Fiducia

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POV ALICE

"Fermi! Ma che state facendo!?" ancora in alto allargai entrambe le braccia e due violenti fiotti di vento li separarono di alcuni metri, atterrai al centro con le ali tese. Sean tentava di soffocare i rantoli di dolore mentre era semi-accasciato sul terreno con le ali inerti e sanguinanti.

Jasper come se si fosse svegliato da un incubo mi guardava teso, ancora fumante per l ' adrenalina. Si sollevò e scattò nella direzione opposta voltandomi le spalle. Un magnete mi imponeva di seguirlo di parlargli ma prima mi assicurai che Sean stesse bene, Phoebe si accucciò su di lui e cominciò a guarirlo,
"Vai, lui sta bene" Ritrassi le ali e seguii Jasper, anche le mie emozioni erano contrastanti, ero arrabbiata si che avesse agito in quel modo ma preoccupata per il medesimo motivo e triste infinitamente triste perché ne ero io la causa e andava sempre peggio per lui.
"Jasper, Jasper, vuoi fermarti, per favore..." si bloccò e poi si voltò lentamente, leggevo sul suo volto il senso di colpa per quello che aveva fatto, lui non era così, sapeva di non esserlo.
"Che cosa volevi fare? Perché l'hai attaccato?" si portò una mano sul viso e soffocò una risata nervosa,
"Alice, lui era qui a Forks, dopo tutto quello che è successo mi chiedi il perché? Non voglio che si avvicini ad Aiden o a nessuno di noi... ma tu lo lasci venire qui..."
"Per proteggere te ed Aiden... Jazz, lascia che ti spieghi" scosse il capo,
"No ascolta, io sono andata in Paradiso per chiedere agli anziani il permesso di entrare in un luogo dove i demoni si nascondono e ho detto a Sean di sorvegliare la zona in mia assenza, non volevo che vi incontraste o che ... accadesse" ero esausta, stanca di tutta quella situazione, mi sedetti portandomi le ginocchia al petto appoggiata al tronco di una quercia. Jasper a braccia incrociate mi osservava,
" Sean non ha colpa" dissi,
"Alice come fai a stargli vicino dopo quello che ha fatto, come fai solo a pensare di stargli vicino, che fosse drogato o meno l'ha fatto e ... tu stai con lui" per la stanchezza, la tensione, una molla scattò dentro di me, mi sollevai scattando verso di lui a pochi centimetri dal sul volto, sentivo le pupille bruciare e dilatarsi,
"Pensi che non lo sappia, io faccio ogni notte lo stesso incubo da mesi...Jasper... e lo sai... sono consapevole di quello che è accaduto in quella stanza, ora so che è reale so che lui mi ha...pur non volendo farlo e ogni volta che lo guardo o che mi passa accanto per un secondo il mio cervello dimentica che anche lui è una vittima e vedo solo il corpo che mi teneva inchiodata al letto e il dolore e ho paura... ma poi vedo un ragazzo con l'anima a pezzi tanto quanto la mia... non è giusto punirlo non è giusto aggredirlo ...non è lui il vero responsabile" Jasper spiazzato per quelle parole e per la rabbia con cui le avevo pronunziate respirò a fondo e arretrò di qualche centimetro, respirai anche io e tornai alla mia posizione contro il tronco,
"Se vuoi prendertela con qualcuno, fallo con me..." dissi in un sussurro,
"Non potrei mai farti del male" la sua voce si incrinò,
"Io te ne ho fatto... coraggio colpiscimi!" lo spintonai, non dormivo da giorni e non sopportavo di averlo li e di non poterlo toccare, mi prese per le spalle piano, lo sentiva,
"Alice, smettila..." ci guardammo per un secondo e potei percepire qualcosa, finalmente potevo sentire che non mi odiava, mi staccai imbarazzata,
"Scusa, non so cosa mi prende... sono...stanca..." lui annuì,
"Io...ho esagerato, non dovevo ridurlo in quel modo... non volevo davvero farlo ma qualcosa è scattato, il solo pensiero che ...mi fa...impazzire" lo capivo, e come non poteva essere altrimenti, abbassai lo sguardo.
"Ora è meglio che torni a casa" no non volevo che andasse, chissà quando avremmo parlato di nuovo, Jasper avvertii esattamente cosa pensavo era combattuto ma non ancora pronto a perdonarmi, non era corretto farlo soffrire ulteriormente,
"D'accordo" dissi annuendo e cercando di cogliere un ultimo stralcio di calore nei suoi occhi.

