Foglio bianco

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Cosa c'è di peggio di un'opera venuta male? Forse solo un foglio bianco, un candido, minaccioso deserto che appare enorme se non si è abbastanza coraggiosi da porvi il primo tratto. Peggio di un magro raccolto c'è solo una distesa di sabbia incolta. Peggio della rabbia della persona che si ama c'è solo la sua fredda indifferenza.

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Fisso a lungo il foglio di carta che ho appena riempito con l'immagine di Victor. Questa è la prima volta che gli rendo giustizia con uno dei miei disegni: solitamente non riesco a catturare lo splendore di quegli zaffiri blu incastonati nel marmo bianco del suo viso, né quella sua espressione, quella malizia sfrontata che, se osservata bene, cela un velo di dolore. Prima di oggi, non sono mai riuscito a catturare il modo in cui il suo viso è scolpito, o la morbidezza delle sue labbra, o la scintilla che aleggia costante nei suoi occhi, o... Cavolo. È davvero bellissimo, lui. Lo era anche mentre piangeva e gridava. Lo era anche mentre mi stava odiando. Probabilmente, anzi, di certo lo è anche ora, dovunque egli sia, qualunque cosa stia facendo.

In effetti, mi domando dove si trovi quella sua testolina di platino. Chissà se è tra le braccia di qualcun altro, ora. Forse si starà sfogando con qualcuno dei ragazzi che lavorano di notte qua intorno... No, è troppo presto, non li troverebbe. E poi, non è davvero il tipo, anche perché potrebbe avere chiunque voglia.

Magari è all'ufficio informazioni che cerca il modo più veloce per tornare a Kyoto. Magari è alle terme. Probabilmente è alle terme. Probabilmente dovei andare lì e cercarlo, parlargli, chiedergli scusa. Probabilmente dovrei iniziare a cercare un regalo per il suo compleanno. Probabilmente l'unico regalo che potresti fargli è toglierti dai coglioni una volta per tutte, idiota.

Sospiro. L'unica cosa che probabilmente dovrei fare ora è smettere di pensare e farmi una doccia. Puzzo di capra, Dio santo, ma da quando sono così? In effetti, forse dovrei lavarmi, poi credo uscirò da questa dannata stanza, prima di diventare pazzo, e magari prendere una boccata d'aria fresca.

Farò così. Doccia. E poi magari andrò alla pista di pattinaggio a fare qualche giro di pista, così forse mi verrà qualche idea per il regalo di compleanno e quello di Natale per Victor.

E forse, se giro su me stesso abbastanza veloce e abbastanza a lungo, smetterò di essere così idiota e capirò cosa fare. O forse semplicemente tramortirò i pochi neuroni che mi sono rimasti e smetterò di pensare, entrambe le cose mi vanno bene.

Decido di avviarmi verso il bagno, prima di cambiare nuovamente idea; mi faccio una doccia veloce e troppo fredda valutare se restare sotto l'acqua arrotolandomi come un gatto, poi mi butto addosso una tuta comoda, agguanto i miei vecchi pattini dalla reception della Yu-topia e mi avvio al palazzetto del ghiaccio.

Pattino da quando ne ho memoria, ma non sono mai stato bravo abbastanza da fare gare o cose così. È solo una valvola di sfogo: se sono stressato, vado sul ghiaccio, se sono ansioso, vado sul ghiaccio, se sono felice, amareggiato, arrabbiato, vado sul ghiaccio.

Appena entro nel palazzetto saluto Yuuko, la donna che lo gestisce, nonché la mamma delle tre pesti con i codini, ovvero le bambine che solo ieri hanno bombardato Victor di domande, le chiedo un paio di pattini, e mi fiondo sulla pista.

Victor, Victor...
Non riesco a togliermi la sua immagine dalla testa, il colore pallido del ghiaccio mi ricorda i suoi capelli, la sensazione familiare del gelo che mi morde le dita nude delle mani mi riporta al suo modo di fare malizioso, esuberante; il rumore delle lame è fluido quanto i suoi movimenti, le scintille di ghiaccio che prendono il volo quando atterro dai salti non sono altro che la sua risata, la sua risata cristallina, le mille campanelle argentee di cui sembra essere composta, quella risata così celeste.

Accelero con i pattini, come se la velocità del mio corpo mi permettesse di scampare dai pensieri che affollano la mia mente. Victor, Victor.
Pattino più veloce, prendo la rincorsa improvvisando qualche passo di danza e poi salto, era un doppio axel? Un salchow? Non lo so, non ricordo i nomi dei salti. Chissà dov'è Victor...

Mi libro nuovamente in volo, cerco di distaccarmi da tutti i pesi che mi legano a terra. Voglio provare la stessa sensazione che mi fa provare Victor quando si avvicina a me, quel vuoto allo stomaco, quella sensazione di calore e adrenalina, ed è così che mi sento mentre sono in aria, pattinando. Ma con lui la sensazione non dura una frazione di secondo, no, con lui è eterna.

Che cosa provo per Victor?
Tecnicamente ora è mio ospite, quindi Xenia non manca. Nemmeno Philia manca, gli voglio bene, anche e soprattutto come amico.
E poi, sicuramente provo Eros, è chiaro. Ma non si starà trasformando in Mania? Dio santo, non voglio diventare uno stalker ossessionato.

Un passo avanti per prendere la rincorsa, poi una trottola, la velocità che anima i miei capelli nerissimi, il vento freddo che mi tira schiaffi intensi e dolorosi. Probabilmente è così che mi sentirei se fosse Victor a farlo.

Rincorsa, Lutz, poi un quadruplo, lasciando che le lame tocchino terra solo per una frazione di secondo prima di riprendere il volo.
Eseguo un'altra trottola, un'evoluzione della figura da una posizione fetale fino ad essere in piedi, con un braccio alzato verso il cielo che tento di raggiungere con ogni salto, lo stesso cielo da cui Victor sembra venire, a cui Victor tenta di tornare, Victor, Victor, Victor...

Non mi do' il tempo di riposare, l'adrenalina corre nel mio sangue come fuoco, mi riscalda, è il brivido del volo, della velocità, è il brivido che mi dà Victor, anche se lui non è qui.

Quadruplo flip, axel. Mi alzo, volo ancora, sto ripetendo gli stessi salti ma non mi importa, non mi interessa.
Ma mentre volteggio nell'aria, mentre giro vorticosamente sopra il livello della pista, vedo una chioma di platino che entra in pista, due occhi di zaffiro blu che mi scrutano, duri, e io non posso fare a meno che soffermarmi su essi, soffermarmi troppo a lungo, e...
E cado.

Cado sul ghiaccio, mi dimentico di prestare attenzione all'atterraggio e cado, sbatto la nuca prima sulla barriera a bordo e pista e poi sulla pista stessa, cado e sento il gelo che si attanaglia a me, ma non riesco a muovermi, non riesco a rialzarmi, non riesco a concentrarmi su nulla a parte la mia vista che si annebbia, sono caduto, il dolore è lancinante, si propaga per la mia colonna vertebrale, corre per i miei nervi, attraverso i miei arti, e vedo tutto nero, perdo i sensi.

- Liubimiy! -

Spazio autrice
Eh lo so, ma dovevo mettere qualcosina di ansiogeno, no?

𝙰𝚛𝚜, 𝚊𝚛𝚝𝚒𝚜; victuuri (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora