Boston

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 AVVISO! SCUSATE MA IL PC AVEVA FATTO UN CASINO RIPUBBLICANDO IL CAPITOLO DELLA PRECEDENTE STORIA,  ME NE SONO ACCORTA SOLO ORA. ADESSO HO RISOLTO. BUONA LETTURA DEL PRIMO CAPITOLO ALLORA!!! A PRESTO.




Christine Kraford agitata sventolava una mano a mezz'aria per creare un po' di brezza nella calura estiva, l'aria era umida e pesante e forse ancora più ribollente a causa del cielo ricoperto di nubi e l'aria stagnante. Da lì, dalla finestra ampia che dava sul cortile della scuola osservare i bambini giocare le dava un brio insolito. Era il primo incarico di ruolo che le assegnavano, non era più tanto giovane ma ce l'aveva fatta. Mancavano 10 minuti alla fine della ricreazione, presto avrebbe conosciuto gli alunni della 2F, lanciò uno sguardo rapido dietro di sé pe controllare che fosse tutto in ordine sulla cattedra e tra i banchi, perfetto, la Abygeil School era un edificio moderno e immenso, 6 piani che ospitavano le materne e le elementari, tre ascensori per piano e 10 porte di servizio, la sicurezza prima di tutto. Quando Cristine era arrivata si era quasi perduta alla ricerca della presidenza. Avanzò verso la cattedra per sedersi, il tallieur nero era un po' sgualcito,
"Oh" abbassando la testa non aveva sentito entrare una donna,
"Salve" disse lei, aveva un aspetto fantastico, Christine provò una punta d'invidia per quella giovane donna dai capelli biondi e riccioluti e gli occhi di un verde tenue,
"Sono Phoebe Mills, insegno religione da quest' anno" sorrise in modo ammaliante, Christine si sforzò di fare altrettanto,
"Christine Kraford" tentò di nascondere l'evidente accentò britannico,
"Non è di queste parti vero?" disse la donna,
"In realtà mi sono trasferita a Boston da 8 anni, ma la mia dizione non è andata perduta" Phoebe si accomodò sulla cattedra,
"E' un bene, adoro gli inglesi" accavallò le gambe sinuose e perfette, una pelle liscissima e lievemente abbronzata, quasi dorata.
"Io invece sono appena arrivata, ed è il mio primo anno da insegnate" una novellina, eppure aveva una chiara sicurezza,
"In un certo senso anch' io" non aggiunse altro giacchè la campanella suonò e i bambini cominciarono ad entrare in classe, qualcuno accompagnato dai genitori. Phoebe non accennò ad andarsene, Christine riflettè ripesando all'orario, era la sua ora quella.
"Oh mi hanno detto che dovrò assistere alle tue lezioni per qualche settimana" Christine annuì incerta,
"Bene bambini, sediamoci ok?" stava per dirigersi verso la porta per chiuderla quando vide due sagome all'entrata, un bambino minuto dai capelli neri folti, vestito alla perfezione, una camicetta e dei pantaloni ben stirati, la cosa che la colpì furono due occhioni di un azzurro intenso, poi guardò la madre accovacciata su di lui, gli sussurrava qualcosa, anche lei era bellissima, capelli corvini, occhi ambrati e pelle marmorea, indossava un vestito da sogno, Christine guardò Phoebe che si avvicinò curiosa,
"Quella è Alice Cullen" disse,
"La conosci credevo fossi nuova?" lei indietreggiò abbassando la voce,
"Si ma ho lavorato qualche mese fa in segreteria e l ho vista, è una donna davvero singolare" Christine si sporse per guardare ancora, Alice le sembrava una ragazza troppo giovane per avere un bambino di 7 anni, però doveva ammettere che suscitava un certo fascino,
"Quanti anni avrà, al massimo 25? E' una ragazza madre?" Phoebe scrollò la testa,
"Non credo, ho sentito dire che è sposata, il marito lavora alla Columbia University, assistente del professor Giliam Deborsh" Christine restò basita,
"E lei?"
"Credo sia una designer e organizza anche eventi" le sorrise mogia,
"Beh c'è chi ha tutto e chi a 37 anni ottiene il suo primo incarico di ruolo a scuola" Phoebe rise e lei fece altrettanto. Forse sarebbero diventate amiche in fondo. Il bambino chiuse la porta dietro di sé e sedette all'unico banco libero al centro dell'aula.






POV ALICE

"Sono in ritardo" guardavo ossessivamente l'orologio da polso sottile e leggero, la mano destra sul volante la sinistra a tamburellare sul poggia-mano, c'era un traffico incredibile, sempre, gli umani andavano sempre tutti alla stessa ora in un unico posto, o almeno così sembrava, non potevo farci nulla, altri 15 minuti e avrei subito l'ennesima predica del signor Rush. Sistemai lo specchietto retrovisore e diedi un'occhiata fugace al viso, tutto perfetto, il colore ambrato degli occhi si era opacizzato, presto avrei avuto bisogno di bere. Dopo 12 minuti esatti fui davanti alla WWdesigners, parcheggiai alla buona e presi l'ascensore, così lento e snervante, abituarsi alla loro velocità era stata una sfida e in 5 anni avevo ancora momenti di impazienza seriale. Certo a Forks lo facevamo, ma si trattava di fingere per poche ore al giorno, qui invece, sempre.
"Cullen, ma che piacere incontrarsi qui" Frank Dowson, il capo reparto mi studiò al solito soffermandosi su diverse zone della mia gonna alta e avvitata e sul top bianco, al solito lo ignorai,
"Te la sei scampata per qualche minuto, Rush non è ancora arrivato" sogghignò, l'ascensore fece un'altra fermata al 5° piano, Olly, una paffuta segretaria alle risorse umane barcollò nello spazioso cubo di metallo, aveva una miriade di scartoffie tra le braccia.
"Olly ci hai interrotto" disse Frank irritato,
"Oh tesoro, neppure se girassi in tutù 3 volte intorno all'edificio avresti qualche possibilità con lei" mi fece l'occhiolino, Frank ci riflettè su,
"Se lo facessi tu..." alzai gli occhi al cielo divertita,
"Fammi pensare, no, proprio no" Olly sospirò, finalmente arrivammo all'8°. Scattai il più in fretta possibile, qualche ora e sarei tornata a casa. Era un giorno diverso e stressante, oggi avevo mandato Aiden alle elementari.
"E' sposata, quando lo capirai" sentii sussurrare Olly,
"Si ma è così..." poi senti un tonfo, probabilmente Olly gli aveva tirato un pugno.



Christine ascoltò soddisfatta la fine della quinta ora, i bambini erano liberi di andare, era stato un buon inizio e con sua sorpresa Phoebe aveva ascoltato la sua lezione di matematica come il resto della classe. I piccoli erano adorabili e già aveva inquadrato le diverse personalità, i timidi e gli sfacciati, i piccoli futuri nerd e i pigroni, Alex e Hannah, Jody, Ralph, Andy, Sofie, e poi c'era Aiden, quel ragazzino l'aveva colpita sin da subito. Era molto taciturno, nulla di sconvolgente, aveva detto di essere nuovo nella classe alla presentazione e di provenire da Forks, mai sentita quella città. Sembrava molto perspicace, osservava e ascoltava attento le mie parole e i commenti degli altri o le loro domande. Gli occhi blu scrutavano ogni dettaglio, nelle due pause che aveva fatto però non si era avvicinato a nessuno, neppure ai timidi in fondo all'aula che iniziavano a fare i primi passi. Rimasto seduto al suo posto era attirato da un'unica cosa, il giardino, forse desiderava giocare in cortile.
"Domani potrai giocarci di nuovo" gli aveva sussurrato Christine all'orecchio passandogli accanto, lui aveva sorriso e quasi avesse capito cosa avrebbe voluto che facesse era andato a parlare con Sophie e Alex. Era compiaciuta e leggermente turbata, strano come il suo comportamento fosse mutato in pochi istanti. Seguendo il flusso e arrivando all'entrata molti genitori erano venuti a recuperare i bambini e lei si aspettava di vedere la madre ma al contrario vide un uomo, alto e ben vestito, con un lungo cappotto di camoscio, capelli biondi e arruffati, espressione lievemente contratta, si rilassò guardando in direzione di Aiden, era l'unico genitore che non si era immerso nella folla per cercare il figlio, come i pinguini imperatore al ritorno dalla pesca fanno con i loro piccoli, vicino al cancello rimaneva immobile, sorrise al bambino che accelerò il passo andando verso di lui e lo abbracciò, poi svanirono voltando l'angolo.







POV ALICE

Esausta mentalmente più che fisicamente salii lentamente le scale sino al 5° piano, il solito odore di tabacco e the dei corridoi mi turarono le narici. Era un condominio spazioso e futuristico, il parquet di legno scuro era una caratteristica di tutti gli appartamenti, la soffice moquette grigia dei piani era spolverata una volta al giorno, l'ascensore era cigolante ma funzionava, soprattutto utilissimo per i Dankan al 9° piano, una coppia di vecchietti adorabili, avevo imparato molto in 5 anni, avevo la sensazione di conoscere quasi tutti gli inquilini. Il nostro di appartamento era ampio, 1 area cucina e soggiorno, 3 camere da letto e 2 bagni, probabilmente uno tra i più costosi che affacciava con un'ampia vetrata al centro di Boston. Carlisle aveva suggerito che mescolarsi tra tanti umani in una città enorme avrebbe fatto la differenza. E le cose funzionavano bene. Osservai il tappetino beige istoriato con un candido benvenuto in corsivo. Cercai le chiavi nella borsa nera. Per Jasper era stata dura all'inizio, tutte quelle persone, quegli odori e quel cumulo di emozioni, era stato forte però, e anche a me avevano destabilizzato le visioni, i primi tempi mi ottenebravano i sensi in qualsiasi momento, migliaia di combinazioni di futuri possibili che si intrecciavano da persona a persona, e io vedevo tutto, vedevo quei legami. Voci soffuse mi giunsero quando chiusi con delicatezza la porta. Erano in soggiorno, Aiden trangugiava un toast al formaggio seduto al tavolo ridacchiando e Jasper gli era di fronte appoggiato contro il marmo nero, Aiden mangiava cibo umano come Nessie stranamente e anche il sangue andava bene, ma preferiva il gusto del primo; erano le 20, di già. Appena avvertì la mia presenza si voltò, sorridendo. Gettai la borsa e il cappotto sul divano,
"Lo so è tardi, non hai idea di quanto ci fosse da fare" baciai Jasper e mi fiondai su Aiden,
"Mamma! Daii" tentò di schermare i miei baci ridendo,
"Allora com'è andato il primo giorno?" Jasper avvertiva quanto fossi nervosa, Aiden era rilassato e allegro,
"Stavamo giusto parlando di questo, vero campione?" Jasper ritirò il piatto vuoto di AIden,
"Si, sono tutti gentili, anche la maestra, e poi ho un'amica" mi rilassai,
"Oh, davvero? La mamma deve essere gelosa?" Aiden saltò giù dallo sgabello,
"Hey" corse via ridendo,
"La favola mamma! Dopo ti racconto" e sparii in bagno, scossi il capo felice, a volte era più testardo di Jasper.
"Non sono io quello testardo" mi cinse da dietro appoggiando il mento sulla mia clavicola,
"Ah no?" alzai la testa sfiorandogli le labbra, a volte sembrava leggermi nel pensiero,
"Mamma!" eravamo rimasti in quella posizione per 5 minuti buoni,
"La favola, il mio lascia-passare per sapere tutto quello che ha fatto oggi" mi sorrise lasciandomi andare, avrei tanto voluto vedere sempre il futuro di Aiden, ma anche lui era unico e non mi era possibile molto spesso.







POV JASPER

Dischiusi leggermente la porta di Aiden e vidi Alice china su di lui con un libro arancione chiuso, entrambi sul lettino, accoccolati l'uno all'altra, Alice gli spostava i ciuffetti di capelli neri dalla fronte mentre lui bisbigliava qualcosa, la luce della lampada era soffusa e rifletteva le piccole stelle fosforescenti attaccate al soffitto. Mi appoggiai allo stipite osservando e provando un forte benessere, non potevo desiderare altro dalla vita.
"Dai ti prego, fa la magia ti prego!" esclamò Aiden più forte, Alice alzò gli occhi al cielo divertita e gli solleticò il collo,
"Va bene pulce" chiuse gli occhi per un istante e lì riaprii, un tenue azzurrò le colorò le iridi, poi agitò leggermente la mano sinistra a mezz'aria e particelle di energia blu cominciarono a formarsi, presto tre figure danzavano davanti al lettino di Aiden, quasi pattinassero su ghiaccio, due sagome più grandi e una più piccola, avevano i nostri lineamenti. Aiden battè le mani entusiasta sollevandosi dal lettino. Le tre figure si tenevano vicine poi si fermarono e l'immagine svanii in un abbraccio di luce.






