Verdi Speranze

5.6K 210 230
                                    

Louis Tomlinson era un ragazzo timido con due bellissimi occhi color del cielo che vestiva spesso con righe orizzontali e non usciva mai di casa, se non per frequentare l'ultimo anno del liceo del suo paese.

La solitudine era la sua unica amica e la sua stanza piena zeppa di poster era l'unico luogo in cui lui si sentiva sereno. Louis faceva tutto in quella camera, ascoltava la musica, disegnava, pensava, e certe volte addirittura ci mangiava. Poi naturalmente ci scriveva. Lui adorava scrivere, era il suo modo per esprimersi in silenzio. Nessuno leggeva mai le sue cose perché lui le custodiva come se fossero il suo segreto più prezioso.

C'erano delle volte in cui avrebbe voluto dedicare a qualcuno le sue poesie, ma nonostante tutto lui si sentiva felice in quel bozzolo di solitudine che si era creato. O almeno così pensava.

Fin dai primi anni di vita, Louis aveva capito che non sarebbe mai stato con una ragazza. Era attratto infatti, da persone del suo stesso sesso, e qualcuno nella sua classe l'aveva capito. 

La voce si era sparsa nella sua scuola e quasi tutti i ragazzi lo prendevano in giro spintonandolo nei corridoi e facendogli dispetti davvero crudeli. 

Era anche per questo che lui non usciva mai di casa e se ne stava rintanato nella sua stanza a riempire fogli con il suo dolore. 

Era davvero solo. Ma solamente perché gli altri non lo vedevano non voleva dire che lui non esistesse. Se lo ripeteva in continuazione, lui esisteva davvero anche se si sentiva trasparente.

Spesso si rinchiudeva in bagno e piangeva con la testa tra le mani e la schiena premuta sulle mattonelle fredde. Si chiedeva cosa aveva fatto di male per meritarsi tutta quella cattiveria da parte delle persone.

Tornava a casa sempre camminando a testa bassa e dando calci ai sassolini o alle pigne, per sfogare almeno in parte la sua frustrazione.

Una volta arrivato a casa, trovava sempre sua mamma in cucina che gli preparava il pranzo e gli chiedeva come era andata a scuola. Lui rispondeva ogni volta che era andato tutto bene, nonostante fosse una menzogna. 

Non voleva farla preoccupare, lei infondo non avrebbe potuto fare niente. 


Quel pomeriggio scrisse più del solito, si sentiva ispirato. Forse perché le umiliazioni mattutine erano state più gravi di quelle degli altri giorni. In fondo era la giornata mondiale contro l'omofobia. 

Perché non prendere lo zaino di Louis Tomlinson e scrivere "FAGGOT" su tutta la sua roba con il pennarello indelebile?


"Forse non dovrei avere il magone adesso, ma lo sento forte dentro, come se volesse sfondarmi lo stomaco e uscire fuori facendo un fracasso immane.

Forse non dovrei parlarne, dovrei solo ucciderlo, facendolo sanguinare a più non posso, anche se non sarebbe giusto, oppure sì?

Sarebbe appropriato per una volta soffocare questo dolore? Sì, lo sarebbe.

Sento le viscere che si arrovellano come panni sporchi in una lavatrice, ma i miei panni non sono sporchi. Hanno il mio odore candido e lieve. Un odore di chi vorrebbe solo essere amato. Sono davvero io quello sbagliato?

In questo momento mi odio per quello che sto scrivendo, ma d'altronde mi sento fin troppo coraggioso questa volta.

Spero che sia vero che tutto torna indietro, e a me non resta che mettere la mia lavatrice fuori dalla porta e lasciarla lì per sempre."




"Louis tesoro, vieni un attimo per favore?". 

You're Poetry For My MindDove le storie prendono vita. Scoprilo ora