Diciotto

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Qualche giorno dopo dovevo urgentemente andare a fare un po' di compere di genere alimentare. Quindi, come al solito feci colazione, mi preparai e chiesi nuovamente a Elisabeth e suo padre di nascondersi in cantina. Dopo quel sogno ero diventata ancor di più paranoica, come se non lo fossi stata già di natura.

Nonostante l'aria fredda mi pungesse il viso, non nevicava ed era spuntato il sole. Il bel tempo mi fece venire il buon umore ed essendo una delle mie attività preferite fare lunghe passeggiate, ne approfittai per allungare un po' la mia uscita e girare per il paese prima di fare le compere.

Era un giorno feriale perciò non c'erano molte persone nella piazza centrale. Non fu difficile notare la scena straziante che stava avenendo in quel momento.

Benjamin Epstein e sua moglie Olga, due anziani signori molto gentili, inginocchiati per terra che pulivano il marciapiede con degli spazzolini da denti. La scena era già orribile così e come se non bastasse venivano presi a urla e a sputi.

Le due bestie che urlavano commandi erano Jahn e Friedrich.

La signora Epstein veniva chiamata «Puttana!» da Jahn ed entrambi sputavano in terra come barbari e gridavano «Non vedete che è ancora sporco? Pulite, luridi!»

Sentivo le orecchie che fischiavano e la rabbia salire. Lo stomaco bruciava. E non riuscii a starmi zitta.

Urlai il nome di chi pensavo avrebbe potuto darmi ascolto.

«Friedrich!» il mio tono era quasi isterico.

Ma mio fratello non rispose subito. Troppo impegnato a lanciare la cenere della sigaretta che stava fumando, sulla strada.

Jahn però si rivolse a me, avvicinandosi minaccioso e prendendomi per il polso «Tu che hai da guardare, scrofa? Vattene.»

Stavo per aprire bocca per rispondergli che Fred si affrettò nell'avvicinarsi a noi. «Non vedi che è mia sorella? Lasciala!» poi mi tirò lontana dalla scena e mi chiese «Cosa ci fai qua?»

«Devo fare la spesa. Tu cosa stai facendo? Torturi degli anziani? Non potete ignorarli e basta? Mi stai facendo schifo.»

Sospirò. «Vai a casa, Lidi.»

Esasperata me ne andai, cambiai strada e imboccai il vicolo che precedeva la via della bottega ed eccola, di nuovo che veniva a trovarmi. La nausea.

Cercai di resistere e riprendermi. Posai una mano sul muro per posare la fronte e cercare di stare calma. Sentii quasi subito dopo una voce famigliare. Franz.

«Elide, sei tu? Ti senti bene?»

Almeno non mi aveva chiamata col mio cognome da nubile.

«Ho la nausea. Sai dov'è Max?» chiesi un po' intontita.
«No. Non è con me. Hai bisogno di aiuto?» nel suo tono si celava un velo di premura.
«No, ora mi passa. Grazie.»

Mi fece cenno di saluto e sparì. Come ripresi a stare meglio, mi incamminai verso la bottega. Comperai tutto ciò che serviva e tornai indietro.

Appena mi trovai nuovamente nel vicolo dove poco prima mi sentii male, vidi di nuovo Franz che con fare sospetto faceva uscire un bambino che avrà avuto massimo tre anni, da una casa.

Si guardava attorno e sbiancò come mi vide.

Il mio istinto mi fece subito avvicinare e chiesi «Che fai con quel bambino?»

Aveva lo sguardo disperato. Mi fece cenno di stare zitta. Iniziai a sentirmi spaventata. Sentivo le lacrime pronte a uscire. Non riuscivo a capire cosa stesse accadendo.

Poi bisbigliò «Anne, ti prego, fai silenzio.»

Provai un turbinio di emozioni tutte in meno di un'ora e stranamente non riuscii a fiatare. Ho sempre avuto la brutta abitudine di rispondere. Anche nei momenti meno opportuni. In quel momento invece, stetti davvero zitta.

Arrivò un altro uomo, più grande, portava con sé delle valigie. Mi squadrò e Franz disse «Lei è a posto, facciamo in fretta.»

L'uomo prese il bambino e se ne andò furtivo e in silenzio verso la via accanto dove passavano gli autobus, salì in fretta su uno che stava passando e sparì.

«Franz, cosa...»
Bisbigliò interrompendomi «Non devi dire a nessuno di tutto questo.»

«Non saprei che dire, avete sequestrato un bambino. Ed io come una codarda non ho fatto niente.»

Mi squadrò con fare titubante, poi si guardò nuovamente attorno con fare paranoico e abbassando nuovamente la voce mi confessò «Lo stiamo portando via. Per salvarlo. Ha assistito a troppe scene violente.» poi mi fece cenno con la mano come se volesse scacciarmi «Ora vai a casa.»

«Aspetta.» Mi guardò quasi male, come se gli stessi facendo perdere tempo. Poi aggiunsi tenendo anch'io un tono molto basso della voce  <<Lo portate davvero al sicuro?>>

Sbuffò. «Sì. Non posso dirti tutto ma mantieni il segreto.»

Fantastico, un altro segreto da tenere sul groppone.

Feci la strada del ritorno con l'angoscia.

Poi come una lampadina, vidi un'idea accendersi nella mia mente.

Se Franz era stato sincero e quel bambino stava andando altrove per stare bene e in pace, allora aveva anche i documenti per lasciare il paese. Quindi sicuramente poteva procurarmi i documenti per Rafael ed Elisabeth.

Forse avrebbe anche potuto partorire altrove e stare insieme al suo bambino.

Io avrei potuto benissimo dire che avevo perso il primo e avevamo provato ad averne un altro e così lui o lei sarebbe stato con la mamma e noi avremmo potuto crescere il nostro senza dover dare troppe spiegazioni.

Dovevo saperne di più.

Una volta tornata a casa non anticipai niente a nessuno. Non volevo dare false speranze. Dovevo prima avere tutto chiaro ed essere sicura di fare la cosa giusta.

Nessuno doveva farsi male.

Così il pomeriggio stesso, mi presentai senza nessun preavviso nel negozio dei genitori di Franz. E visto che erano dei bravissimi fiorai, mi sarei regalata una bella composizione da mettere in salotto per dare un po' di colore e vita a quella stanza.

Entrai e la signora Schröder mi accolse col sorriso.

«Buonasera cara Elide, come posso esserti utile?»
«Buonasera signora Schröder, vorrei una composizione da vaso, per metterla in salotto. E vorrei sapere se c'è la possibilità di parlare con suo figlio?»

«Franz? Oh, si certo. Lo chiamo subito.» sembrava confusa.

«Lidi, cosa ci fai qui?» il suo tono era da ammonimento.
«Dovremmo parlare.»

Dallo sguardo della madre pensai che stesse pensando che il figlio fosse il mio amante. Ma poi si lanciarono uno sguardo d'intesa e mi condussero nel retro.

«Vorrei sapere come funziona. Sempre se non mi stai mentendo e ora mi arrestano.»
«Curioso che sia tu quella che dubita di me, quando qualcuno molto vicino a te, fa determinate cose.»

Potrei giurare di aver sentito una fitta allo stomaco e al cuore ma cercai comunque di non darlo a vedere  «Senti, Franz. Stamattina ti sei fidato di me. Perciò, per favore, spiegami come funziona.»
«Se arrestano me o i miei genitori, giuro che dico che eri anche tu coinvolta.»

Annuii.

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