Ariminum Circus è il titolo di una esposizione che ospiterà le creazioni del Maestro (un guru, scienziato e artista, che riunisce intorno a sé personaggi bizzarri) ma è anche il circo felliniano di una Rimini fantastica, lisergica, che ha ben ot...
Sul lungomare di Ariminum, nei pressi della Rossa Fortezza Bastiani, il Roc fissava l'azzurrità plumbea del Cielo e del mare.
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Assunta la posizione totemica – eretto in tutti i trenta centimetri di statura, la testa calva protesa verso l'alto, le ali spiegate – l'uccello albino dal volto umano cercava di emergere dalle vaste e insidiose paludi dell'oblio.
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Cosa ci faceva lì, in quel limite interstiziale fra Essere e Nulla, Luce e Ombra, Terra e Oceano? Si sentiva scombussolato e tuttavia in un habitat confortevole, vicino al centro spirituale del Cosmo. Questo era buono. Le zampe erano ben piantate al suolo? Abbassò il capo. Gli artigli erano affondati nella sabbia. Macchie biancastre dall'odore sgradevole erano raggrumate nei pressi. Era roba sua? Forse sì. O forse no. Aveva avuto un compagno, un amico o un fratello, che però non era con lui. I sedimenti potevano esserne i resti mortali. Improbabile. Piuttosto, sembravano scivolare da un orologio molle.
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Cosa significava tutto ciò? Che stava evacuando brandelli di pensiero, se non anche altro. E che la sua mente procedeva su sentieri che si biforcavano e che s'intrecciavano nello spazio e nel Tempo in infinite diramazioni, nessuna delle quali però conduceva dove avrebbe voluto. Cioè dove? Non lo ricordava più. Tornò al quesito iniziale. Cosa ci faceva lì?
Chiuse gli occhi. Si concentrò per focalizzare le fluttuazioni dello spirito su immagini che gli fornissero qualche indizio utile. Si materializzò la sagoma di uno specchio. Lo attraversò e venne catapultato a testa in giù in un Paese meraviglioso. Riconobbe il luogo natio. Remotissimo, tanto lontano da non essere neppure regolato dalle leggi della geometria euclidea. Un mondo cristallino, simmetrico, armonico, fatto di stelle e di conchiglie, di icosaedri e di frattali, di cubi neckeriani e nastri di Möbius, di trasformazioni individuali e di metamorfosi collettive riflesse in superfici concave e convesse, di giorni in negativo e di notti in positivo, di bianchi e di neri, con bagliori carminio o verderame qua e là: tanto perfetto da togliere il fiato.