Capitolo diciassette

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(Rachel)

Ormai era passata quasi una settimana dall'infortunio. A scuola tutti mi trattavano come se non fossi autosufficiente, mi innervosiva il fatto che le persone mi chiedessero di aiutarmi ogni dieci minuti. Sapevo benissimo spostarmi da sola per i corridoi e per le scale di scuola. Inoltre, si vociferava troppo e si iniziava a sparlare del fatto se sarei stata in grado di recuperare l'allenamento perso e se la mia caviglia sarebbe ritornata come prima. Le riserve speravano che per una caduta improvvisa avrebbero potuto rubarmi il posto. Non era facile essere titolare al primo anno. Per di più agli europei potevamo essere solo diciotto giocatrici, ma la squadra scolastica ne aveva alcune in più. Due sarebbero state la prima e la seconda riserva, ma le altre quattro rimanenti sarebbero state semplicemente scartate. La competizione era comunque forte per non essere uno sport troppo popolare nella nostra nazione.

Non potendomi allenare avevo improvvisamente un sacco di tempo libero, purtroppo tutti i miei amici erano molto impegnati e quindi mi ritrovavo spesso da sola ad annoiarmi. Oltre a fare i compiti e a studiare non sapevo bene come passare le mie giornate. Piano piano mi stavo spegnendo. Non poter andare ad allenarmi era uno strazio e stare lì a guardare le compagne ancora di più. Spesso quindi mi ritrovavo a casa a fare la ragazza depressa che non sfruttava in modo intelligente tutto quel tempo libero che mi ero ritrovata di avere. Passavo le giornate a guardare film romanici che avevo visto e rivisto, mi preparavo tante di quelle spremute o frullati di frutta e quando Milo era libero parlavo con lui.

Con Tamara non parlavo più molto, non voleva mai raccontarmi nulla, passava la maggior parte del suo tempo libero con Christian. Non penso che fossero una coppia ufficiale, o almeno non me l'aveva ancora fatto sapere. Ogni tanto le chiedevo, ma lei glissava l'argomento facendo altre domande. Ogni tanto mi scriveva Flurin penso che fosse l'unico a capire davvero come stavo. Ryan invece non si era più fatto vivo. Era tanto preoccupato da passare a casa mia e ora nulla. Non mi aveva più scritto nemmeno un messaggio per sapere come me la passavo. Era sparito così all'improvviso e non mi andava di rincorrerlo io.

Il mio cellullare s'illuminò, fu un messaggio a risvegliarmi dai pensieri. Era Flurin:

"Ehi, come stai? Sei già tornata a casa?"

"Sì, non mi andava di guardare l'allenamento della femminile" risposi.

"Peccato, potevo farti compagnia. Che fai ora?" che tenero, sarebbe rimasto lì con me, sarebbe stato per un'altra volta.

"Nulla di speciale, mi annoio senza poter fare sport" scrissi.

"Non hai altri interessi? Qualcosa che non fai da tanto tempo? Qualcosa che hai dovuto mettere da parte per l'hockey?" effettivamente una cosa c'era. Gli raccontai di come suonavo il pianoforte, ma che dovetti smetterlo perché i miei genitori mi dissero che non potevo fare entrambi. Da un lato per la mancanza di tempo, dall'altro per le spese. In casa avevo un pianoforte a coda nero, ereditato da mia nonna. Non lo toccavo da tre anni ormai. Will ogni tanto lo strimpellava per inventare nuove canzoni, ma non aveva mai fatto un granché di lezioni. Io invece mi allenavo tutti i giorni un tempo, ma poi iniziai anche a giocare a hockey. Per un certo lasso di tempo potei continuare a fare entrambi, ma poi dovetti scegliere e io scelsi lo sport. Abbandonai anche il piano perché mi sentivo in colpa, mi sentivo di aver tradito la mia adorata nonna e quindi non osai più suonarlo. Anche se in realtà sarebbe stato meglio continuare a suonarlo perché non usarlo sarebbe stato uno spreco. Quindi decisi quindi di salutare Flurin e di provare a suonare quello strumento che in realtà tanto amavo.

Cercai tra la libreria di camera mia le vecchie spartiture di pianoforte che avevo, erano tutte ordinatamente classate, le missi sottobraccio e scesi in salone. Il pianoforte stava in un angolo della sala, su un tappeto ed era illuminato dalla luce naturale che entrava dalle grandi finestre. Appoggia a terra le stampelle, mi sedetti sullo sgabello accarezzai con le dita della mano destra il pianoforte ancora chiuso e poi lo aprii. Tirai giù il leggio e ci appoggiai il classificatore, lo sfogliai e mi soffermai su una canzone precisa, You Raise Me Up di Josh Groban.