POV ALICE

Dopo una decina di minuti uscii dalla stanza di Aiden, si era addormentato, Jasper aveva acceso la tv e aveva impostato un volume decisamente alto per noi ma perfetto per un umano, anche a casa dovevamo stare attenti. Mi defilai nel bagno più grande per togliermi i vestiti e indossare qualcosa di più comodo, non ero mai stata una tipa da tuta o pigiama in casa, ma adesso ne sentivo la necessità, comodità e riposo almeno per qualche ora. Indossai un leggins nero e un top rosa, mi lavai i denti osservandomi allo specchio, cominciavo ad avvertire un certo malessere e un bruciore all'altezza delle spalle. Di nuovo, ogni volta che usavo i miei poteri le ali premevano per uscire. Il riflesso blu delle mie iridi non svaniva. Aspettai qualche minuto. Piccole gocce di sangue caddero sul lavabo bianco.







POV JASPER

Fissavo disinteressato lo schermo piatto del televisore, più attento ad ascoltare la lite dei Finly fuori, erano proprio bizzarri gli umani, litigare per un parcheggio. Sentii il fruscio della porta d'ingresso.
"Alice?" mi alzai dal divano sbirciando nella stanza di Aiden, luci spente e dormiva beato, notai la luce soffusa sotto la porta del bagno; Alice si era cambiata e sembrava passato un uragano, sorrisi, tuttavia mi allarmai scorgendo tre minuscole gocce di sangue che disegnavano strisce sottili verso il centro del lavandino. Sapevo dov'era andata. Chiusi lentamente la porta d'ingresso per non svegliare Aiden e afferrai le chiavi, presi le scale arrivai al 10° piano dell'edificio, una scala a chiocciola portava sul tetto. Era fredda quella notte, il vento sferzava violento contro le antenne che oscillavano emettendo un sibilo, il terrazzo era ampio, quadrangolare e privo di ringhiere o impalcature, solo freddo cemento, antenne e l'impianto di riscaldamento dell'edificio che emetteva una leggera foschia grigia. Alice era all'estremità del parapetto, per qualche secondo rimasi immobile ad ammirarla, le ali azzurre erano completamente dispiegate ai lati come se le stesse stiracchiando; era da tempo che non lo faceva. Mi avvicinai piano. Le sfiorai un'ala morbidissima, lei la spostò con naturalezza e le fui accanto.
"Tutto bene?" sospirò guardando verso il basso, gli occhi le ardevano, le presi la mano, le ali fremettero,
"Jazz" rise nervosa lasciandola,
"Sai l'effetto che..." mi avvicinai ancora di più e le cinsi i fianchi,
"Jazz, non è una buona idea, è sempre più difficile trattenermi, lascia che torni" scossi la testa ponendole un dito sulle labbra,
"Non devi nasconderti anche da me" l'abbracciai e una luce soffusa illuminò il cemento opaco.








POV ALICE

Tornammo giù dopo un quarto d'ora, Aiden dormiva ancora come un angioletto, era stato difficile richiudere le ali, e doloroso, barcollavo quasi arrivati alla porta di casa; Jasper mi prese un braccio tenendomi sollevata, mi portò nella nostra camera da letto, ero stremata.
"Alice stai sanguinando" le cicatrici facevano male, Jasper posò la mano sopra la maglietta e sussultai,
"Fa vedere" mi alzai di scatto, non volevo che si preoccupasse,
"Alice" ero troppo stanca per oppormi, tirai via la maglietta, Jasper impallidì per un istante, andai allo specchio e in effetti c'era molto sangue che usciva dalle fessure ma stava già diminuendo, lo sforzo di rimetterle dentro, Jasper svanii e ritornò in un lampo con ovatta e garze.
"Vieni qui" mi sedetti a gambe incrociate sul bordo del letto a seni scoperti mentre lui mi medicava la ferita, nonostante fosse così delicato al minimo sfiorare sembrava che mille aghi mi si conficcassero nella pelle.
"Mi dispiace Ali" gli strinsi l'altra mano,
"Tranquillo, non fa male" cercai di sorridergli,
"Lo sento il tuo dolore" mi baciò la fronte e srotolò le garze,
"Dovevo farlo, lo sai ogni volta che uso i poteri ne avverto la necessità, ma stavolta...ahi..." finito mi massaggiò la parte bassa della schiena,
"Forse è perché non lo fai spesso... non ti fa bene, dovresti anche volare" mi voltai pensierosa,
"Jazz, se non ci hanno mai trovati fin ora è perché ho tenuta nascosa la mia natura angelica, per questo lo faccio" annui serio,
"Lo so, ma vederti sanguinare" gli sfiorai con le dita il ciuffo di capelli biondi sulla fronte,
"Così puoi medicarmi e prenderti cura di me" si protese per baciarmi,
"O forse è una scusa per farmi togliere la maglietta" lo spinsi via, divertito mi guardò desideroso, misi una felpa e mi buttai sul letto abbracciando il cuscino,
"Vieni qui" dissi e si distese accanto a me, un altro giorno era passato, e noi eravamo salvi.