Tornai lentamente da Phoebe e Sean, ero come svuotata da quella giornata e desideravo solo buttarmi fra le lenzuola e dormire ma dovevo assicurarmi che lui non fosse ferito gravemente. Era appoggiato ad una roccia Phoebe gli teneva premuto sul naso un fazzoletto di stoffa intriso di sangue, sentii il rantolo soffocato di Sean per rimettere le ali dentro.
"Sean mi dispiace per quello che è successo" mi guardò stordito ma mi sorrise,
"Un ala lussata ci metterà 1 settimana per guarire completamente e l'altra è rotta, ci vorra' forse un mese o due" sentenziò Phoebe allontanandosi e spalancandole ali.
"Ci vediamo dopo" disse e sparii.
"Di al tuo vampiro di colpire più forte la prossima volta per spezzarmi anche l'altra ala" disse ironico, scossi la testa e aiutai a sollevarlo,
"Il sangue si è fermato finalmente" scagliò a terra il fazzoletto infastidito,
"Era fuori di sé, non è da lui agire in questo modo" Sean mi strinse la spalla da cui lo sostenevo,
"Io non volevo reagire, non mi ha dato neanche il tempo per spiegare" annuì,
" Ti vuole proteggere, lo capisco credimi" spinse la fronte contro la mia ma mi scostai irrequieta,
"Non dirmi nulla, lo so... scusa, a volte non riesco a controllarmi" e starmi vicino non gli era affatto di aiuto.





