Diciannove

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«Non accettiamo neonati.» disse serio Franz.

«Come sarebbe a dire?» ero sconvolta.
«Troppo pericoloso. Troppo fragili e rumorosi.»

«Quindi che fate? Se c'è un neonato lo lasciate? Ve ne infischiate?»

«Pensi sia facile selezionare chi aiutare?»
«No. Ma anche il bambino che avevi stamattina era piccolo.» sentivo una grande rabbia dentro di me.

«Era abbastanza grande da capire che se gli dicono di fare silenzio, deve farlo. Un neonato no. Devi trovare un'altra soluzione.»

Ero affranta. «Va bene. Per i documenti allora ci pensi tu?»
«Sì, devi darmi i loro vecchi documenti. Poi quando sarà ora penseremo al trasporto e a farli scappare. Fidati, prima è meglio è. Tra quanto partorisce? Non può partorire in viaggio.»

Non avevo ancora rivelato di chi fossero le identità. Iniziai a sentire ansia e rimorso, temendo fosse tutta una trappola. «Non dovrebbe mancare molto. Dove li portate?»

«Meno sai, più siamo sicuri che non parlerai.»

Poi sentimmo la porta dell'ingresso aprirsi, il che voleva dire che erano arrivati dei clienti. Mi fece cenno di stare in silenzio.

Sentimmo la signora Schröder accogliere «Signor Schneider! Prego, come posso esserle utile?«

Guardai Franz e gli mimai con le labbra «Sarà mio padre?» ma lui invece che rispondere si portò nuovamente un dito sulle labbra per zittirmi. Non riuscii a controllare i muscoli del mio viso dal fare un'espressione di fastidio nei suoi confronti, ma lui sembrò non importare.

Però la voce che sentimmo non fu quella di mio padre. «Si, buonasera. Vorrei un mazzo di rose rosse.»

Hans.

«Vuoi anche scrivere un biglietto?»
«Per Lika da Hans?» il tono interrogativo mi fece quasi scoppiare a ridere rumorosamente. Faticai a trattenere la risata.

Franz mi guardò come se fossi matta. Come mio fratello se ne andò dal negozio iniziai a ridere.

«Cosa c'è da ridere?»
«Se conoscessi meglio mio fratello rideresti anche tu.»
«Io non credo.»

Mi venne spontaneo fargli nuovamente una smorfia per sbeffeggiare la sua aria di superiorità.

Ignorò la mia espressione e disse «Tu portami i documenti, poi trovo il modo di farteli avere di nascosto. Mi raccomando, non dirlo a nessuno.»

Me ne andai. Ero contenta di aver trovato modo di far avere loro dei nuovi documenti e un modo per lasciare il paese. Almeno con dei documenti falsi ero sicura li lasciassero andare, soprattutto se fossero partiti da una città dove nessuno li conosceva. Però il senso di tristezza di dover dire loro che non avevo trovato il modo di lasciarli tutti e tre insieme era grande. Anche se era già nel piano originale, fino a quel momento non avevo mai perso la speranza di poter dare loro la notizia che avrebbero potuto vivere tutti insieme.

Purtroppo la nausea si presentò di nuovo durante il tragitto di rientro. La casa dei miei genitori era più vicina per potermi riprendere un attimo. Perciò mi diressi direttamente là.

Trovai mia madre sola a casa. «Lidi, ciao. Come mai questa sorpresa?»

Avevo il vaso di fiori in mano, pensò fosse per lei.
«Ciao, mamma. Volevo fare delle compere però non mi sento molto bene. Oggi la nausea non mi da tregua. Perciò sono passata qua per riprendermi, se non ti dispiace.»

«È sicuramente una femmina.»
«Cosa?»
«La bambina che aspetti. Ho avuto cinque gravidanze e solo una mi ha provocato la nausea, quella di quando aspettavo te.»

Mi fece ridere il tono con cui lo disse. Poi lei aggiunse «Sei sempre voluta essere al centro dell'attenzione, era come se del primo momento volessi dire «Eccomi, sono qui.» Non potevo non metterti un nome speciale.»

Le sorrisi. Sapeva essere davvero dolce quando voleva. «Come mai sei sola a casa?»
«Avevano tutti da fare. Devo ammettere che avere ogni tanto così tanto silenzio a casa non mi dispiace.»
«Ho appena avuto un sentimento di nostalgia e vorrei entrare nella mia vecchia camera, ma ho paura di vedere come l'ha ridotta Lucas.»

Rise poi cambiò espressione, divenne più seria.
«Lidi, ora che siamo sole... posso chiederti di essere sincera?»

Sentivo il cuore che correva all'impazzata, come se volesse sfuggirmi dal petto e abbandonarmi lì.

La guardai come se non capissi. Non capivo davvero cosa volesse dire però avevo paura facesse qualche domanda di troppo. «In che senso?»

«Non te l'ho mai detto perché non siamo mai state sole e ammettiamolo, hai imparato a dire bugie fin da quando hai detto la prima parola. Volevo parlartene solo qualora fossimo state completamente sole così magari ti saresti confidata. Finora non era ancora capitato, ma visto che ci siamo... So che non ti sei sposata perché eri incinta. Lo sei ora, è chiaro. Ma fino a novembre no.»

«Mamma, che dici?» cercai di mantenere un tono e un'espressione come se volessi accusarla di pazzia.
«Puoi ingannare quella mandria di uomini che abbiamo come parenti, ma a me no. Ho messo al mondo io quel viso e riconosco quando cambia a causa di una gravidanza, ti devo ricordare quanti figli ho avuto?»

Cercavo di sostenere lo sguardo, senza far trapelare le emozioni. Dovevo stare seria. «Forse si nota solo più ora rispetto a prima. O magari non vedendomi spesso lo noti di più. Forse hai un ricordo del mio viso sbagliato e quando mi vedi ti sembra diverso.» parlai come se stessi prendendo la rincorsa, il mio tono era alterato. Ebbi la prontezza di pensare in fretta, ma mi stavo arrampicando sugli specchi.

«Di chi è il bambino?»
«Di Max, ovviamente. Questa conversazione sta diventando ridicola. Ora mi accusi anche di adulterio?»

«Elide.» disse con tono fermo.
«Mamma!» mi uscì più disperato di quanto desiderassi.

«Non tradirei mai mia figlia. Mai! Ho aspettato tanto per parlartene perché so che qualcosa non va. Neanche tuo padre, per quanto sia l'uomo che più amo e mi fidi al mondo, potrebbe capire. Perciò, sii sincera.»

«Ho sicuramente intenzione di avere più figli se ti interessa. Sono cresciuta bene in una grande famiglia e penso che sarebbe bello che i miei figli avessero la mia stessa esperienza di vita. Ma non mi aspettavo tutte queste congetture. Soprattutto da parte tua. Comunque, grazie per avermi ospitata, ora mi sento decisamente meglio. Vado a casa. Ciao, mamma.»

Speravo proprio che non avesse più sospetti o che se anche le fossero rimasti non ne avrebbe davvero mai parlato con nessuno.

Intanto delle domande mi tormentavano. Avrei dovuto dirle la verità? Mi avrebbe aiutata? O sarebbe andato tutto peggio?

Tornai a casa e spiegai la questione dei documenti ad Elisabeth e Rafael, omettendo i sospetti di mia madre. Avevo il cuore a pezzi nel dire loro che il bambino non sarebbe potuto partire con loro. Ma sembrarono capire. Lei ribadì che forse lo avrebbe lasciato comunque con noi, la spaventava andare nell'ignoto con lui o lei. Sapere la sua creatura al sicuro, l'avrebbe fatta stare più serena.

Non le dissi mai, che ogni volta che si apriva il discorso notavo il tremolio nella sua voce e nelle mani e gli occhi lucidi. Anzi, le dissi più e più volte «Sei la persona più coraggiosa che conosca. Quando finirà tutto potrai rivedere il tuo bambino. E sarà un giorno bellissimo.»

Un altro segreto che non le rivelai mai, è che poi andavo nella mia stanza a piangere, perché per quanto potessi sembrare decisa e coraggiosa, avevo paura tanto quanto lei. E mi sembrava sempre di non fare abbastanza.

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