POV Jasper

Erano le 8 ed avevo pochi minuti per evitare il traffico, Alice apparve dallo stretto corridoio del salotto con capotto e borsa alla mano. Aiden assonato ma pronto finì di allacciarsi le scarpe,
"Hai preso il libro di storia?" annuì mettendosi lo zaino in spalla,
"Da un bacio alla mamma" gli scoccò un bacio sulla guancia e virò verso di me,
"Aspetta Alice!" stava per richiudersi la porta dietro quando scattò a velocità sovrumana e mi baciò dolcemente,
"Alicee" Aiden rise,
"Cos'altro ho dimenticato?" adocchiai il frigo, alzò gli occhi al cielo,
"La mamma perde colpi, tu che ne dici?" Aiden scrollò le spalle e mi fissò divertito con quegli occhi profondi e blu,
"Jasper, non provocarmi" ripose il bicchiere vuoto sulla mensola, piccole gocce di sangue gravitavano ancora intorno all'imboccatura. Dovevamo nutrirci costantemente stando così tanto a contatto con gli umani. Fortunatamente Carlisle ci spediva intere scorte di sangue senza destare sospetti.
"Okay, ora vado, ci vediamo stasera" mi baciò la mano e lisciò la guancia di Aiden.
"Okay ometto, si va a scuola anche oggi" dovevo accompagnarlo ed essere dal professore in meno di 30 minuti. Mi rassegnai all'impossibilità della tempistica. Lasciai Aiden davanti all'ingresso e portai la BMW al campus di Boston. In fondo era divertente fare il professore e tra l'altro nella mia posizione di assistente di un rinomato veterano incutevo timore e stupore negli studenti, perché a dirla tutta ero giovane per essere un assistente e sin troppo bravo per essere un assistente. Entrai nell'atrio a sud ovest, quello meno affollato, quella città era enorme e le università contenevano migliaia di studenti, era stato difficile all'inizio, ed in seguito forse di più, ma col tempo, dopo 5 anni le cose andavano bene, riuscivo quasi a ignorare del tutto l'odore degli umani quando non entravano in contatto diretto con me, certo tranne il piccolo incidente di due anni prima. Ma era stato inevitabile aveva detto Alice, e comunque nessuno si era fatto male del tutto e cosa più importante nessuno ci aveva scoperti.
"Professer Hale, salve" una studentessa in iperventilazione a causa dei riscaldamenti portati al massimo mi sfiorò la spalla, mi voltai,
"Si, mi dica" la ragazza aveva un cumulo di libri tra le braccia e probabilmente il borsone altrettanto pieno,
"Non credo si ricordi di me, Jane Allet, corso 7, biomeccanica" mi sforzai di ricordare ma non prestavo troppa attenzione agli studenti, più familiarizzavo più era difficile controllarmi,
"No, scusami" passai al tu perché avvertivo una forte ansia, gli umani provavano delle emozioni amplificate, a volte mi stordivano completamente, le feci anche un sorriso, e si imbarazzò incantandosi per un attimo ma si calmò,
"Sto per discutere la tesi e volevo chiederle se potesse farmi da relatore ecco" dovevo rifiutare educatamente,
"Jasper diamine, dove ti eri cacciato?" Robb Fisher, ortodonzia, un tipo robusto ed espansivo, fin troppo, ma affabile ci interruppe bruscamente, lanciò un' occhiataccia alla ragazza che si defilò,
"Non è carino Robb" socializzare con i colleghi era automatico, in fondo 5 giorni a settimana e per 8 ore ero lì.
"Sei in ritardo" cominciò a camminare euforico facendomi segno di seguirlo, imboccammo il corridoio C e salimmo al 1° piano, stavamo andando nella sala congressi?
"Si" mi guardai l'orologio, la lezione iniziava fra 10 minuti,
"Devo andare in laboratorio o McFinnley mi uccide" Robb aveva 40 anni, ed era di ruolo, un sorrisetto bonario e due occhi grigi che riflettevano la capigliatura brizzolata gli conferivano un' aria un po' cupa ma conoscendolo era l'esatto opposto, sospirò fermandosi,
"E' da McFinnley che stiamo andando, riunione speciale, e non immagini per cosa" arrivammo all'ampia porta vetrata. Guardai Robb ammiccando,
"Beh, dimmelo" quella strana eccitazione ritornò,
"Anticipa il galà quest'anno, a stasera!" fantastico, Alice non l'avrebbe presa bene.






"Christine?" Phoebe arrivò col suo perfetto outfit, i capelli riccioluti e biondo fragola ben raccolti e con quei suoi occhi verdi penetranti. Christine era appoggiata alla ringhiera e osservava gli studenti ai piani sottostanti correre inciampare spintonarsi o chiacchierare immobili intralciando la strada agli altri.
"Devo presentarti una persona" solo allora Christine alzò lo sguardo stanco e tentò di obnubilare la mela morsicata che aveva nella destra, una arcigna signora di mezz'età, con un tallieur grigio era accanto a Phoebe e osservava l'edificio sprezzante,
"Lei è Miss Doudile, sarà la supplente di Geordy per 3 o 4 mesi" la povera Geordy si era rotta una gamba la scorsa settimana, era caduta da cavallo. La donna la fissò indifferente e allungò una mano ossuta e ricoperta di macchie,
"Piacere, Cristal?" Christine si sforzò di sorridere,
"Christine" disse con voce squillante, la donna fece spallucce e si aggiustò una ciocca spiovente di capelli color fango portati a caschetto.
"Se volete scusarmi, i bambini mi aspettano" si defilò.
"Wao" Phoebe rise e si copri le orecchie al suono della campanella stridula,
"Kevan voleva che te la presentassi, è una tipa strana" andarono nella 2F per l'ora di religione,
" Mai quanto te" disse Christine. Con loro sorpresa Miss Doudile era lì, immobile in un angolo a fissare i bambini,
"Scusate, devo aver sbagliato classe" fece per andarsene ma Phoebe la bloccò per un braccio, Christine guardò stupita l'amica, il volto le si era contratto per la rabbia,
"Lo lasci" la donna aveva semi-nascosto un bambino dietro la gonna, guardò Phoebe con aria di sfida ma poi si portò la mano sinistra al petto con aria innocente,
"Dove voleva portarlo?" intervenne Christine per smorzare la tensione, il piccolo AIden restò tra loro tre indeciso sul da farsi, Phoebe si protese verso di lui e gli accarezzò una guancia sorridendo,
"Tutto okay Aiden, torna pure al tuo posto" Miss Doudile cambiò totalmente atteggiamento ma si rivolse alla sola Christine,
"Scusami Cristal, mi avevano detto che questo bambino doveva essere nella mia classe, mi avranno dato una lista sbagliata" sorrise e si recò verso la porta. Una donna alquanto bizzarra.