POV JASPER

A passi lenti e pesanti mi avvicinai sempre di più a casa Cullen, Edward mi aspettava, sentivo la sua scia di preoccupazione da chilometri, aveva capito le miei intenzioni quando avevamo avvertito la presenza di Sean, aveva provato a fermarmi, ma la mia espressione di rabbia e dolore lo aveva fatto desistere. Tentava di farmi ragionare, voleva che io ed Alice tornassimo insieme, come prima...ma... ma io non riuscivo a capire me stesso. Una sagoma bianca attraversò il cielo, mi fermai ascoltando, era silenziosa, un'ombra bianca. Atterrò con la leggerezza di una piuma davanti a me e ritrasse le ali screziate d'oro. Phoebe, la giovane maestra di Boston, l'angelo che mi aveva avvertito su Sean, su i demoni, e che ora stava aiutando direttamente Alice, era strana, ma sempre cordiale. Non sapevo cosa volesse nè cosa dire.
"Ciao Jasper" cominciò lei, si toccò nervosamente i riccioli biondi,
" Se cerchi Alice credo sia andata a nord" sospiro',
"Veramente cercavo te" incrociò le braccia cupa,
"Facciamo due passi" aggiunse, non ero in vena di parlare, tanto meno con una sconosciuta ma sembrava davvero irrequieta e mi implorò con gli occhi verdognoli. Acconsentì e ci muovemmo lungo un selciato di pietra tra i pini spioventi.
"Il demone, sta bene?" sembrò sorpresa di quella domanda, mi scrutò attenta sondando le mie emozioni,
"Direi di si, l'hai ridotto male ma si riprenderà" calciò un ciottolo che ruzzolò fino ad un ruscello,
" Credevo che l'avresti fatto a pezzi" sorrisi perché anche lei sorrideva per smorzare la tensione,
"L'avrei fatto se Alice non ci avesse separati...non sta a genio nemmeno a te o sbaglio?" fece spallucce,
"Siamo nemici per natura... ma in teoria dovrei esserlo anche con voi vampiri e in parte con lei" già e anche io ero l'esatto opposto di una parte di lei.
"Credo che tu non voglia parlare di antiche inimicizie, cosa vuoi da me Phoebe?" dubbiosa mi si parò davanti,
"Va bene, sarò diretta, tu ed Alice non potete restare separati" la guardai interrogativa,
"Niente enigmi questa volta, cosa vuoi dire?" sospirò,
"Voglio semplicemente dire che dovreste tornare insieme, smetterla con questa agghiacciante barriera che vi siete creati" quell'angelo aveva un gran coraggio a dare consigli, giacchè lei e la sua gente avevano fatto tutto il possibile per tenerci lontani.
"Ascolta, non voglio essere brusco con una ...come te... ma per colpa tua e dei tuoi capi sono successe cose che non possono essere cancellate e non posso tollerare che tu venga a dirmi come dovrei reagire, tu non mi conosci, non sai niente di me o di Alice... non sai niente" accelerai il passo sicuro che se ne sarebbe andata ma continuò a camminare accanto a me.
"Hai ragione non vi conosco bene, ma sto imparando a conoscere Alice in questi mesi e ho compreso quanto sia speciale finalmente, ho capito perché loro vogliono tutelarla e perché ne hanno così terrore, ho percepito quanto stia soffrendo, ogni singolo giorno che è lontana da te il suo cuore si indurisce sempre di più, ogni volta che viene fuori il tuo nome o basta un pensiero e i suoi occhi brillano e poi si velano di lacrime, lei ha bisogno di te Jasper" quelle parole erano sincere e provava un affetto complesso e profondo per Alice, lo sentivo chiaramente, mi fermai, quelle parole mi facevano male,
"Lo so, lo so cosa sente, cosa sta provando perché per me è la stessa cosa Phoebe ma io non posso farci nulla" l'angelo mutò completamente atteggiamento, la calma frammista a preoccupazione che la colmavano svanì e si infuriò camminando su e giù.
"Io proprio non riesco a capirvi, ho vissuto per secoli e ho provato anche io l'amore, credo di averlo provato per un umano che mi è stato portato via che è morto e non potrò più rivedere, pensi di essere l'unico ad essersi innamorato di qualcuno che è diverso da te e con cui non dovresti stare? Io vedo l'anima di quell'umano anzi la vedevo ogni singolo giorno in Paradiso ma gli anziani gli hanno cancellato la memoria così lui non ricorda nulla di me, e mi passa davanti e mi fa un cenno e io vorrei cavarmi il cuore dal petto perché lui è li, la sua anima è li e potrei parlarci ma mi è precluso, devo stargli lontana devo stare in silenzio. E fa male, davvero." Ero sconcertato dalla sua storia, doveva essere terribile,
"E voi due, tu, tu che hai qui per un tempo indefinito l'amore della tua vita, e non credo di aver mai visto un sentimento così vero e intenso tra due creature, ce l hai qui vicino a te, le stai consapevolmente lontano per una tua decisione." Scosse la testa,
"Ma..." mi bloccò afferrandomi per il collo della camicia,
"So che ti ha ferito, so che ha fatto una cosa sbagliata e il tempo forse potrà annebbiarla ma mai cancellarla e questo lei lo sa, il suo senso di colpa glielo rammenterà sempre, lo so, eppure non so cosa darei per riabbracciare Erik, preferirei che mi conficcasse un pugnale nel cuore cento volte se questo implicasse lo stargli vicino" mi lasciò, mi sentivo un'idiota, ero davvero così orgoglioso, l'avrei tormentata per quanto ancora?
"Oggi siamo andate in Paradiso" si calmo',
"SI me l'ha accennato" dissi,
"Non credo ti abbia detto del Limbo, è lì che vuole andare, per cercare i demoni ma credimi Jasper potrebbe non uscire mai più da quel posto, è un luogo in cui ci si perde facilmente e potrebbe dimenticare te ed Aiden, capisci, io ho cercato di farla desistere ma solo tu puoi convincerla probabilmente" cosa? Questo non me lo aveva detto, Alice però non mi avrebbe ascoltato dopo il mio comportamento e come darle torto,
"Puoi ancora fermarla, ma devi perdonarla prima, se l'ami "
"Certo che la amo, più di qualsiasi cosa al mondo" sorrise mesta,
"E allora sbrigati, tutto potrebbe mutare di nuovo Jasper" e si smaterializzò.

Quella sera restai a fissare la parete sopra il letto per ore, dovevo sbloccarmi, dovevo fare il primo passo e perdonare quello che era successo e sperare che lei potesse accettare le mie scuse. Mi arrovellai sino ad avere la testa pesante come piombo. E poi capì che dovevo solo andarle vicino e dirglielo. Mi sentivo così furioso con me stesso. Era vero avevo perso tempo prezioso, tempo buttato via senza di lei. In quei mesi mi ero sentito un'ombra, non provavo più nulla senza di lei. Ma ora era il momento di voltare pagina e di essere felice, di non soffrire.
All'alba mi cambiai i vestiti e indossai la giacca di feltro grigia, dovevo trovarla. Mi addentrai di poco nella foresta e ritrovai Phoebe seduta tra i rami a strappare nervosa piccoli germogli verdi. Appena mi vide le sue emozioni mutarono, una strana luce le aleggiò negli occhi grigi.
"Bene, ti porto da lei" senza che potessi dire nulla saltò giù e mi afferrò stretto un gomito, poi mi sentii come catapultato all'indietro, non sentivo più né braccia né gambe, era tutto un vorticare confuso, passarono alcuni secondi senza che vedessi distintamente nulla e poi sentii l'erba appena tagliata e coperta di brina sulla faccia e sui vestiti. L'angelo torreggiava in piedi e mi tese una mano. Incredulo mi sollevai e mi guardai attorno. Non eravamo più nella foresta o in Alaska, eravamo in un parco cittadino. Una forte nausea compromise quello che stavo per dire.
"Qualche minuto e dovresti stare bene... l'avevi già provata la materializzazione no? Alice mi ha detto che Sean vi aveva tirati fuori così dall' inferno in Italia..." cominciò a parlare ininterrottamente, al nome del demone sussultai ma stavo aspettando che le vertigini finissero.
"Si, sto bene...ma dove siamo?" mi guardai attorno e capii, quel parco, quel preciso parco di pochi ettari, gli alberi di ciliegio ormai secchi, l'aria odorosa di erba e cannella della pasticceria Dodge and Co...Philadelphia.
"Alice è venuta qui..." dissi sorpreso, aveva ritrovato il nostro posto, la città dove ci eravamo conosciuti, dove mi stava aspettando.
"E' vicino al ponte di sicuro... forza va da lei, e cerca di convincerla a lasciar perdere il Limbo" detto questo si smaterializzò sollevando spruzzi di terriccio ed erba. Respirai profondamente e camminai verso il ponte di legno. Pochi umani si aggiravano nella penombra del mattino, ed erano per lo più vecchietti con giornale e caffè. Lei era appoggiata alla ringhiera, guardava il riflesso del suo volto nello specchio d'acqua.