Inizialmente fu difficile riprendere, ma poi finalmente le mi dita iniziarono a ricordarsi cosa stessero facendo e piano piano iniziai a suonare quasi come prima, portai a termine il brano senza interruzioni e così proseguii nel riprovare a suonare anche altri pezzi.

Mio fratello tornò a casa da lavoro e rimase stupito nel sentire uscire dei suoni dal piano, mi raggiunse e si sedette ad ascoltarmi. Finita la canzone misi in ordine la postazione e raggiunsi Will sul divano. Ci fermammo a parlare a ricordare bei momenti di quando eravamo piccoli, mio fratello ci preparò due cioccolate calde e continuammo a conversare, ci confrontammo su pezzi musicali, tornai al piano per suonare e cantare le sue canzoni per aiutarlo a scriverle. Così passammo una stupenda serata in compagnia. Quando tornarono i miei genitori dal lavoro non credettero ai loro occhi di rivedermi suonare con Will.

(Ryan)

"Non vengo a trovarti di nuovo domani, hai bisogno che ti porti qualcosa?" gli chiesi accanto al suo letto d'ospedale.

"Se mi porti un libro la leggere, così ho qualcosa da fare" mi rispose. Annuii, gli strinsi ancora forte la mano che gli stavo tenendo, gli lasciai un bacio sulla fronte e uscii dalla camera.

Erano successe molte cose ultimamente, mio nonno era stato male ed era finito all'ospedale, ormai era lì da poco più di una settimana i primi quattro giorni è stato davvero molto male. Ero stato svegliato nella notte da Rex, abbaiava e mi portò in camera da letto di mio nonno, stava sudando e tremando, non stava per nulla bene, chiamai subito un'ambulanza e lo feci ricoverare. Ora stava meglio per fortuna e a breve l'avrebbero dimesso. Andavo a trovarlo tutti i giorni, non avevo troppo tempo per stare con lui perché ormai le ore che dovevo stare a scuola e sulla barca a vela mi riempivano quasi tutta la giornata, ma passavo comunque sempre anche per poco tempo. Ogni tanto passavano a trovarlo qualcuno dei suoi vecchi amici, ma non ne erano rimasti molti. Per non rimanere da solo a casa Leon si era trasferito da me. Era come un fratello, sapeva che sopportavo male questa situazione e quindi preferiva stare in mia compagnia dandomi comunque dello spazio anche per me stesso. Poteva essere davvero uno sciocco a volte, un donnaiolo e uno poco serio a scuola, ma aveva lo stesso un lato stupendo, sempre disponibile e sapeva come prendermi in ogni situazione.

Ero così in pensiero e impegnato che non mi ero più fatto vivo con Rachel da quando ero passato a casa sua. Avrei dovuto farmi sentire, chiederle come se la passava, avrei dovuto confortarla perché sapevo che l'aveva presa male la storia dell'infortunio, ma avevo davvero altri pensieri momentaneamente. Decisi comunque che sarebbe stata l'ora di farmi di nuovo vivo e le avrei spiegato la situazione, sicuramente avrebbe capito. Cercai il suo numero in rubrica e la chiamai, qualche squillo dopo rispose, ero sollevato. All'inizio era molto diffidente, ma dopo averle spiegato la situazione si rimise tutto a posto tra di noi, mi chiese se potesse aiutare, ma ero già a posto così c'era Leon che si prendeva cura di me. Quella chiamata mi stava facendo sentire molto bene ero felice di potermi sfogare con un'altra persona che non fosse Leon, solitamente ero sempre chiuso in me stesso, ma di lei mi fidavo. Era una ragazza così gentile, disponibile e premurosa, sempre pronta ad ascoltare e ad aiutare. Una ragazza che non s'incontra sempre. Almeno per me era una persona molto importante, ma per via del mio carattere così riservato non riuscivo a mantenere così bene i rapporti o a svilupparli più di quel tanto. Più tempo passavo con lei al telefono più l'ammiravo, l'apprezzavo e più si faceva spazio nel mio cuore. Cercavo di convincermi del contrario perché non volevo soffrire tanto per qualcuno che avrei comunque rischiato di perdere dopo questo anno. Mi ricordai di tutte le chiacchierate con Leon su di lei e decisi che forse la cosa giusta era ascoltarlo. Sarei dovuto essere sincero e diretto dall'inizio con lei e spiegandole la situazione e i miei sentimenti avremmo comunque potuto passare i seguenti mesi in modo fantastico e memorabile coltivando tante esperienze insieme. Dopodiché sarebbe potuta comunque rimanere una mia grande amica e saremmo potuti rimanere in contatto comunque viste le tecnologie di oggi. Inoltre, non sarei sparito per sempre. Sarei tornato a trovare mio nonno che mi aveva promesso di andare in casa anziani se me ne fossi andato da qui.

Un anno di conquisteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora