Ventiquattro

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«Dove montiamo la culla?» chiese Friedrich.
Indicai la camera «Non riuscivate a trasportarla già composta?»
«Pensi che mamma e papà l'abbiano conservata intatta in attesa che uno di noi cinque mettesse su famiglia?» chiese Hans ridendo.
«Non sarebbe stato male.» ero seria, almeno se ne sarebbero andati via presto. Non che non li volessi lì, ma pensare Rafael e la figlia al freddo in cantina e sicuramente con lo stato d'animo non sereno mi faceva stare in pena per loro.

Una volta finito di montare la culla ci sedemmo tutti a tavola a mangiare qualche pezzo della torta di Angelika.

«Chi l'avrebbe mai detto che quando venivi a casa per giocare con noi alla fine era una scusa per vedere nostra sorella.» disse scherzando Hans nei confronti di Max. Era insolitamente di buon umore e spiritoso a modo suo.

«Peccato che da bambino non mi sopportasse. Mi diceva che ero sempre in mezzo e voi giochi da "femmina" non ne facevate, quindi di tornare a giocare con le bambole altrove.» puntualizzai.

«Una bambola te l'avevamo anche rotta. Tu eri a danza e papà era dovuto correre a comprarne un'altra per sostituirla, perché come disse lui "altrimenti sai che lagna". Ricordo che c'era Lucas piccolo, perciò la convivenza nella stanza tra me e Hans era appena iniziata e per gelosia eravamo andati nella tua camera perché avevi la stanza tutta per te e avevamo rotto la tua bambola preferita. Max gli aveva staccato la testa.» disse ridendo Fred.

Fulminai Max con lo sguardo «Mi detestavi proprio! Io ti volevo bene.»
«Ero un bambino.» fece spallucce mentre rideva ed io lo guardai facendo finta di esserci rimasta male e mi accarezzò la guancia.

«Non avevi amiche con cui giocare?» chiese Lika.
«Si, Clara e Mathilde. Però mi piaceva stare con i miei fratelli. Noi tre eravamo molto uniti e stavamo molto insieme.»
«Con me Max è sempre andato d'accordo, vero? Forse ero l'unica femminuccia con la quale giocavi, ero un po' maschiaccio da bambina. Per fortuna sono cambiata vero, Hans?» dicendo l'ultima frase cambiò tono, era più stridulo.
Alzai gli occhi al cielo. E Fred notando il mio fastidio esordì con «Allora, quando vi sposerete?» e poi scoppiammo a ridere sapendo che questa domanda metteva in difficoltà nostro fratello.
«In verità, non ci sposeremo, almeno non a breve. Inoltre gradirei precisare, che per quanto andassimo tutti e tre d'accordo, voi due avevate un rapporto più stretto. Eravate complici. Come per esempio, ora. Un po' ero geloso.» ammise Hans.
«Tu non ti facevi punire per me. Volevi sempre essere migliore in tutto. Non è una critica, però caratterialmente eri più responsabile. Ma ti adoravamo comunque. Eri un esempio, che non seguivamo, ma pur sempre un esempio.»
Dopo questa mia risposta scoppiò a ridere.

Poco prima di andare via Fred mi disse «Ho un regalo per te. Per ringraziarti della tua comprensione. Anche se forse è più per il bambino. Ma ho pensato ti potesse far piacere.» gli sorrisi e lo ringraziai per il pupazzo a forma di orsacchiotto. E per un momento pensai di dirgli tutta la verità. Ma non sarebbe stato giusto nei confronti di Elisabeth. Questo mi spinse ancor di più nel volerle raccontare tutto, il prima possibile.

La prima cosa che disse Lisi appena salita dalla cantina fu «La culla l'avete messa in camera vostra...» aveva il tono triste.
«Ho deciso io, mi prendo le colpe. Ma ho pensato fosse più facile averlo vicino invece che alzarci spesso. Quando sarà più grande avrà la sua stanza.»
«Ma i primi mesi avrà bisogno di me.» disse con la voce spezzata.

«Lisi...» Mi si spezzò il cuore, non sapevo come spiegarle che non sarebbe stata presente nei mesi a seguire del parto «Non partirete subito dopo che partorirai però nemmeno molto dopo. Non volevo ferirti mettendo la culla in camera, ho solo pensato alla comodità. E...» non sapevo come dirle il resto, dovevo prendere coraggio «E ho pensato che se si fosse abituato a noi fin da subito sarebbe stato più facile in seguito.»
Scoppiò a piangere ed io mi odiai per aver agito così egoisticamente e averglielo sbattuto in faccia.

La raggiunsi poco dopo in camera sua «Lisi, ti volevo chiedere scusa se ti ho offesa. Pensavo di semplificare le cose ma non è giusto nei tuoi confronti. Se vuoi, finché resterete, la culla la spostiamo qua. Io non vorrei separarti da tuo figlio, credimi. E non mi permetterei mai di impormi. Avevo già intenzione di farvi stare insieme il più possibile, però la mamma è sempre la mamma e se si complicano le cose e dovrete lasciare il paese all'improvviso, lui o lei non accetterà mai me, perché capirebbe che non sono te. Lo volevo fare negli interessi del bambino. Però capisco il tuo dolore e mi dispiace.»

«No, non c'è bisogno che ti scusi. Hai ragione. È solo che il tempo sta passando veloce e più si avvicina il giorno più sono spaventata. Ho paura di non farcela, sia per quanto riguarda sopravvivere sia per quanto riguarda separarmi dal bambino. È nel mio grembo, lo sento crescere e muoversi, eppure sento già il vuoto che lascerà non poterlo stringere tra le mie braccia e vederlo crescere.»

«Si, posso immaginarlo... prima o poi questa follia cesserà e potrai rivederlo. Pensa che anche se è difficile tutto questo lo stai facendo per poterlo abbracciare un domani.»

Nonostante stesse piangendo iniziò a ridere, come se fosse una risata nervosa «A pensare che qualche mese fa ti ho dato più volte dell'egoista. Ti sono grata per tutto quello che stai facendo e che farai per il mio bambino.»
«Penso che qualsiasi persona con un cuore lo farebbe. Ora, visto che mi vuoi ancora bene, dovrei parlarti di una cosa importante ma anche molto delicata. Siccome potrebbe essere difficile per te da sentire, te ne parlerò solo quando ti sentirai di ascoltare e capire. Me lo dirai tu, d'accordo?»

«È ciò che di cui dovevi parlare con Max ieri?»
«Sì.»

«Se pensi che sia difficile da digerire vorrei che me ne parlassi ora. Così avrei tutta la notte per assimilarla mentre papà russa nel letto accanto.»

«Riguarda Friedrich.»
«Me lo sono immaginata.»

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