POV ALICE

Domani, salutare Aiden, dirgli che sarei tornata e che sarebbe andato tutto bene, riuscire a vedere Jasper anche per pochi secondi mi sarebbe bastato, e poi arrivare al limbo. Ecco il piano. Il futuro era confuso però non capivo cosa sarebbe successo e la mia mente era troppo affollata da visioni di ogni cosa possibile. Sospirai e una nuvoletta di vapore si sollevò nell'aria gelida. Mi scostai dalla ringhiera e arretrai di qualche passo, sarei rimasta su quel ponte per sempre, pur di non tornare alla realtà dei fatti. Ma dovevo. Che strano, oltre agli umori del terriccio c'era un odore diverso, come di viole. Non poteva essere. Eppure... qualcosa mi sfiorò la mano sinistra che penzolava sul ponte, la strinse. Mi voltai. Era Jasper, davvero era lui. Ero così presa dalla mia testa che non lo avevo sentito arrivare. Mi guardò negli occhi senza distogliere lo sguardo come non faceva da mesi, c'era calore nei suoi occhi ma anche paura, molta paura. Io mi sentivo... bene, finalmente mi sentivo bene...e tutto sembrava perdere quella pesantezza opprimente. Spostai lo sguardo sulla sua mano, sorpresa, lui la lasciò. Fece qualche passo avanti e fissò il lago.
"Alice io voglio parlarti" mi avvicinai anch'io alla ringhiera,
"Ti ascolto" dissi pacata, la speranza che mi avesse perdonata si stava affievolendo, insomma come poteva farlo sul serio dopo quello che... chiusi gli occhi, dovevo accettare le conseguenze delle mie azioni qualsiasi cosa mi avrebbe detto, anche se significava lasciarmi. Mi si bloccò il respiro al solo pensiero, perché ingannare me stessa? Io non potevo vivere senza di lui, non potevo... Jasper stava sondando le mie emozioni e si rese conto delle palpitazioni che avevo.
" Quello che è successo sull'isola mi ha reso furioso e triste, inerte... per questo non riuscivo a parlare con te... con nessuno..." i miei battiti aumentarono,
" Ma la cosa peggiore del fatto che tu sia stata con un altro è che l'hai fatto per salvare noi...me..." soffriva nel dire quelle parole, sospirò,
" Jazz io..." mi prese di nuovo la mano, non riuscivo a guardarlo, non adesso ma me la strinse e la massaggiò,
"Lasciami finire... mi sento male perché quella cosa che io considero peggiore in realtà è stato un atto altruista... e io non riuscivo a capirlo..." lo guardai, avevo gli occhi lucidi e un cumolo di emozioni confuse mi balenò in testa.
" Io dovevo capirti, dovevo capire perché l'avevi fatto sin dall'inizio, per quanto sia sbagliato per quanto non si possa cancellare tu hai fatto la cosa giusta...e ti è costato molto, lo so... lo sentivo l ho sempre sentito ma volevo essere cieco e non vedere e di pietra per non sentire te e quello che provavi... mi dispiace" ero così sopraffatta dalla gioia che mi stesse dicendo quelle parole che non riuscivo ad articolare una frase.
" No tu...non...chiedere scusa...a me... Jasper è stata colpa mia, e non sai quanto mi sia pentita e non posso permettere che tu chieda scusa, ti ho fatto del male... non chiedermi scusa" mi si incrinò la voce, Jasper non ci pensò e mi attirò a sé abbracciandomi, quel contatto così piacevole o se mi era mancato, lo strinsi più forte che potevo aspirai a fondo il suo odore, chissà se avrei potuto farlo ancora.
" Alice ti ho lasciata sola, quando il senso di colpa ti stava divorando e avevi appena perso un bambino... e ti avevano... devo chiederti scusa..." due lacrime mi scivolarono silenziosamente sul volto mentre mi accarezzava i capelli,
" Tu ne avevi il diritto..." mi tirò indietro e mi tenne stretta quasi con rabbia,
"No io dovevo restarti vicino" mi accarezzò la guancia,
" Jazz, ti rigrazio per quello che hai detto, ora qualsiasi cosa farai io l'accetterò..." continuai a guardarlo, ora era confuso,
"Cosa vuoi dire?" tirai su col naso e incrociai le braccia affranta,
" Se non vuoi più vedermi io...lo...capirò" dissi in un sussurro mentre mi si spezzava il cuore,
"Alice, no io non potrei mai.... " cose se fossi stata in un sogno tornai perfettamente lucida,
"Tu non vuoi lasciarmi?" Jasper sorpreso si passò una mano sul volto, si riavvicinò cingendomi a sé,
"Come può passarti per la testa quest'idea..." Mi asciugò le lacrime, anche lui era molto provato e gli tremava la voce,
"E' che io non riesco a perdonarmi... e non vedo come tu possa farlo...io" poggiai la mia mano sulla sua impressa sulla mia guancia,
" Tu devi perdonarti per me e per Aiden.... Alice io ti amo non posso stare senza di te...e come mi ha detto una persona saggia preferirei che mi infilzassi il cuore 1000 volte pur di averti vicina..." una gioia improvvisa mi mozzò il fiato, mi sorrise, uno di quei sorrisi che ti scalda il cuore e non potei fare a meno di riflettere quel sorriso e poi lo baciai, lentamente e con passione e mi sentii di nuovo me stessa.







