Uno

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Il mio nome è Elide Anne Schneider, nel 1937 avevo 17 anni e fu allora che tutto ebbe inizio.

Sono la terza nata in una famiglia di cinque figli. L'unica figlia femmina.

Con la mia famiglia vivevo a Freipin, un piccolo paesino della Germania. Eravamo tutti e sette biondi con gli occhi azzurri. Anche se i miei capelli ricordavano di più il colore del fieno.

Come avrebbero detto in tanti, queste erano caratteristiche "da veri tedeschi". Già da tempo veniva considerato un vanto avere questi requisiti fisici, ma in quel periodo lo era sempre di più.

C'era una tale paura per ciò che era "diverso". Per me erano le stesse persone di sempre: i vicini che salutavi al mattino, i compagni che incontravi a scuola. Persone come me.

Ma quei pensieri dovevo guardarmi bene dal non dirli ad alta voce.

I miei genitori si chiamavano Christopher e Ludowika. Mio padre era un professore molto rispettato. E sperava che i miei fratelli, se non tutti almeno qualcuno di loro, seguissero la sua strada.

Però i miei fratelli, almeno i due più grandi, sembravano orientati più sull'idea che mio padre ha sempre sostenuto, avendo anche lui combattuto, del "Se servirà sono disposto a combattere per la mia Germania." Nonostante ciò, Hans, il più grande di tutti noi, era fatto per essere uno studioso.

A prescindere, io proprio non capivo che emozione potesse dare il pensiero di dover combattere. Quando esprimevo questo mio disappunto mi dicevano che essendo una donna e non potevo capire.

In quel periodo, uno dei miei due fratelli più piccoli, era recentemente entrato a far parte della Gioventù Hitleriana. Io per età rientravo nella Lega delle ragazze tedesche dove per lo più ci veniva rimarcata l'importanza del sangue puro ariano e di quanti figli avesse bisogno la Germania e spettasse a noi dargliene. Ci sentivamo dire sempre le stesse cose, indipendentemente dall'età e dal sesso, che fossimo a scuola, con le organizzazioni giovanili o in piazza chiacchierando con i cittadini «Se sei un uomo combatti, se sei una donna metti al mondo dei figli. Tutto e solo per il bene della Germania.»

I miei fratelli erano buoni ma vivevamo in un indottrinamento continuo e duro. I due maggiori erano già stati obbligatoriamente arruolati nell'esercito e loro ne andavano molto fieri. Con un lieto incoraggiamento da entrambi i miei genitori e con tanta ammirazione da parte dei nostri fratelli più piccoli, che a loro volta non vedevano l'ora di crescere ed essere arruolati.

Il mio fratello più grande, Hans, nacque nel dicembre del 1917. Mio padre aveva 18 anni al tempo e si trovava in Francia per la grande guerra. Sposò mia madre poco prima di partire, lei ne aveva 15 ed era incinta. Per quanto il loro sia stato un matrimonio riparatore non ho mai avuto dubbi sul loro amore.

Mio fratello qualsiasi sia il campo, vuole essere il migliore. Ho sempre pensato che fosse per il fatto che quando nacque, mio padre fosse in un paese straniero a combattere e crescere con mio nonno materno non fu facile per lui. Lo tormentava ripetendogli che fosse stato la rovina di mia madre, queste lamentele hanno spinto il suo carattere a voler primeggiare in tutto. Di conseguenza aveva una devozione cieca per il Reich e tutto ciò che lo comprendeva.

Aveva una fidanzata, Angelika, molto carina però non provavo una gran simpatia per lei. Da bambina era una grande snob e qualche anno prima era la fidanzata di Max, che divenne poi il mio fidanzato.

Nonostante in quel periodo stesse insieme a mio fratello non perse mai occasione di ricordarmi che prima di me, con Max, ci è stata fidanzata lei.

Nonostante quei difetti sembrava provare un affetto sincero per Hans, infatti sperava di sposarsi presto ma lui ancora non sembrava intenzionato di farle la proposta.

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