Tredici

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Arrivò il giorno del compleanno di Clara. Avevo un abito che mi piaceva da impazzire e mi sentivo bellissima.

La cerniera era situata nel retro del vestito. Era fine e veniva nascosta dallo scollo sulla schiena. Perciò mi avvicinai a Max per chiedergli di chiuderla.
Sentii un brivido quando dopo averla chiusa mi passò un dito sulla spina dorsale. Era un tocco leggero e delicato come se volesse solo sfiorarmi.

Poi mi sistemò una spallina e mi baciò la spalla.

Non potei fare a meno di arrossire. Con quello scollo non potevo certo permettermi di indossare un reggiseno e con la sua vicinanza iniziai a sentire il volto diventare rosso e le guance avvampare.

«Sei bellissima, amore.»

Gli sorrisi timidamente.

Elisabeth bussò, le chiesi se avesse voglia di sistemarmi i capelli. Quando dovevo andare a un evento particolare chiedevo sempre a mia madre. E da quel che notavo dalle sue pettinature quotidiane, Lisi era sicuramente più brava di me nel fare i capelli.
Max uscì dalla stanza e lasciò entrare lei.

«Bello, questo vestito. Poi me lo presti.»
«Spiritosa!»

«Sarà una delle solite feste in grande di Clara?»
«Sicuramente. È ricca e le piace farlo notare.»
«Non l'ho mai conosciuta bene. A dire il vero, neanche a te conoscevo bene. A parte il tuo nome e che fossi una grande stronza, non sapevo altro. Che sono circa le stesse nozioni che conosco su Clara.»

«Forse non è mai stata tua amica perché era mia amica. Anch'io ho sempre pensato di te che fossi antipatica. Vorresti sapere perché inizialmente non mi andassi a genio?»

«Sono proprio curiosa.»
«Non so se ricordi, ma facevamo danza insieme da bambine.»
«Si, ricordo. Soprattutto la spinta che mi detti a un saggio.»
«Ti chiami Elisabeth. Da bambina avevo una fissa per Elisabeth, l'imperatrice d'Austria. E volevo chiamarmi come te. Ero gelosa. È una sciocchezza, lo so. Dissi a tutti che anche io mi chiamavo così ma in greco. All'imperatrice piaceva tanto viaggiare e si innamorò di un'isola Greca, Corfù. Dove si fece costruire anche un palazzo. E così dissi che quando andava in quel palazzo la chiamavano Elide.»

«Ed è vero?»
«No! Ho sempre avuto molta fantasia. Il mio nome non vuol dire niente, per questo mi chiamo anche Anne.»
«Sei proprio buffa.»
«E ti dicevo... ero gelosa del nome. Ed eri molto brava nel balletto. E te ne vantavi. Volevi sempre primeggiare in tutto. Però io sono identica. Perciò quando un giorno tu mi dicesti che il tuo tutù era più bello perché avevi una parte più importante, ti ho spinta. Da lì ti ho detestata.»

«Ricordo che spesso abbiamo avuto screzi stupidi anche quando eravamo più grandicelle. Ammetto che anch'io spesso non sono stata simpatica. Forse siamo due persone con un carattere forte. Però, ora ti ammiro tanto.»
«Mi ammiri perché al momento il mondo ti ha deluso. Non hai niente da ammirare in me.»

«Quando Max ci ha detto che ti avrebbe detto tutto, io volevo scappare. Mi sentivo come se mi stesse riconsegnando a quelle bestie. E nel momento che ti ho vista perdere la testa quando arrivando qui ci hai visti, ho pensato «Ok, è finita.» Non ho pensato di contraddirti subito quando pensavi fosse suo il bambino perché ho egoisticamente pensato che magari questo ti frenasse dal fare qualcosa di pericoloso nei nostri confronti. Ma quando ho visto come ti sei ricomposta una volta alzata in piedi da quella sedia in salotto dopo la crisi di nervi avuta, decidere di aiutarci e di salvare in primis il mio bambino, ho capito che eri una persona fantastica. So che te l'ho già detto ma, io molto probabilmente non avrei avuto il tuo coraggio e la tua forza. Sono sincera.»

«Si, però ho pensato di denunciarvi per effrazione di domicilio.»
«Non l'hai fatto, Lidi. Per me conta solo questo.»

Stavo per piangere ma con tanta forza di volontà trattenni le lacrime. Le rivolsi un sorriso e la ringraziai per i capelli.

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