POV ALICE

Non amavo gli imprevisti, non li avevo mai vissuti né mai capiti sino in fondo finchè non ero diventata quella che ero, quella che sarei sempre dovuta essere, un angelo. Con gli altri e i demoni e poi con Aiden non vedevo le cose chiare e in verità essendo anche Aiden unico non riuscivo a focalizzare mai totalmente il suo futuro, ed era spaventoso non sapere. Adesso ci si mettevano anche gli umani, tutte quelle vite collegate le une alle altre da fili invisibili, tutte quelle visioni che mi si accavallavano in testa, un caotico sciabordio di flash e sussurri, e il cambio di programma di McFinley non lo avevo previsto. Non salutai neppure Josh, il portiere, e mi fiondai subito all'appartamento, erano le 4 di pomeriggio, mi ero defilata dall'ufficio subito dopo la chiamata di Jasper. Non poggiai la mano sul pomello d'ottone che Jasper mi aveva immediatamente aperto, si era appoggiato allo stipite della porta,
"Non funzionano gli occhi dolci" dissi cercando di essere arrabbiata, ovviamente lui non poteva farci nulla ma aveva accettato quel cambio di programma con troppa serenità, mi afferrò la mano mentre impettita mi dirigevo in cucina e mi avvinghiò a sé, si soffiò via un ciuffo di capelli dal viso,
"Nemmeno così?" mi sussurrò all'orecchio baciandolo dolcemente, un fremito mi corse lungo la schiena,
"No" ma non potevo resistergli, da quando ci eravamo trasferiti a Boston restare separati per così tante ore al giorno era una tortura.
"Andrà tutto bene Alice" mi disse mentre cominciai a cercare i numeri delle babysitter nel cassettone di marmo,
"Non ci sono" dissi smettendo di rovistare,
"Oh, hai già visto" sospirai vagliando le possibilità quando all'improvviso mi si illuminarono gli occhi,
"La tua idea ...d'accordo" Jasper mi guardò confuso,
"Edward e Bella, sono andati a Jacksonville da sua madre, c'è anche Renesmee con loro, potrebbero essere qui in 2 ore e badare a Aiden mentre noi andiamo a quella stupida festa" Jasper sorrise,
"Bene, li chiamo...Alice? Tutto ok?" avevo una strana sensazione, in fondo era solo una serata di beneficenza e dovevamo andarci, tra gli umani, non poteva accadere nulla, Jasper aveva il controllo, ed io...
"Qualcosa non va?" scossi il capo, non avevo visto nulla di strano, ero solo persa nei miei pensieri,
"Solo non vorrei coinvolgere Bella ed Edward nei nostri problemi" 5 anni fa era stato un inferno per la famiglia, Jasper mi prese le mani,
"Hey, cancella qualsiasi cosa si avvicini al senso di colpa, è passato ormai, ho vissuto gli anni più belli della mia vita da quando sono con te, e ora che mi hai dato Aiden è tutto ancora più meraviglioso, qualsiasi cosa accadrà l'affronteremo insieme" lo abbracciai intensamente, sentiva l'angoscia che provavo apparentemente senza ragione, non riuscivo a scrollarmi di dosso l'idea che quella serata improvvisa fosse uno sbaglio, ma il tocco di Jasper mi tranquillizzò.
"Vedrai Bella ti farà rimpiangere di non averla "coinvolta" più spesso, è passato almeno un anno e mezzo da quando le hai permesso di venire"
"Già" sospirai, mi mancava, tutti loro.






POV JASPER

Avevo ripotato Aiden a casa un paio d'ore dopo. Fuori pioveva a dirotto, una pioggia densa e pesante che dava fastidio anche a noi. Cominciavo a sentire gli effetti della sete, prima del ricevimento dovevo essere pronto, un bicchiere poteva scheggiarsi, qualcuno ferirsi, scivolare e battere la testa, un incendio o peggio. Fermai il flusso dei pensieri mentre salivamo le scale, no Alice avrebbe visto, se c'era qualcosa che non andava mi avrebbe fatto uscire di lì.
"La zia Bella e lo zio Edward?" domandò Aiden e sentii crescere la sua eccitazione,
"Proprio così" dopo che Alice tornò dal paradiso con nostro figlio in braccio non osavo allontanarmi mai troppo a lungo da loro, la sola ipotesu di perderli ancora mi toglieva il fiato; eravamo rimasti con gli altri per 1 anno, poi il piano di trasferirci a Boston e confoderci tra gli umaniper depistare ogni altro angelo o demone che intendeva perseverare in quella follia.
"Mi ricordo papà" era così intelligente e le sue intuizioni... a volte credevo che leggesse nel pensiero o che stesse sviluppando il dono di Alice, ma effettivamente non aveva poteri psichici, non ancora per lo meno.
"Ne ero sicuro" sentivo dalle sue emozioni che ricordava e che provava affetto sincero nei loro confronti, arrivammo alla porta.
"E sai una cosa, credo verrà anche Renesmee, vedrai quanto è diventata grande" gli diedi un buffetto sulla guancia, sorrise.
"Siamo a casa" sussurrai impercettibilmente, Alice ci aveva sentiti e apparve dal corridoio già perfettamente pronta. Feci scivolare via lentamente la sciarpa mentre la contemplavo, era così bella, aveva scelto un vestito avvitato color cremisi con dei ricami floreali dorati sulle maniche trasparenti. Mi sorrise.
"Sei un incanto" gli fui in un secondo di fronte e le presi le mani, Aiden si tuffò in mezzo a noi,
"Papà non sei geloso? La mamma è troppo carina, tutti le correranno dietro alla festa" i mille campanellini della risata di Alice si diffusero in tutta la stanza.
"Ma io ho occhi soltanto per due uomini nella mia vita" gli baciò i folti capelli neri,
"Ora va a mettere il pigiama" rimasti soli l'attesa cominciava a farsi sentire.
"Saranno qui fra 20 minuti" il suo sguardo si perse nel vuoto per un attimo, il volto corrucciato,
"Che c'è?" andò allo specchio rettangolare dell' armadio a muro del soggiorno, cominciando ad osservarsi e ad aggiustare l'abito.
"Edward ci dirà che dovremmo tornare a Forks quest'estate" mi avvicinai rilassato, le cinsi la vita da dietro baciandole il collo sinuoso e marmoreo,
"Beh, non mi sembra una cattiva idea, mi manca Forks, e a Aiden farà bene, un po' di natura incontaminata, l'oceano, la nostra casa" Alice annuì guardando i nostri riflessi allo specchio, percepivo il suo timore, Boston era stata una bolla protettiva per Aiden.
"Si, hai ragione, credo." Appoggiai il mento sulla sua clavicola muovendo due dita lungo la sua schiena, si rilassò completamente,
"Andrà bene stasera, sarà noioso come tutti gli anni" sorrise stringendosi a me.
Le scie di Edward e Bella cominciammo a percepirle quando il rombo della BMW placcata in nero di Edward si spense del tutto. Jasper aveva indossato nel frattempo uno smoking elegante che gli calzava a puntino, soddisfatta gli sistemai ciuffi biondi ribelli che ricadevano insistentemente in basso. Aiden guardava un cartone nella sua stanza, il vocio del piccolo televisore era un sottofondo piacevole. Presto bussarono alla porta, fu Jasper a precipitarsi ad aprire, per un istante provai timore, cosa avrei detto a Bella e a mio fratello? Come avrei giustificato il fatto di non essermi fatta via da quasi 2 anni. Quei pensieri si affievolirono quando Bella entrò, trovandosi davanti Jasper, gli sorrise estasiata e lo abbracciò baciandolo sulla guancia, Edward entrò dopo di lei e tirò a sé Jasper scoccandogli due pacche sulla schiena, ma Bella venne velocemente verso di me e mi abbracciò con una tale calorosità da farmi venire le lacrime agli occhi.
"Alice mi sei mancata!" disse stringendomi sempre di più, feci altrettanto, ero così felice e allo stesso tempo lacerata dalla consapevolezza di aver fatto passare così tanto.
"Lo so Bella, anche tu, non immagini" Edward e Jasper si avvicinarono, Edward allungò il braccio per arruffarmi i capelli ma bloccai la sua mano a mezz'aria,
"Edward! Non fare l'idiota" lo canzonò Bella lasciandomi andare sicchè Edward potè abbracciarmi come si deve, <> pensai automaticamente e lui scosse la testa,
"Siamo qui, è questo che conta" Jasper sondò le emozioni ma il clima di adrenalina soffocava ogni barlume di negatività; ci spostammo in soggiorno e ci accomodammo sui due divani, sedetti accanto a Bella cingendole il fianco con un braccio.
"So che avete questa cena ma ragazzi dovete raccontarci tutto quello che è successo negli ultimi mesi" mi guardò intensamente,
"SI Bella te lo devo, comunque niente di esaltante"
"La vita da umani è piacevole in effetti, anche se mentalmente stressante" aggiunse Jasper, Edward ridacchiò,
"Come va col controllo?" Edward toccò un tasto un po' dolente ma Jasper non lo diede a vedere,
"Nessun altro incidente, me la sto cavando" solo allora realizzai che Renesmee non era entrata con loro,
"Dov'è Nessie?" Bella mi picchiettò sul ginocchio, non aveva ancora accettato di buon grado quel soprannome,
"A casa" disse lei stupita,
"Perché Alice?" io avevo sentito l'odore di un mezzosangue,
"No credevo, mi sono sbagliata, ci sono molti odori, troppi qui"
"Zia Bella e zio Edward!" Aiden comparve silenzioso dalla cucina, in pigiama, Edward si alzò e lui gli corse incontro salendogli in braccio, era eccezionale come il suo affetto non fosse stato scalfito dalla distanza e dal tempo,
"Accidenti, se sei cresciuto e sei pesante!" Edward fece finta di cedere e solleticò Aiden rimettendolo giù,
"Un bacio, vieni qui!" Bella gli prese il visino tra le mani soffermandosi a guardare i due grandi occhi blu,
"Più cresce più ti somiglia Alice, è straordinario" Jasper venne a sedersi accanto a me sorridendo,
"Mamma mamma posso far vedere a zia Bella il regalo che ho comprato a Renesmee?" Bella si illuminò curiosa, annuì, Aiden era davvero un bambino dolce.
"Allora Alice" Edward tornò a sedersi di fronte a noi mentre Bella ed Aiden sparirono in corridoio,
"Ancora nulla?" sapevo cosa intendesse dire, Aiden non aveva sviluppato nessuna capacità psichica, non era veloce o forte come Renesmee alla sua età, lui era diverso.
"Capisco, ci vorrà tempo, comunque nessuno può sapere cosa accadrà, volevo solo portare un aggiornamento a Carlisle" Jasper mi prese la mano,
"Parla dei poteri di Aiden" si rilassò, Jasper voleva credere che rimanesse un bambino per sempre.
"Cosa succede a Forks?" chiese,
"Oh nulla, in effetti proprio nulla, I Cullen penso che fra un po di anni si trasferiranno, beh, ci trasferiremo, io e Bella pensavamo di venire a stare a Boston" Jasper notò l'impennata del mio nervosismo,
"Qui? Edward può essere pericoloso, lo sai bene fosse per me..." lui la ignorò entusiasta,
"Potremmo affittare il monolocale accanto al vostro" deglutii, certo avere la famiglia più vicina avrebbe giovato a tutti e anche a Aiden, ma l'idea di esporci mi paralizzava.
"E' tardi" annunciò Jasper per smorzare la conversazione anche se in effetti era l'ora giusta per andar via, un quarto alle 19.
"Edward ha ragione, avremo tutta la notte per parlare, lasciali andare" disse Bella tornando dalla stanza di Aiden, Edward guardò Jasper di sottecchi ma sorrise, non sarebbe finita lì, ecco ciò che pensava, una caratteristica comune della nostra famiglia era la testardaggine.
"Sei uno schianto" disse Bella abbracciandomi per la 30esima volta e guardando il vestito color cremisi, stava migliorando in fatto di moda ma ogni cosa che indossavo o le facevo indossare le sembrava perfetta, anche se era così in realtà. Sorrisi compiaciuta. Prendemmo i cappotti e ci fiondammo fuori dall'appartamento.
"Ciao teosoro!" esclamai richiudendo la porta, la voce flebile di Aiden risuonò per le scale.

"Nulla degno di nota?" Jasper mi scosse leggermente la spalla, eravamo in auto, nella sua mercedes grigia, la porche era troppo appariscente e avrebbe attirato l'attenzione. Stavo cercando di vedere, cercando per la precisione, troppi umani, troppi particolari irrilevanti, e noi al centro di quel caos, gli eventi ci scivolavano addosso ma non vedevo nulla con chiarezza. Niente di negativo però, né sangue né uccisoni né incidenti, per lo meno.
"Direi di no" dissi, lasciai scivolare la mano vicino al cambio e Jasper l'afferrò stringendola tenendo gli occhi sulla strada. Arrivammo al galà, una mera ostentazione di baldanza di un vecchio e rinomato accademico anche se si trattava di una vera e propria raccolta-fondi per la ricerca delle staminali. La sala era ampia e moderna, tavoli di vetro con un ricco buffet circondavano l'intero perimetro, tende color avorio e un pavimento di marmo lucido nonché il soffitto bianco creavano una luce intensa, sembrava pieno giorno. L'ambiente non era spoglio, statue e composizioni floreali dorate e cremisi si alternavano e una piccola fontana in marmo al centro stillava acqua multicolore grazie ai led al suo interno, due putti erano appoggiati ai bordi e si proiettavano all'interno della fontana ove un piccolo obelisco ingrigito di allungava per 3 metri. Ogni anno il professore sceglieva un posto diverso, e dovevo ammettere che aveva buon gusto. Jasper e io ci presentammo al cerimoniere che diede una fugace occhiata alla lista degli invitati e ci lasciò entrare nella sala. Diversi camerieri svolazzavano in giro tra gli ospiti con vassoi tintinnanti di champagne. Prendemmo le nostre due coppe di scena.
"Ahh, ci sono proprio tutti" sussurrò Jasper sconsolato, tra gli ospiti agghindati a dovere e superbi vi erano molte facce note anche a me. Caroline Woof , un'arpia arcigna e vendicativa, direttrice della biblioteca di fisica; Joel Krimmel ingegnere altezzosa e minimalista, Alfred Roote un leccapiedi assistente del professore ma mai apprezzato quanto Jasper. E poi orde di anziani decrepiti chirurghi e accademici imbellettati e bramosi di ascoltare il discorso iniziale.
"Jasper Hale!" un vocione bonario giunse dalla nostra sinistra, io e Jasper ci voltammo in sincrono, ecco la faccia asciutta e austera di quell'uomo mi era nuova, le sue fattezze burbere contrastavano col tono di voce affabile. L'espressione di Jasper si allargò in un sorriso e gli strinse la mano, poi indietreggiò parandosi di fianco a me, i piccoli occhi grigi dell'uomo di posarono su di me attenti,
"E lei deve essere Alice" sorpresa che conoscesse il mio nome gli sorrisi,
"Onorato di conoscerla" disse baciandomi la mano, guardai Jasper curiosa,
"Sono Robb, Jasper non ti ha parlato di me? Posso darti del tu?" annui,
"In verità si, ma non ti avevo mai visto alle cene degli anni passati" l'uomo si scrollò le spalle,
"Fatalmente indisposto ogni anno, ma questa volta voglio proprio godermela" spostò lo sguardo su un pelato che armeggiava con le tartine al foigroi.
"Alice, sei un angelo, Jasper parla di te in un modo, non ho mai visto un uomo così innamorato" se avessi potuto arrossire in quel momento l'avrei fatto, Jasper ridacchiò colpendo con un leggero pugno la spalla di Robb.
"Sono fortunata" dissi ammirando il viso marmoreo di Jasper e perdendomi per qualche secondo,
"Di sicuro lo siete entrambi, e so che avete un figlio?" non sapevo il perché ma sentivo che di quell'uomo ci si poteva fidare.
"Si ha quasi sette anni" l'uomo sospirò,
"Voi siete giovani, godetevi questi momenti il più a lungo possibile, tutto svanisce in un battito di ciglia" sorrise mesto e si congedò. Il rettore fece il suo ingresso in scena con aria sin troppo compiaciuta, indossava un frak molto datato ma sfoggiava una tale padronanza di sé e una tale eleganza da destare l'ammirazione dei presenti in sala, Jasper sospirò,
"Devo assistere il professore prima che incappi in qualche figuraccia non ricordando i nomi del rettore e di tutta l'amministrazione" mi lisciò la mano e si allontanò. Tutti gli anni il compito di Jasper era quello, essere efficiente e carismatico, certo il suo potere rendeva irresistibile fare conversazione con lui, il professore era un uomo colto e perspicace e sentiva che c'era qualcosa di speciale in Jasper e ne aveva paura in un certo senso. Mi avvicinai ai tavoli di cristallo ove era allestita ogni sorta di vettovaglia; ostriche e caviale, altro vino e chamapagne, crostini con varietà di creme e patè, piccoli sformati, insalate, tartare, e poi frutta di ogni tipologia e profiteroles al cioccolato bianco e fondente. Presi un piattino riponendovi qualche antipasto. L'odore invitante che mi turava le narici era un altro però, un uomo in desabigliè con un enorme sorriso stampato in faccia era proteso verso il tavolo frapponendosi davanti a me cercando di agguantare una tartina al salmone. Era giovane, atletico e aveva un ottimo odore. Per fortuna avevamo bevuto doppia razione quella sera.
"Non sanno più cosa inventarsi! Insomma roba già vista questa" fece un gesto plateale indicando le portate, eravamo gli unici vicino a quel tavolo, e in realtà il tavolo a pochi metri da noi contava innumerevoli avanzi di tartine al salmone.
"Sono Luke Evans, dipartimento di manegement B2" gli strinsi la mano, sorridendo a mia volta,
"Alice Cullen" sorrisi e l'uomo bevve una lunga sorsata di vino senza staccarmi gli occhi di dosso,
"Lei è nuovo, non l' ho mai visto a queste serate, eppure gli invitati sono immancabilmente gli stessi e così pochi" la sala era immensa ma c'erano poco più di 80 persone, 80 ricchissime persone.
"Si ecco, sono stato assunto quest'anno, ma ti prego dammi del tu" annuì, avevo il piattino di antipasti in mano ed ero vicino al buffet, Luke mangiava, così dovetti fare altrettanto per non dare nell'occhio. Era strano e spiacevole ingerire del cibo ma anche a Forks in caso di necessità eravamo costretti a farlo, lo stare male per un po' dopo era spiacevole.
"Allora, sei da sola? Che dici se ci allontaniamo da questi boriosi ricconi e andiamo in terrazzo?" sorrisi, sorrisi perché sentii i passi veloci di Jasper attraversare la sala e il tocco della sua mano sul fianco, mi cinse la vita stringendomi a sé con forza, il messaggio era chiaro, lei è mia. Alzai gli occhi per guardarlo, fissava Luke divertito e allo stesso tempo incredulo che ci stesse provando con me mentre lui era a pochi passi.
"Tesoro non mi presenti il tuo amico?" feci le presentazioni e soffocai a stento una risata, Luke era terrorizzato, si defilò in pochi secondi affermando di avere un'accompagnatrice che lo attendeva. Jasper mi roteò in modo che gli stessi di fronte, cominciammo una gara di sguardi,
"Era affascinante" dissi canzonandolo, mi tirò a sé premendo sulla mia schiena,
"Mmm davvero?" avvicinò le labbra al mio orecchio,
"Adesso dovrò dargli la caccia" gli afferrai la cravatta,
"Gli umani ci trovano irresistibili, non posso farci nulla" ridacchiò, gli strinsi il nodo, mi afferrò di colpo la mano baciandola delicatamente,
"Tu sei irresistibile mi sorprende che tutti quelli che respirano qui dentro non ci abbiano provato" lo baciai fugacemente,
"Sta zitto"
Passarono pochi minuti e Jasper fu richiamato da una voce burbera e roca, il professore era tornato, ci sorrise e mi fece qualche domanda di cortesia. Jasper doveva seguirlo per intrattenere alcuni avvocati, lo guardai comprensiva. La sala era ampia e una piccola porta in fondo dava ad un salotto angusto che promanava un forte odore di moquette disinfettata, lo avvertivo da lì, si erano appartati in quella stanza. Stanca di vedere cibo e nauseata da quello che ero stata costretta a ingerire decisi di allontanarmi e mi fermai vicino alla fontana di marmo grigio. Torme di galantuomini e dame si accalcavano da ogni lato ma riuscii a ritagliarmi un angolino vuoto e lontano di qualche metro da loro. Avevo mal di testa, stralci di visioni ogni tanto mi obnubilarono la vista, nulla di chiaro, nulla che potesse avere un qualche significato. Riconoscevo sporadicamente dei vestiti e dei volti guardandomi attorno, frammenti di futuro di sconosciuti. Non vedevo l'ora di tornare a casa, amavo i galà, quando io e Jasper vivevamo a Philadelphia, quando gli umani lasciavano le feste o ne rimanevano così pochi da non costituire un problema ci infiltravamo e ci godevamo la musica e le sale addobbate. Ma stasera avevo una sensazione spiacevole, sin dall'inizio.
"E' affasciante" mi voltai piano in direzione della voce, un uomo alto vestito interamente di nero mi scrutava attento appoggiato al margine della fontana, si avvicinò, i capelli perfettamente lisci e lunghi fino alle spalle, tirati indietro con un fermaglio, di un castano molto intenso, aveva un odore bizzarro, non così gradevole. Il cuore pulsava veloce, si allargò il colletto della camicia.
"Mi scusi?" dissi continuando a osservarlo, lui corrugò appena le labbra in un sorriso, aveva gli occhi scuri e la carnagione olivastra. Un volto irridente che metteva a disagio.
"E' affascinante guardarli, tutti ingessati in luridi completi da migliaia di dollari, vagano riempendosi di cibo e alcol da un lato all'altro di questa stanza" posò il calice colmo di champagne,
"Senza uno scopo, o meglio si illudono di averlo, di avere il controllo, ma non è così, sono creature inferiori, perché le ha create, bella domanda, scommetto che te lo sei chiesta anche tu" si avvicinò così tanto da arrivare a sfiorarmi il viso, un profondo disagio invadette il mio corpo, fui paralizzata, la persona che mi stava di fronte, non era una persona.
"Loro non sanno, non sanno nulla, e lui li vuole così, ma credimi è meglio sapere una verità scomoda, loro non sanno quello che gli accadrà" continuò a guardarmi negli occhi, la sua voce era vellutata e morbida, avvicinò le labbra al mio orecchio, un brivido di disgusto mi attraversò impercettibilmente,
"E tu lo sai Alice che cosa accadrà?" immobile, la stanza, il vociare, tutta quella massa di corpi caldi sparirono per me, buio e paura e quel demone che mi stava davanti ancora proteso verso di me, smisi di respirare, smisi di pensare, la mano destra appoggiata al bordo della fontana si serrò automaticamente, un forte scroscio e avverti la pietra sgretolarsi tra le mie dita, sussultai,
"Rilassati tesoro" mi sussurrò ancora all'orecchio, respirava piano, sentivo il suo respiro sul collo poi si tirò indietro,
"Non vorrai dare spettacolo di fronte a tutti questi umani" riprese il calice e ne bevve un sorso poi lo spezzò in due scagliando i resti sul tavolo, nessuno sembrò accorgersene, mi fece cenno di guardare nel vetro della finestra alla nostra sinistra, abbassai subito lo sguardo, le iridi baluginavano di azzurro.
"Uccidere tutti questi inutili esseri, questo allieterebbe la serata...ma non sono qui per questo" cercai di ricompormi, aprii la mano lasciando cadere la polvere del marmo a terra.
"Perché sei qui?" dissi monocorde, mi sembrava di osservarmi da fuori, una me che restava lì immobile a mantenere il controllo e una me che saettava da tutte le parti in cerca di Jasper per scappare.
"Oh dovevo trovarti, e direi di esserci riuscito" battè le mani sorridendo,
"Non seguirmi" mi guardò intensamente poi si voltò, avrei voluto fermarlo, saltargli addosso, seguirlo, ma non avevo metabolizzato la situazione. Mi appoggiai al marmo tornando a respirare. Jasper. Dovevo trovarlo. Aiden. Bisognava tornare a casa e ...e...fare qualcosa. Ma prima bisognava andare da lui, proteggerlo. Sapevano, sapevano dov'era la mia famiglia. Muoviti Alice. Lo sciabordio delle voci e la musica soffusa tornò a investirmi come un'onda. Mi imposi di camminare piano, osservavo con foga tutti, puntai al salotto. C'era molta più gente dovetti spintonare per farmi largo, poi lo vidi, Jasper mi stava venendo incontro confuso ma anche consapevole, sapeva che c'era una creatura sovrannaturale oltre noi e percepiva quanto fossi sconvolta. Mi fermai a pochi passi da lui e lui fece altrettanto, pochi secondi e comprese. Scattò verso di me e mi prese per mano conducendomi all'uscita d'emergenza che dava su una scala di ferro. L'aria fredda della sera fece circolare il sangue, cominciai a pensare lucidamente.
"Ci hanno trovati" dissi portandomi una mano alla tempia, non avevo visto il demone, avevo solo quella sensazione, ma non avevo previsto nulla,
"Come?" Jasper appoggiò le mani alla ringhiera guardando di sotto,
"Non lo so, non ho visto...nulla" neanche se ci avessero spiati o quando lo avevano scoperto, perché tutto questo potere e non riuscivo a vedere una cosa di fondamentale importanza.
"D'accordo, lo troverò e ..."
"Jazz, dobbiamo tornare da Aiden " gli presi entrambi i polsi e li strinsi forse con troppa forza, provavo una rabbia dirompente, perché non avevo fatto nulla, non avevo previsto nulla, il nulla, mi sentivo così impotente.
"Va bene... Alice non preoccuparti, prima o poi sarebbe potuto succedere" lo lasciai portandomi una mano sul viso,
"No no, se solo l'avessi visto, se non fossimo venuti stasera, io lo sentivo ma non avrei mai immaginato che...." cominciai a vagare in quel piccolo pianerottolo quadrato, Jasper mi bloccò tra le braccia,
"Hey hey, non è colpa tua... non puoi vedere ogni cosa, tesoro ce la caveremo, ora andiamo a casa dobbiamo avvertire gli altri" distolsi lo sguardo da lui per scrutare il futuro, Edward e Carlisle ci avrebbero dissuaso, ma il loro piano non mi convinceva. Jasper mi carezzò la guancia riportandomi al presente. Sospirai e lo abbracciai,
"Sono terrorizzata" dissi in un sussurro, Jasper si irrigidì, sapevo che sentiva ciò che provavo, volevo emanare controllo e fiducia ma proprio non ci riuscivo. Mi strinse più forte.
"Anch'io Alice, anch'io."

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