornerà a far battere il suo cuore. Daniel è andato a sciare con la sua famiglia e resterà lì fino a capodanno. La mia famiglia è venuta a farmi visita la settimana scorsa e non sono di certo mancate le domande sul "fidanzatino". Ho perso il conto dei miei occhi roteanti quel giorno...
«Dylan, prepari la cioccolata calda come sai fare tu? Ti prego!» chiede Nicole quasi battendo i piedi sul pavimento.
«E va bene, stronzetta; ma che sia l'ultima volta. Odio essere sfruttato.»
Ridiamo entrambe, continuando a chiudere i vari pacchetti. Dopo un quarto d'ora arriva l'attesa cioccolata bianca, è bollente e mi sarà d'aiuto quando dovrò impacchettare il regalo di Christian.

Non ci siamo lasciati molto bene l'ultima volta. Ma ecco che il fatidico momento arriva e ho necessità di incendiare, per quanto possibile, il magone che mi si è formato. Mando giù la bevanda, trovandola inutile per le questioni sentimentali, ma perfetta per l'appetito. Gli do un'ultima occhiata prima di vederlo ricoperto di stelline oro con sfondo blu notte.
«Dovevamo comprare della carta regalo più appropriata.» borbotto, staccando lo scotch con i denti.
«È perfetta, invece. Non è vero Didi?»
L'approvazione di Dylan per la carta regalo c'è, un po' meno quella sul nomignolo che da sempre Nicole usa per chiamarlo. La vigilia è da tradizione passarla noi tre, in casa, aspettando che il pollo si cuocia, insieme alle altre pietanze. A mezzanotte, poi, accendiamo la stella sull'albero.
«Però ti aveva detto...»
Guardo confusa Nicole, che nel frattempo lega il fiocco attorno al pacchetto.
«Voglio dire... da uno che dice di essere pazzo di me, che mi bacia all'improvviso e tutte quelle cose che ha fatto...» vaga ancora.
Non riesco a capire dove voglia arrivare e quindi la incito a spiegarsi meglio.

«È strano, Azzu. Per me sta nascondendo i suoi sentimenti, forse non sa neanche lui cosa vuole... oppure è pazzo.» ridacchia.
«Opterei per la terza. Ma neanche io so cosa gli prende. Come non so cosa prende a me. Insomma, mi sono comportata mai così? È come se non riuscissi a controllarmi, quando sto con lui o sento anche solo parlare di lui, il mio cuore non ha rispetto di niente e nessuno. Io non ho rispetto per nessuno se non per lui, e questo non va bene.»
Nicole mi osserva, ha finito di impacchettare i suoi regali, quindi mi concede tutta l'attenzione. Poggia l'avambraccio sul tavolo, tenendo appoggiato il mento sull'altra mano.
«Ricordo quando era simpatico con me, anche se abbiamo avuto gia dai primi tempi, entrambi dei bei caratterini. Però quanto mi manca vederlo felice...» sussurro, avendo nella mente i flashback.
«Aww, sei innamorata!» esclama Nicole.
Dylan si fa spazio, sedendosi vicino a lei, pronto ad esporre i suoi tanto attesi discorsi.
«Io l'ho detto dalla prima volta che doveva portarselo a letto. È uno stronzetto anche lui, però quelle spalle!»
«Dylan!» lo rimprovero, morendomi l'interno della guancia.

Arrossisco e questo motiva ancora di più la loro voglia di assalirmi di domande piccanti alle quali vorrei solo fuggire. Mi copro gli occhi con i palmi delle mani, emanando un gridolino frustrato.
«Chiamalo. Fallo venire qui. Dovete chiarire!» propone Dylan.
Sbarro gli occhi fuori dalle orbita, manco avessi visto un ufo in camera mia. Ho rischiato un infarto in questo preciso istante e averlo addirittura qui significherebbe avere pronta la bara. Non potevo avere un capo anziano e simpatico? No, ovviamente la vita vuole che io mi danni per un ventiquattrenne alto, con gli occhi azzurri e, perché no, governato da una rabbia nei miei confronti sconosciuta che gioca a divertirsi con i miei sentimenti. Nego la proposta di Dylan, quindi mi dirigo in cucina per controllare il pollo e il restante della cena. Apro il frigorifero estraendone il vino rosso che a breve dovremmo bere. Lo stappo, versandone un po' nel calice e mandando giù come uno shottino. Sono quasi tenuta a sputarlo non appena ascolto le loro voci.
«Buona vigilia Christian! Perdonaci il disturbo ma Azzurra ha insistito per darti gli auguri e aveva pensato di invitarti a cena da noi, sempre se fossi stato libero, ovviamente.» spiegano.
Ora li ammazzo. Pronta ad una vigilia di sangue, sento i passi di Nicole accelerare e venire in cucina.
«Vuole parlare con te!» sussurra entusiasta, passandomi il cellulare.
«Cosa? No! - sussurro - Ehm, ciao!» esclamo.

Mimo ad entrambi di farli fuori una volta chiusa la chiamata e mi diletto nel sembrare una persona normale che non è pronta ad una rianimazione. La sua voce mi sembra buona, nel senso, sembra rilassato. Oh, ma a cosa vai a pensare Azzurra!?
«Come stai?» mi chiede.
Oh, non me l'aspettavo. Un "bene, grazie" ci sta sempre.
«Non mentire. Come stai?»
Sospiro. Ho il bisogno di prendere aria. Vado in camera mia, chiudendo la porta alle mie spalle. Apro la finestra, inalando tutta l'aria possibile.
«Sei sola?»
«Sì.» sussurro, passando una mano tra i capelli.
«È questo il problema?»
Mordo l'interno della mia guancia, titubante se piangere o meno. Sì: ho bisogno di piangere. Perché? Perché con te, Christian? Perché mi emani tutte queste emozioni, anche a distanza?
«Adesso ti preoccupi per me?»
«L'ho sempre fatto, Azzurra.»





•︴ Spazio autrice ︴•
Ed eccoci al diciassettesimo capitolo, piccole lune.☾
Aah, l'aria natalizia! Magari potessimo già provarla e assaporare quei venti gelidi che hanno profumo di camino acceso. Ma manca poco, su! Viviamolo in anticipo insieme a loro, vi va?
Vi ricordo di mettere una stellina nel caso vi piacesse e di scrivermi cosa ne pensiate, lo apprezzerei tanto.♡

Buona lettura♡

beviamoci suDove le storie prendono vita. Scoprilo ora