IX

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Hazel e la sua famiglia erano stati alloggiati in una vecchia casa vicino al fiume, in attesa che il periodo del lutto nella vecchia dimora del reverendo Aaron terminasse. Ruth era stata contenta di scoprirlo: avrebbero fatto un pezzo di strada assieme per tornare a casa.

"Ci sono un sacco di spifferi in quella casa" le stava dicendo la ragazzina, accompagnando il commento con un finto, esagerato starnuto. "Scommetto che mi prenderò una bella influenza".

"Non credo, la signora Eglantine dice che la vecchia villa degli Ironwood ha moltissimi caminetti. Il vecchio signor Ironwood per poco non ci bruciò dentro, quando la sua poltrona prese fuoco".

"Sai, non è una bella notizia. Però hai ragione, siamo una legione, qualcuno che controlli le fiamme ci sarà sempre".

Ruth sorrise, osservando Hazel saltellare da una pietra all'altra sul sentiero. Il terreno era stranamente asciutto e nel fango erano impresse le impronte e le orme di tutte le creature che vi avevano transitato negli ultimi tempi. Notò le tracce di un paio di grossi cani in corsa e quelle più eleganti e leggere di una volpe. Vide i monticelli ormai secchi prodotti dai lombrichi e ciò che rimaneva delle luccicanti scie notturne delle lumache. Calpestò una ghianda che aveva un piccolo foro e si immaginò il balanino che ne era venuto fuori. Alzò gli occhi sulla quercia e vide galle perfettamente tonde di piccole vespe e scheletri di foglie lasciati da qualche bruco famelico. 

Tutto ciò che sapeva sulla natura lo aveva appreso nella sua seconda vita. Mentre maggio scivolava nell'estate e la scuola tardava ad iniziare, Elysia l'aveva spesso portata con sé nelle sue passeggiate, oltre ad accoglierla nel suo giardino. Le aveva insegnato piccole cose meravigliose, sulla vita e sulla morte: una lucertola morta divorata dalle formiche, uno stagno di lenticchie d'acqua colmo di ranocchie in amore, un cerbiatto appena nato nascosto tra le felci di un bosco, la tana puzzolente di un tasso. Elysia sapeva molte cose sugli animali, le piante e i fiori e gliene raccontava, come se fosse un'insegnante del Santa Barbara.

Ogni tanto anche Ezrel si univa a loro. Erano i giorni preferiti di Ruth: tornavano a casa con qualcosa, sempre. A volte un palco di corna con licheni come festoni, altre un mazzo di bacche di rose canine per una tisana contro il raffreddore, altre ancora con una lunga penna d'airone. Una volta Elysia le aveva intrecciato i capelli con rose silvestri e ginestrone e alla fine aveva aggiunto una remigante di barbagianni, che avevano incontrato vicino a un fienile. 

Sembri proprio una bambina dei boschi le aveva detto.

Ruth aggrottò la fronte a quel ricordo. Era qualcosa che una fattucchiera avrebbe fatto? Tutto ciò che sapeva delle streghe era che adoravano il Demonio e si riunivano in gruppo per celebrare il suo nome.  

"Ruth? Mi stai ascoltando?"

La ragazzina si riscosse improvvisamente dai suoi ricordi. Tornò a guardare Hazel, che si era fermata nel mezzo del sentiero, le braccia arrovesciate sui fianchi e il cipiglio guerresco. 

"Cosa? Mi sono distratta".

"Ti ho chiesto: perché chiami tua madre signora Eglantine?"

"Ah".

Ruth si sentì arrossire. Fino a quel momento non aveva avuto abbastanza confidenza con nessuno per parlare di Elysia. All'improvviso si trovò profondamente in imbarazzo.

"Non... non mi sono ancora abituata a chiamarla madre".

"Ma lei te lo permette, vero?"

"Sì... in realtà, insiste".

"Mi hanno detto che è una donna giovane".

"Sì... è molto più giovane del signor... di mio padre".

Hazel le rivolse uno sguardo divertito mentre ricominciavano a camminare fianco a fianco.

"Sai" iniziò la ragazza dai capelli ramati, "quelle ragazzine a scuola mi hanno detto un sacco di cose oggi".

Ruth si irrigidì. "Che tipo di cose?"

"Che tu sei una persona un po' strana, che non esci quasi mai..."

"Mi piace casa mia" rispose, immediatamente sulla difensiva. "E ti avranno sicuramente anche detto il nome dell'istituto da cui vengo".

Hazel si fermò e la osservò attentamente. Ruth si sentì improvvisamente molto sciocca per aver reagito in maniera tanto acida: in fondo l'altra ragazza non la stava offendendo. 

"Mi spiace".

"No, hai ragione. Me l'hanno detto. Anche se non si ricordavano bene il nome".

"Non importa. Non è importante".

"Com'era la vita lì? Sei stata contenta quando loro sono venuti a prenderti? Come ti hanno scelta? Deve essere stato emozionante, un sogno che si realizza!"

"Non mi ricordo niente" ribatté senza pensarci troppo.

"Come non ti ricordi?"

"Sono stata malata per tanto tempo. I signori Eglantine mi hanno portata a casa loro e mi hanno salvato la vita".

"E non ti ricordi proprio niente niente del prima?"

Quel discorso iniziava a starle stretto. Ruth accelerò il passo e allungò il collo. Notò che la casa degli Ironwood era oltre il sentiero. Sperò di arrivarci il prima possibile, prima di essere costretta a rivelare qualcosa in più a quella nuova e potenzialmente pericolosa ragazza.

All'improvviso ebbe una rivelazione.

"Ti hanno inviata loro, non è così?" domandò aspra. 

Gli occhi color nocciola di Hazel si spalancarono per la sorpresa. "Di cosa stai parlando?"

"Mary Rose, Minnie e tutte le altre. Ti hanno inviata per farmi parlare, vero?"

"No! Che stai dicendo? Come fai a credere che..."

Ruth non attese che la sua accompagnatrice si inventasse una scusa. Alzò i tacchi, afferrò saldamente il cestino e si mise a correre sul sentiero. Superò di corsa la nuova casa degli Anderson - notò che alla finestra del piano superiore c'era una ragazza di circa vent'anni intenta a spazzare - e si precipitò a rotta di collo verso l'Itchen. Per essere sicura di lasciarsi alle spalle Hazel, tagliò attraverso una umida faggeta e in meno di dieci minuti, bagnata fino al midollo e con gli stivaletti nuovamente inzaccherati di fango, si ritrovò davanti al cancelletto di casa. 

Rotting RuthDove le storie prendono vita. Scoprilo ora