POV JASPER

"Voglio mostrarti una cosa" mi disse e uscimmo dal parco in fretta, il sole faceva capolino tra le nuvole e cercammo di camminare il più possibile all'ombra per evitare gli sguardi curiosi degli umani. Camminammo per circa 1 ora, Alice non voleva smaterializzarsi ovunque mi stesse conducendo e gliene ero grato, era una sensazione spiacevolissima. Parlammo a lungo, di tutto e quei mesi di silenzio sembrarono dissiparsi. Mi era mancato così tanto il suono della sua voce e sentirla ridere, avvertire la sua gioia, da quanto, troppo tempo.
"CI siamo quasi" a Philadelphia quasi tutto mi era familiare, e anche il sentiero di periferia che stavamo percorrendo tra un boschetto di betulle. Avevo capito dove eravamo arrivati.
"Non ci posso credere, è ancora qui...in piedi.." sbalordito fissai il piccolo cottage in legno di pino scuro, il porticato era oramai eroso dalle termiti ma il tetto era intatto e anche la sua architettura nel complesso, il caminetto in pietra coperto di leggera fuliggine dimenticata. Alice si avvicinò all'ingresso soddisfatta.
"Non ci abita nessuno...sono giorni che ci torno...è cambiato certo ma alcuni particolari sono identici Jazz..." mi prese per mano e mi condusse alla porta, la maniglia d'ottone era arrugginita. Dentro però Alice aveva ripulito tutto, non c'era polvere, né muffa, un tappetto di pelo era stato srotolato accanto al camino e le mensole della cucina erano perfettamente in ordine così come i cuscini dei divanetti di stoffa rossa. Le finestre erano cristalline e le mura tappezzate di quadri psichedelici, poi notai diverse tele e secchi di vernice vuota accalcate in un angolo.
"Deve averci vissuto un qualche artista o collezionista direi..." molte cose erano diverse ma quelle tende, il tappeto e la camera, la camera da letto era identica, nessuna modifica del più recente proprietario.
"Baldacchino con tende di velluto rosse e guarda lo stesso carrion malandato e lo specchio!" sospirando Alice si tuffò nel piumone ben rassettato da lei.
"E' incredibile, in 80 anni potevano buttarlo giù questo posto" alzai il coperchio del carrion e una leggera ninna nanna gracchiò nella stanza. Il nostro rifugio ecco cos'era stato quel luogo. Il nostro posto quando vivemmo per qualche anno a Philadelphia, lontano dalla città e da occhi indiscreti quanto bastava per me che non riuscivo a controllare la sete, vicino ad un boschetto per cacciare gli animali. Era perfetto.
"Già" si tolse la giacca e la adagiò sulla sedia dirimpetto il comodino,
"Quante volte sei stata qui?" sedetti accanto a lei e le scostai un ciuffo di capelli corvini dal viso,
" 5 o 6 volte negli ultimi giorni, avevo bisogno di riflettere" annuì, forse era il momento di chiederle del Limbo e di seguire il consiglio di Phoebe ma eravamo noi due nel nostro rifugio e desideravo baciarla e stare con lei. Era lì che avevo visto il paradiso per la prima volta, li avevamo fatto l'amore e avevo capito che era l'unica donna della mia vita. Alice colse subito i miei pensieri e mi gettò le braccia al collo. Cominciammo a baciarci affamati, con ardore, mi era mancato il contatto con il suo corpo, il suo odore, guardarla, era splendida, bellissima. La spogliai con frenesia, la luce del giorno invadeva la stanza e faceva rifulgere i nostri corpi nudi. Eravamo uniti finalmente, una sola persona, mentre i nostri gemiti e respiri si confondevano. Continuavamo a guardarci. Le iridi di Alice si colorarono di un tenue azzurro ed avverti insieme alla gioia all'eccitazione al calore anche qualcosa di diverso, un alone di paura. I quadri delle pareti cominciarono a vibrare, lei distolse lo sguardo. Rallentai fino a fermarmi. Forse non dovevamo farlo, forse era ancora traumatizzata per il bambino e per il demone.
"Alice vuoi che smetta?" tornò a guardarmi, una lacrima le solcò la guancia ma strinse più forte le cosce intorno alle mie natiche e prese il mio viso tra le mani,
"No Jazz, niente dovrà separarci ancora...niente" i suoi occhi scintillarono ancora di più ma le pareti smisero di vibrare. Avrei voluto che il tempo si fermasse.






POV ALICE

Aprii gli occhi lentamente, era buio, di già? Io e Jasper eravamo rimasti nel cottage così a lungo? Sorrisi soddisfatta mentre mi stiracchiavo avvolta nel lenzuolo bianco e profumato. Tastai il materasso, non era lì. Una brezza gelida si insinuava dalla finestra semi aperta. La chiusi e scrutai all'esterno, il boschetto di betulle era fitto e scuro e sembrava così stranamente vicino, quasi che le fronde degli alberi volessero entrare in casa. Presi una vestaglia rossa appoggiata alla sedia.
"Jasper?" nessuna risposta, la casa emanava un odore acree e di bruciato. Non mi sentivo affatto tranquilla, svelta arrivai al piano principale e ...
"E' vuota, ma cosa..." le tende, i quadri, il tappetto il fuoco, era tutto sparito. La porta si spalancò all'improvviso facendomi trasalire, una sagoma incappucciata di nero avanzava lentamente, tentai di spalancare le ali, di muovermi di reagire ma ero come paralizzata dalla paura... dove era Jasper?
"Aiden!" esclamai senza motivo come se mi aspettassi che mio figlio fosse li, la sagoma avanzò e la porta si chiuse con un tonfo. Tolse il cappuccio e una fluente chioma nera le ricadde sulle spalle.
"M-mamma" interruppi i miei respiri affannosi,
"Che succede? Tu sei ...viva?" l'angelo, la donna che era stata mia madre almeno per alcuni mesi aveva il viso pallido e smunto ma gli occhi azzurri luminosi e un sorriso quieto. Mi prese per le spalle e mi abbracciò.
"Tesoro mio, non ho molto tempo... devo impedirti di fare qualcosa di stupido" ero così scioccata, la sua voce era come ovattata.
"No non sono viva, io sono nel Limbo, e tu devi ascoltarmi, non venire laggiù te ne prego, se verrai non rivedrai più tuo figlio né Jasper né gli altri...promettimelo Alice" mi strinse così forte per le spalle che sentii dolore,
"Aspetta, aspetta cosa? Perché tu sei lì?" il suo sguardo divenne vitreo e poi non sentii più le sue unghie arpionarmi le spalle e il suo respiro, la sua sagoma stava svanendo,
"No no no...non andare..."






POV JASPER

Mi ero quasi appisolato anche io ma l'ansimare di Alice mi ridestò, era appoggiata al mio petto e dormiva beata quando si sollevò perfettamente lucida con fiato corto. Tastò il mio petto per assicurarsi che fossi lì davvero e si guardò intorno.
"Era un sogno..." sussurrò afflitta,
"Hey, va tutto bene?" mi sollevai mettendole un braccio intorno alla vita,
"Io...ho...sognato mia madre...non l'avevo mai sognata prima" sospirò, si accoccolò contro di me disegnando figure invisibili sulla mia pelle,
"Ti va di parlarne" le carezzai i capelli preoccupato. Mi raccontò tutti i dettagli e le poche parole che sua madre le aveva detto. L'ammonimento di Phoebe mi sembrò più opportuno che mai.
" Alice non credo fosse solo un sogno" dissi baciandole la nuca, si sollevò per guardarmi,
"Lo so... lei è davvero bloccata nel limbo..." provava dolore molto dolore, mi aveva parlato di quell 'angelo, di sua madre e di come fosse stata affettuosa con lei mentre la nascondeva quando era incinta ed era morta per proteggerla.
"Io credevo che l'anima di un angelo finisse a prescindere con quelle del Paradiso, perché è nel limbo?" non sapevo cosa dirle per confortarla. Mi abbracciò sofferente,
"Alice ci sarà una spiegazione, forse Phoebe" scattò a sedere,
"Oddio, lei non vuole farmi andare nel Limbo, perché sa!" una vena di rabbia e adrenalina come una scossa le entrò in circolo,
"Tua madre o Phoebe?" non la seguivo più,
"Phoebe! E certo anche mia madre perché non vuole che corra rischi ma Phoebe..."
"Anche lei vuole proteggerti, è sincera, l ho avvertito il suo affetto per te..." lei annuì,
"Lo so Jazz, non è questo, lei sapeva che mia madre era lì, per forza ma non me l ha detto e non vuole che vada a parlarle, mi stanno tenendo all'oscuro di qualcosa..." e lei voleva sapere anche se ciò implicasse l'unica cosa che le avevano sconsigliato, andare in quel posto. Ci vestimmo in fretta e spegnemmo il fuoco, Alice stava prendendo il cappotto, era quasi mezzogiorno. Uscimmo al sole e mi voltai a guardare quel piccolo angolo di paradiso ancora una volta. Accelerai e presi per mano Alice trattenendola.
"Alice..." lo sapeva cosa stessi per dire, mi strinse la mano,
"Jazz lo so cosa pensi, e credimi io vorrei ignorare questa storia ma non ci riesco" mi guardò supplicante, non volevo costringerla a fare nulla, non adesso che eravamo riusciti a perdonarci.
" Niente deve separarci di nuovo, lo hai detto tu" l'attirai a me, era combattuta, molto,
"Si è così..." mi afferrò l'orlo del colletto stringendolo tra le dita,
" Tu devi farlo lo capisco... " appoggiò la fronte alla mia ad occhi chiusi,
"Grazie, per tutto questo, io non ti rendo le cose semplici ma ti amo e ti prometto che non mi accadrà nulla"

Un Bivio Tra Luci e OmbreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora