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Il giorno dopo Ronald non le rivolgeva la parola. Hermione sapeva che lo faceva a causa della discussione avvenuta dopo pozioni, ma il senso di colpa per quanto successo con Malfoy la divorava, e per questo ogni volta che si ritrovava a incastrare il proprio sguardo in quello del rosso, non poteva evitare di sentirsi sporca. Sembrava che sapesse.

Eppure, accomodati come ogni mattina ai rispettivi posti in Sala Grande, lungo l'immensa tavolata grifondoro, la riccia era certa come del sole in cielo che lui non avesse assolutamente idea dell'intera faccenda della voliera, così come del fatto che avesse già assunto la propria piccola dose di pozione. La ragione di questa sua ferma convinzione la si poteva ritrovare in delle parole che sempre Draco le aveva rivolto, e cioè nel fatto che lei, come Ron, fossero celebrità; se avessero deciso di combinare qualcosa di scandaloso e anche un solo studente li avesse visti, entro brevissimo lo avrebbe saputo l'intero istituto. E la giovane era certa di potersi aggrappare a quella sola consapevolezza per mantenere un accenno di stabilità mentale. Ma non era semplice, perché non si trattava soltanto di sentirsi sporca per il bacio che le aveva scoccato il serpeverde, ma anche di sentirsi estremamente piena di rabbia nei confronti del biondo stesso, che era andato a distruggerle, nel giro di neppure dodici ore, l'intero castello di carte che aveva sperato di riuscire a costruirsi per non impazzire del tutto. Si erano ripromessi incontri segreti per parlare e sfogarsi, e lui le aveva esplicitamente lasciato a intendere quanto poco le convenisse anche solo nominarlo. Però l'aveva baciata. E lei aveva desiderato che lo facesse quando ormai la pozione aveva smesso di fare effetto.

Deglutì, imprecando contro sé stessa, con lo sguardo basso puntato sulle proprie fette di pane tostato, in quell'istante tutt'altro che invitanti. Lo sentiva guardarla e, nel farlo, bruciarle completamente ogni centimetro di pelle.

Desiderava detestarlo e detestava non poterlo più incontrare, perché le cose non sarebbero che peggiorate. E non capiva perché lo avesse fatto: se perché, come lei, non aveva mai dimenticato la nottata al manor, o se per burlarsi di lei, come aveva scelto di fare nel corso di tutti gli altri momenti della sua vita prima di allora. Sospirò afflitta, mentre Ginny, ignara, continuava a rassicurarla sull'atteggiamento del fratello, che sarebbe presto rinsavito.


Quando si incamminarono verso la serra di erbologia, Harry le fu subito a fianco, gentile e valoroso come suo solito, con lo sguardo dell'amico che si era sempre dimostrato essere:
"Herm, stai bene?"

No, ma quello ormai da mesi.

"Sto bene, Harry, non preoccuparti." Gli rispose però, camminando spedita, con una manciata di libri stretti contro il petto. Il moro sospirò:

"Ho rimproverato Ron. Ho cercato di fargli capire, e credo che abbia capito."

"Ma ancora non mi parla." Commentò la riccia: "Ma questa volta non mi dispererò per delle scuse da parte sua. Credo si sia fatto abbastanza grande."

Il Ragazzo Sopravvissuto, proprio malgrado, concordò con l'amica. Annuì e, ormai prossimo alla serra, la esortò a rallentare. Lei lo fece, fermandosi a lato del sentiero con lui.

"Herm, io ho notato una cosa."

La ragazza inclinò di lato la testa, non capendo. Lui si guardò attorno, evidentemente a disagio, mentre il resto degli studenti li superava poco a poco.

"Non è la stessa cosa con Ron, vero? Come gli anni scorsi intendo." Le disse quindi piano, mormorandole vicino all'orecchio per non farsi sentire da nessuno. Sempre perché erano delle celebrità.

La riccia sussultò. Comprese perfettamente cosa intendesse Harry con quelle poche, semplici parole, e le venne da tremare per il semplice fatto che qualcuno se ne fosse reso conto. Che lei non amasse Ron Weasley.

Se morissi stanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora