Alleanze

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POV ALICE

Passò qualche giorno prima che Jasper ritornasse, Edward aveva detto a Bella cos era accaduto e lei si era precipitata a Denali pur dicendo di volersi solo assicurare che stessi bene. Kate Eleazer e Carmen non facevano domande per loro potevamo restare fin quando lo avessimo voluto. Vidi Jasper tornare e andare a parlare con Edward, voleva sfogarsi ed ogni parola che avrebbe pronunciato, nella mia visione, scavava dentro di me una voragine sempre più profonda. Aspettai che accadesse e poi andai a caccia. Bevvi avidamente fino ad avere la nausea, lo stress era tanto e dovevo sfogare la tensione in qualche modo. Bella quella sera mi corse incontro, un misto di rassegnazione e preoccupazione sul suo volto.
"Jasper sta andando a Forks da Aiden" tornare lì non mi sembrava la mossa più prudente per noi,
"Non mi parla da giorni, ma qui si tratta anche di Aiden" dissi nervosa,
"Alice " Bella mi frenò per un braccio,
" Non m importa, Aiden è anche mio figlio, vuole evitarmi per il resto del nostro tempo, bene, ma Aiden non c'entra nulla e se restasse a Forks, sarebbe pericoloso" Bella annuì lasciandomi; che Jasper non volesse parlarmi e che avesse deciso di andarsene era....era... la reazione più giusta ma non l accettavo. Prima di entrare in casa restai fuori a respirare profondamente, non volevo litigare ancora né creare un altro muro. Salutai con un cenno gli altri e salii di sopra. Lo strascichio delle cerniere sul tessuto della valigia mi mise i brividi. Bussai appena. Il rumore si fermò.
"Possiamo parlare?" dissi entrando, Jasper restò a fissare la valigia ancora chinato e poi si sollevò,
"Per favore" incrociò le braccia, evitava di guardarmi,
"Bella mi ha detto che vai a Forks" annuì,
"Io... credevo che avremmo fatto tornare Aiden qui, è più sicuro" sospirò aprendo la finestra, una folata di vento gli spostò i capelli biondi, il suo profumo vagò in tutta la stanza, avrei voluto afferrare quei ciuffi morbidi e stringerlo.
"Nessun posto è sicuro, Aiden ne ha passate troppe, cambiare di nuovo, è troppo per lui, mi occuperò io di lui" sedetti sul letto, che dolore comprendere che non mi voleva con lui, chiusi per un secondo gli occhi e sapevo che in quel momento mi stava guardando e stava sentendo.
"Io voglio stare con lui" dissi con voce rotta,
" non ti impedirò di vederlo, non voglio questo, ma i demoni torneranno"
"E chi mi sta vicino soffre in qualche modo" sussurrai consapevole,
"Aiden ha bisogno di tranquillità" un'ondata di rabbia, di rabbia verso i demoni e gli angeli e mia madre e Sean e me stessa mi attraversò calda e dolorosa,
"Io sono sua madre, ha bisogno di me" gli occhi mi fiammeggiavano Jasper restò irretito per un attimo, mi ero sollevata, i quadri cominciarono a tremolare sulle pareti, Indietreggiai voltandomi, dovevo calmarmi. Jasper afferrò la valigia.
"No ti prego Jazz...mi dispiace..." mi passò inevitabilmente vicino e ci sfiorammo, sulla soglia, gli afferrai un braccio, fu quasi congelato al contatto, mi fissò la mano, soffriva forse più di me nel mantenere quel comportamento, compresi che dovevo lasciare che si allontanasse, gli rendevo tutto più difficile in quel modo e nonostante tutte le cellule del mio corpo mi spingessero a trattenerlo, mollai la presa appoggiandomi stanca di tutto allo stipite della porta.
Il giorno stesso Jasper partii, bramavo dalla voglia di rivedere Aiden e non potei aspettare più di altre 24 ore. Dovevo trascorrere qualche ora con lui e sarei stata meglio. Il mio fisico si era ripreso in fretta dalla ferita, nonostante si fosse trattata di una lama infernale. Sean mi aveva spiegato che era semplice acciaio ma incantato con formule e glifi tra i più antichi e oscuri, per questo era in grado di ferire le creature soprannaturali. E nonostante avessi perso un bambino. E nonostante ricordare quello che era successo e il viso del demone che l'aveva provocato e di come mi avesse ingannata mi faceva ribollire il sangue, io mi ero ripresa. Lo speravo. Bella venne insieme a me, voleva sostenermi e ultimamente mi seguiva come un'ombra. Tornare a Forks fu una boccata d'aria in ogni caso, tutti i problemi e il caos non sfioravano la piccola cittadina di montagna. E rivedere la casa, la mia casa per tanto, tantissimo tempo, mi riempì di adrenalina. Tempi andati, passati ma così limpidi nella mia testa, quando le preoccupazioni erano per la scuola e gli umani, quando i vampiri erano la cosa più strana che potesse esistere. Il piccolo cuore accelerato di Aiden lo avvertivo da fuori. Stava scendendo in veranda con Esmee, lo teneva per mano. Nonostante fossero passate appena due settimane mi era mancato più di quanto potessi realizzare, nel momento in cui ascoltai i battiti del suo cuore e annusai il suo profumo e vidi i folti capelli che quasi gli cadevano sulle spalle e gli occhi blu oceano. Jasper restò appoggiato ad un pilastro del porticato semi-nascosto, era uscito per vedermi, o per non proiettare il nostro allontanamento su Aiden, ma lui era un bambino attentissimo e avrebbe capito di certo; gli lanciai un'occhiata fugace ma mi concentrai intensamente su Aiden. Non riuscivo a contenere il sorriso sulle mie labbra. Lui mi guardava serioso. Era ancora arrabbiato. Quando fu abbastanza vicino mi accovacciai e lo strinsi forte, più forte che potei, ricambiò flebilmente l'abbraccio.
"Tesoro, mi sei mancato tanto" gli accarezzai la guancia, cercava di evitare il mio sguardo, proprio come a Denali.
"Aiden, piccolo sono qui ora, parlami" scosse il capo,
"No, va via" e scatto a velocità impressionante all'interno, Edward che stava uscendo lo scansò per poco, ero scioccata, per quelle parole e per il fatto che le sue capacità da vampiro si stessero manifestando. Esmee mi poggio' una mano sulla spalla. Mi disse di entrare e parlammo, Edward e Bella si unirono per aggiornarsi sugli ultimi avvenimenti, Jasper era corso dietro ad Aiden.





POV JASPER

Raggiunsi Aiden nella sua camera, a sera inoltrata, era supino sul letto a fissare il soffitto, avvinghiato ad un cuscino e nervoso. Sedetti sulla sponda del letto sospirando.
"Cosa ci eravamo detti?" gli poggiai una mano sul ginocchio, si voltò dall'altra parte,
"Aiden lo so che sei arrabbiato per questa situazione ma la mamma ha bisogno di te" era come se Aiden percepisse che qualcosa non andava fra noi e che questa volta era qualcosa di grave. Pensare ad Alice era doloroso e non volevo vederla ma avevo visto e sentito il suo cuore incrinarsi quando l'avevo allontanata, quando avevo preso la valigia e ora che suo figlio non voleva rivolgerle la parola. Un ammasso di crepe su quel cuore strano e miracoloso. Scacciai via l'immagine di lei.
" Non mi hai ascoltato e nemmeno tu, dovevo restare con voi" si voltò, mi fissò in attesa,
"Si" era la verità,
"Ma era troppo pericoloso, lo abbiamo fatto per proteggerti e ora siamo tornati Aiden, è finita. E' inutile serbare rancore adesso. Non ti manca la mamma?" quelle parole mi risuonavano in testa, giacchè era la stessa cosa che stavo facendo io. Aiden restò in silenzio per qualche minuto, poi annui e una piccola lacrima gli rigò la guancia.
"Si, tanto.... D'accordo vado da lei" la sua rabbia si spense come se avessi gettato un secchio d'acqua. Era buono e non riusciva a far soffrire Alice, avrei desiderato riuscire a perdonare anche io così. Piano camminando sulla moquette andò alla stanza che un tempo fu mia e di Alice, Esmee le aveva detto che non la usavo e poteva restare lì per stanotte. E poi. Non sapevo cosa avrebbe fatto. Ma dalla nostra conversazione aveva compreso che dovevo stare lontano da lei e con Aiden qui a Forks. Aiden entrò furtivo senza bussare, lasciò uno spiraglio sufficientemente largo e potei guardare. Alice era seduta sulla poltroncina di fronte allo specchio rettangolare, si guardava, gli occhi cupi e spenti. Appena avverti la presenza di Aiden si voltò sorpresa. Lui sedette a gambe incrociate sul bordo del materasso mordicchiandosi il labbro.
"Scusa mamma" Alice si inginocchiò davanti a lui, aveva una camicia da notte color ocra, riluceva alla luce delle candele. Gli prese il viso tra le mani e lo asciugò perché lei non si era trattenuta e Aiden di riflesso non potè evitare di seguire le sue lacrime.
"Non volevo renderti così triste" Alice lo abbracciò dondolandosi,
"Ma no Aiden, io sono felice, troppo felice di stare con te, per questo..." Sedette accanto a lui sistemandolo in braccio,
"Sono una sciocca" lui rise e appoggiò la testa al suo seno,
"Mi sei mancata anche tu" lei gli carezzò i capelli.
" Aiden, però... io...io non posso stare sempre qui... " lui si scostò guardandola perplesso, lei non sapeva cosa dire, forse sarei dovuto entrare e aiutarla ma nostro figlio la fisso' per qualche secondo e comprese quanto fosse difficile per lei stargli lontano e che era costretta, perché e perché fossi io non lo capiva ma non poteva incolpare Alice.
" Ma ci vedremo?" lei indietreggiò flettendosi sul letto e accoccolandosi con lui,
"Certo, verrò tutti i fine settimana e passeremo tutto il giorno insieme" lo baciò,
"Che ne dici se ti leggo una storia, come un tempo, si pulce?" entusiasta Aiden annui saltando sul materasso lei fece fluttuare un libro dalla mensola sino alle sue mani sotto lo sguardo estasiato di Aiden.
"Bene...comiciamo".





POV ALICE

Era trascorso quasi un mese, facevo le mie visite sporadiche a mio figlio e passavo del tempo col lui, era poco almeno mi sembrava sempre così poco tempo ma almeno potevo vederlo. Se le acque si fossero calmate abbastanza forse Jasper avrebbe permesso che venisse a stare con me a Denali per un po'.
"Alice non lo farà, lo vedi chiaramente" Edward mi fece sobbalzare, persa nei miei pensieri, seduta sulla panchina del bosco di aceri non l'avevo sentito arrivare.
"Ti prego Ed lascia che i pensieri vaghino senza sosta nella mia mente senza che qualcuno vi frughi" sedette accanto a me con le mani in tasca. Faceva ancora freddo, anzi il freddo di gennaio era estremamente pungente, la neve era sparsa ovunque e il ghiaccio ricopriva i gradini di pietra, le panchine e il selciato nonostante Kate avesse gettato molto sale. Aveva molta cura del suo giardino.
"Io credo che il tempo risolverà le cose" disse serafico, respirai a fondo, io ed Edward litigavamo spesso ma sempre per gioco, in fondo lui era l'unico che potesse capire, almeno un po', cosa comportasse vedere e sentire cose continuamente, senza tregua. Ma adesso non riusciva a capirmi. Io non volevo tempo, di quello ne avevo, in abbondanza, infinito. Io volevo....volevo....fare qualcosa.
"Alice non puoi fare nulla, sorellina, ti serve pace" mi prese sotto-braccio,
"No Edward, sono così inquieta... Io ho bisogno di uno scopo, e voglio capire perché mi è successo tutto questo" abbassò lo sguardo,
"Quello che hanno fatto i demoni, è stato mostruoso, Alice... lo so bene, tu vuoi delle risposte ma cercare vendetta non ti aiuterà, io l' ho sperimentato e uccidere per desiderio non colmerà il vuoto che hai dentro" mi sollevai di scatto arrabbiata,
"Loro hanno fatto del male a me e alla mia famiglia, in questi anni ci hanno tormentati e spiati, sono stata ferita, rapita, avvelenata.....stupr....Edward.... ho perso un bambino e Jasper... non venirmi a dire cosa non posso fare" mio fratello si passò una mano sul viso, non sapeva cosa dire, e il fatto è che non c'erano parole.
"Sono stata inerte per troppo tempo, dovevo cercarli da subito..." feci qualche passo verso l'acero più grande, la corteccia bianco latte e le foglie color mogano. Appoggiai una mano sul tronco, le sporgenze irruvidite assumevano quasi la forma di un volto umano.
" Anche se ci volesse molto tempo, io li troverò" Edward si avvicinò,
"Alice, so che non vuoi il nostro aiuto, so che è una cosa che devi fare da sola, ma pensaci, se ci volessero mesi e mesi o anni" continuai ad accarezzare la corteccia.
"Non m'importa quanto tempo ci vorrà" mi voltai, aveva uno sguardo sofferente, voleva così tanto che trovassi pace che le cose si risolvessero e che fossi felice,
"E Jasper, Aiden?" ogni volta che pensavo a Jasper era come se spilli accuminati penetrassero il mio cuore,
"Andrò sempre a trovare Aiden, Edward sta tranquillo non sparirò... lui è al sicuro a Forks con Jasper e sa cosa non va, non gli fa bene vederci così...siamo i suoi genitori eppure non l ho mai sentito così distante e freddo come ora... non so neppure se riuscirà a perdonarmi, ma io lo amo e se starà meglio senza di me...io..." le lacrime cominciarono a sgorgare senza controllo, Edward di riflesso mi abbracciò,
"Oh Alice, mi dispiace vorrei poter fare qualcosa... ti voglio bene sorellina e mi addolora vederti in questo stato ma sono fiducioso che andrà tutto bene nonostante ora sembri tutto nel caos".

Andai nella foresta per sgranchirmi le ali, gli umani non potevano vedermi a quell'altezza, leggeri ululati riempivano il silenzio, era quasi il tramonto e il cielo arancione era caldo e confortante. Potevo mettere in pausa la mia vita lassù, volare era sempre appagante, ogni volta sembrava la prima. La mia mente si fletteva e svuotava in pochi attimi. Poi ritornando a terra con la gravità a premere erano anche i pensieri. Annusai l'aria, qualche caribù pascolava nei dintorni. Ma non avevo sete. Massaggiai le ali calde e vigorose, me le avvolsi intorno a mo' di coperta. Che silenzio, anche da giù circondata dagli abeti torreggianti era piacevole, nonostante la gravità. Stavo per spiccare di nuovo il volo quando un sibilio seguito da una vocina appena accennata pronunziò il mio nome. Mi voltai in allarme, semi-nascosta dal grosso tronco le ali bianche dell'angelo rifulgevano nel verde e ramato della foresta. La mia reazione fu istintiva, prima che potessi pensare le mie mani si protesero in avanti e una folata di vento la scaraventò a terra davanti a me, strinsi le dita, il volto grazioso e rosato di lei si contrasse, si portò le mani alla gola, strinse con forza i riccioli alla base, ansimava, soffocava. Le ali sbattevano impotenti.
"N-no A...Alice aspetta..." quegli occhi grandi e dorati mi supplicavano. Le parole di Edward mi risuonarono in testa. Non ero un'assassina, non così, senza alcun motivo. Abbassai il braccio e indietreggiai non perdendola d'occhio. Lei prese fiato boccheggiando, ancora accasciata a terra mi guardò stupita.
"Alice...sono Phoebe..." disse massaggiandosi la gola,
"Lo so chi sei... cosa vuoi? Ti hanno mandata gli anziani?" si tirò su esausta. Notai chiaramente che non indossava una tunica o una veste ma degli abiti da mortale, dei jeans e una camicia rosa cipria. Strano.
"Cosa? No, non mi ha mandata nessuno... io non ricevo ordini da loro, almeno non più" flettè le ali e le ritrasse,
"Sta tranquilla non ti farò del male....beh non che ne sia in grado...i tuoi poteri sono davvero..." la interruppi, non volevo ascoltarla, non volevo parlare.
"Devo andare" mi sollevai in volo, a pochi metri da terra,
"Io so cosa vuoi fare, Alice, posso aiutarti" tornai a terra,
"Sei arrabbiata con me?" mi stava davvero chiedendo questo, cosa aveva in mente? Scesi a terra con un tonfo, ritrassi anche io le ali.
"Sono stanca delle vostre intromissioni, vuoi portarmi da qualche parte o vuoi che faccia qualcosa per te?" scosse il capo costernata.
"Ascolta, io so che gli anziani ti hanno fatta soffrire, so quanto siano egoisti tutti loro, si proteggono invocando il Bene Superiore che è nelle loro mani, si giustificano e non agiscono quando invece dovrebbero. Io sono stata cacciata dal Paradiso, sono una caduta, non sono più al loro servizio" annuì sospettosa,
"Non capisco, non hai risposto alla mia domanda, cosa vuoi da me?" sospirò,
"Ti ho risposto Alice, so come aiutarti, tu vuoi rintracciare Eleonor e gli altri, per fare giustizia, e io voglio aiutarti" scossi il capo,
"No no, come fai a sapere....anzi no non dirmelo, non voglio avere nulla a che fare con te, che tu sia un angelo o non più....è una cosa che farò da sola" cominciai a camminare. Mi seguiva.
"Va via per favore, non costringermi a ..." impettita mi si affiancò,
"Alice, io sono dalla tua parte, sono stata io ad avvisare Jasper" mi bloccai sentendo il suo nome,
"Si e non hai fatto niente per fermarli e per evitare che gli anziani mi prendessero..." abbassò lo sguardo,
"Mi dispiace, davvero, non ne avevo il potere, avrei tanto voluto" mi pose una mano sulla spalla, il contatto con un angelo era sempre così confortante e appagante, mi scostai però,
"Lo so cosa stai passando" risi nervosa,
"Tu non hai idea di quello che sto passando" sospirando cominciò ad avanzare, era molto agitata,
"Mi sono espressa male forse, voglio dire che posso capire almeno un po' come ti senti. Alice io sono una protettrice o angelo custode come provano a definirmi gli umani. Il mio compito è stato da sempre proteggerli, siamo tanti e in ogni dove e ci è concesso di scendere tra i mortali e confonderci fra loro per controllare la situazione, per sorvegliare questo mondo." Ero perplessa, ma aveva destato la mia curiosità non la interruppi e ascoltai attenta.
"Ho lavorato a stretto contatto con gli anziani per molti secoli, li tenevo aggiornati su quello che accadeva nel sottomondo, le guerre e i danni che l'uomo procurava ma anche la loro intelligenza, le loro creazioni, i loro pregi. La mia vita era appagante e ricca di esperienze, mi piacevano gli umani. Ma non potevo prevedere quello che mi accadde. Un giorno ero in mezzo alla folla sgusciante di New York, su delle strisce pedonali e camminavo assimilando tutti i rumori del traffico, tutta quella vita e quei rimbombi, guardavo ciascun volto che mi passava frettolosamente davanti con letizia, erano tutti meravigliosi a modo loro e tutti diversi ma provavo per loro lo stesso identico affetto. Eppure all'improvviso un volto mi travolse come un treno. Un ragazzo dai morbidi capelli ramati e gli occhi verdi, con sprazzi di lentiggini sulle guance mi urtò le spalle. Mi chiese scusa e restò a fissarmi imbarazzato. Era un mortale che mi aveva fatto qualcosa, io non riuscivo a dire una parola, sentivo il cuore in gola, le gambe deboli ed ero così felice. Ho amato quel mortale Alice, e lui amava me. Non gli ho mai detto chi fossi in realtà. Potevo vederlo e passare del tempo con lui senza destare troppi sospetti giacché il mio compito era sorvegliare gli umani... sono stati i 6 mesi più belli della mia vita. Si chiamava Erik." Smise di parlare. Sorrideva ma mestamente. Gli occhi ambrati vagavano verso l'alto.
"E cosa è gli è successo, gli anziani ti hanno scoperto?" sedette su una roccia a gambe incrociate,
"No, un giorno Erik stava andando a lavoro e fu investito da un autobus... non c'era nulla da fare ed io non avevo abbastanza potere per guarirlo. Sono stata a vagare sulla terra come un fantasma per settimane...Poi sono tornata dagli anziani e ho confessato quello che avevo fatto. Innamorarsi di un mortale, quale abominio...ma giacché l'avevo rivelato mi imposero per 200 anni di restare in paradiso come punizione e poi la mia vita ritornò quella di sempre. Ma non mi sono mai ripresa da quella perdita, io credo fosse vero amore sul serio." Ero davvero dispiaciuta per quello che le era successo ma non capivo,
"Mi dispiace Phoebe...ma non vedo cosa possa centrare con me questo..." mi guardò in maniera enigmatica,
" Io...quando ho visto chi fosse Alice Cullen e cosa era in grado di fare, quando ho visto la creatura unica che loro cosi aborriscono e tuo figlio un essere altrettanto unico, diverso, ho capito che dovevo scegliere, ero stata una codarda a pentirmi di aver provato amore per un mortale ma adesso dovevo agire, sono venuta a Boston per vegliare su te ed Aiden ma non per loro tornaconto, glielo fatto credere, ho avvisato Jasper ribellandomi a loro perché ti stavano abbandonando di nuovo, e poi basta non potevo continuare a stare con un piede in due scarpe. Quindi sono caduta...ed eccomi qui Alice. Lascia che ti aiuti" una lacrima mi solcò la guancia, la frenai con il dorso della mano, ero colpita e scioccata dalla sua storia.
Tornammo a ritroso dalla foresta fino alla villa del clan Denali, Presentai Phoebe agli altri e a Bella, era rimasta con me, ma adesso era necessario che anche lei andasse a Forks così mi sarei dedicata alla mia ricerca senza mettere in pericolo nessuno. Mentre Eleazer e Carmen affascinati rivolgevano ogni sorta di domanda all'ospite, Bella mi circondò le spalle e mi condusse nel corridoio adiacente.
"Alice un angelo? TI fidi davvero di lei?" cercai di infonderle la mia stessa calma,
"Bella non mi farà del male, è sincera...mi ha raccontato una cosa molto personale e so che dice la verità." annuì rilassandosi.
"Okay, ma Alice mi raccomando non stare via a lungo, contattaci, vieni a trovarmi... mi sei mancata per due anni interi e adesso mi sembra di non aver passato insieme abbastanza tempo " l'abbracciai calorosamente,
"Bella Bella, non sto andando via per sempre, sono ricerche ce ne vorrà prima di trovarli... e so badare a me stessa, sta tranquilla" mi baciò la guancia. Tornai da Phoebe, ero impaziente, gli altri probabilmente lo percepirono e andarono via . Phoebe entusiasta cominciò a commentare ogni dettaglio della casa e delle persone che vi abitavano, era sempre gioiosa sino alla nausea e logorroica ed entusiasta più di me, più di quanto lo fosse stata la Alice vampira folle e organizzatrice di feste. A volte mi mancava quella spensieratezza.
"Phoebe, scusa se ti interrompo ma non dovremmo andare?" sorrise più tranquilla,
"Alice, devo insegnarti una cosa fondamentale prima" sedette sul divano appoggiandosi allo schienale,
"Ho la schiena a pezzi, come fai a tenere le ali dentro così a lungo..." chiuse gli occhi,
"Mi costa un certo sforzo..." fece cenno di sedermi, e mi pose due mani sulle ginocchia,
"Ti mostrerò come smaterializzarti" spalancai gli occhi, era proprio quello che avevo chiesto a... a Sean. Un modo efficace per raggiungere qualsiasi luogo o piano astrale in pochi secondi.
"Si! Ti prego" mi sollevai di scatto,
"Okay okay, frena l'entusiasmo, sarà complicato...e per qualche tempo riuscirai a farlo solo in luoghi circoscritti che conosci, ci vorranno anni prima che..." la fermai,
"Anni?"annuì,
"Non penserai di riuscire ad arrivare oggi negli Inferi o in Paradiso? In effetti però non saprei, tu sei diversa, sei solo per metà angelo, non so nemmeno se puoi effettivamente farlo..." le presi la mano e la condussi fuori.
"Basta supposizioni, facciamolo" uscimmo e Phoebe spalancò le ali sollevata e io feci altrettanto, chiusi gli occhi per far scorrere tutta l'energia. Ero così carica di adrenalina rabbia e dolore.
"Sei raggiante... il tuo potere scaturisce dalle emozioni come per noi angeli, è un'arma a doppio taglio questa" mi accarezzò le piume sfiorandomi con le sue, era una sensazione stupenda,
"Ora... pensa al punto della foresta dove ci siamo incontrate poche ore fa...pensaci intensamente" d'accordo, fin qui era semplice.
"Visualizzalo nella tua mente... i colori delle foglie ricoperte dalla brina, la neve sulle cime degli alberi, l'odore di terra bagnata, le foglie in quale esatto ordine erano sotto i nostri piedi, il fruscio del vento... si e ora immagina di fare un passo verso quel luogo" sentii come un calore all'altezza della nuca e come se la gravità mi torcesse e separasse a brandelli. Ma non era così terribile, era un formicolio. Poi un ronzio mi turò le orecchie, credevo di stare sul punto di perdere i sensi. Pochi secondi e tornai in me. Caracollai a terra in ginocchio, avevo la nausea.
"Beh, se resisti non vomitando vai alla grande, quasi nessuno riesce a tenersi la cena nello stomaco" Phoebe ridacchiava.
"O cielo... sarà così tutte le volte?" mi aiutò ad alzarmi,
"No, solo le prime volte, andrà sempre meglio...sei stata brava" era esattamente il punto previsto. In volo ci avrei messo 1 ora... e correndo anche più. Pochi secondi invece adesso.
"Forza, le prime volte devono susseguirsi rapidamente...ora pensa ad un luogo che ti è familiare, del tuo passato, anche lontano nel tempo. Deve avere un legame forte con te altrimenti sarà più difficile. Un posto in cui hai provato una forte emozione, positiva si." Chiusi gli occhi, ci riflettei... dove portarla se non proprio lì.
"Va meglio vero?" il mio stomaco non la pensava allo stesso modo ma annuì,
"Alice!" Phoebe si guardò attorno circospetta, per fortuna era notte fonda e nessuno ci aveva viste apparire nel parco all'improvviso. Era incredibile, ero di nuovo lì, a Philadelphia, nel parco cittadino a est. Aspirai l'aria a pieni polmoni, non sembrava cambiato di una virgola in ottant'anni.
"Cosa? Mi hai detto tu di farlo" si rilassò,
"Si scusa, dovevo dirti possibilmente un posto lontano da occhi indiscreti, per fortuna è notte fonda. Un ubriacone passò sotto di noi. Mi appoggiai al ponte di legno che dava sul laghetto ormai ridotto a un flebile ruscello. I ciliegi avevano foglie marroni e rossicce, qualche traccia di neve era visibile sull'erba, da lontano si udiva l'eco del traffico urbano. La luna faceva capolino tra le nuvole quasi piena.
" Siamo in altro Stato, non credevo ce l'avresti fatta al primo tentativo, continui a sorprendermi Alice! Anche se credo che questo luogo sia connesso a te molto intensamente" Phoebe curiosa indagò in giro.
"Dove siamo?" chiese poi,
"Philadelphia" corrugò la fronte,
"E' la città in cui io e Jasper ci siamo conosciuti...e questo parco è dove mi ha baciata per la prima volta" sorrisi beata ma quello spiraglio di gioia si sopì tornando al presente.
"Capisco, fra un po' torniamo indietro, intanto vorresti raccontarmelo? Sempre se lo desideri" in fondo non c'era nulla di male nel condividere un ricordo così bello con un angelo, con questa ragazza che mi stava aiutando davvero. Iniziammo a passeggiare lungo il viale.
"Dopo esserci conosciuti in una locanda, beh lì lo stavo aspettando da...anni" Phoebe strabuzzò gli occhi,
"Anni, accidenti" le sorrisi, la gente faticava a credere che realmente mi fossi recata ogni giorno alla stessa ora in quel bar, sapevo che sarebbe successo ma non quando precisamente e dovevo farlo, speravo che ci fosse qualcuno ad aspettarmi ed era stato così alla fine.
"Si ecco, da quel momento siamo rimasti in città per qualche settimana, l'abbiamo girata di notte in lungo e in largo e parlavamo, tanto, beh dovevamo raccontarci tutto capito, era come se non avessimo mai parlato con qualcuno per davvero. Sentivo di potergli dire qualsiasi cosa e lui era così rapito e interessato per ogni parola che pronunciassi. Andammo avanti così per giorni, e il tempo era sempre così poco. Mi sembrava un sogno o un'altra visione che lui fosse lì, non puoi immaginare il mio entusiasmo, non so come non sia fuggito da me in quei mesi" risi all'idea,
"Ero innamorata, dal primo momento in cui lo vidi..." Phoebe mi pose un braccio intorno alla vita,
"E lui?" ridacchiai,
"Beh, io ero Alice, ero folle e strana, insomma vedevo il futuro, ed ero piombata nella sua vita così, e seppure fossimo due estranei io avevo visto delle cose, la nostra vita, mi sentivo già a casa con lui. Jasper sentiva lo stesso, lo percepivo ma ci ha messo un po' a lasciarsi andare completamente, vedi era stato appena tradito da una donna che credeva di amare, una donna che lo aveva semplicemente utilizzato per la sete di potere e che poi aveva cercato di ucciderlo. E inoltre non voleva ferirmi, credeva di essere una persona orribile..." ripensare a come fosse turbato in quel periodo aveva ancora effetto su di me.
"In ogni caso, ti stavo raccontando del parco. Ci arrivammo per caso, era tarda sera come adesso, c'era solo qualche ubriaco in giro e degli adolescenti che scorrazzavano da un pub all'altro. Stavo parlando delle oche canadesi, di come migrassero in questo laghetto ogni anno, avevo spiegato a Jasper che negli anni avevo divorato libri e libri, ora che potevo volevo conoscere tutto, mi affascinava qualsiasi argomento e lui era entusiasta nel poter condividere una passione per la conoscenza come la mia. Arrivammo a questo ponte, si sentivano i grilli, una sinfonia stridula e penetrante lo ricordo bene. "Perché sorridi?" chiesi imbarazzata, mi guardava mentre ero appoggiata alla ringhiera da lì, a pochi metri, "Perché solo tu puoi rendere così affascinante un discorso sulla migrazione delle oche" ringhiai divertita. Restammo a guardarci per qualche secondo, i grilli a turarci le orecchie. Lui si avvicinò e mi prese la mano che ciondolava al mio fianco, la strinse così delicatamente, sorpresa gli sorrisi. "Tu potresti parlarmi di qualsiasi cosa, non smetterei mai di ascoltare la tua voce" una vampata di calore mi salii sino alla nuca. Mi accarezzò la guancia, stava per farlo lo sapevo, e mi sentivo il cuore esplodere nonostante fosse freddo ed immobile. Fu perfetto. Il mio primo bacio. Le nostre labbra e i nostri respiri che si mescolavano, abbracciati, era vero e stava accadendo nel presente. Stavo provando un'emozione che non credevo esistesse." Phoebe mi guardava con un'espressione rapita.
"Scusami...mi lascio trascinare" sorrise guardando le foglie rossicce che svolazzavano sul legno del ponte,
"No è stato davvero intenso il tuo ricordo..." mi scostai tornando indietro, era bello si ma doloroso adesso.
"Okay, ora?" Phoebe tornò concentrata,
"Ora andiamo a Londra" okay Londra,
"Perché proprio Londra?" fece spallucce,
"Ho scelto a caso, ma è in un altro continente vediamo se ci riesci o se ci vorrà più tempo" sospirai,
"Posso farcela".

Un Bivio Tra Luci e OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora