Tre

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Volevo andare via, ma la sensazione nauseante permaneva e riuscii solo ad uscire da quella stanza e dirigermi verso la sedia più vicina in salotto.
Max mi seguì, disse qualcosa ma io non riuscivo a sentirlo, i pensieri mi ronzavano in testa ad un volume troppo forte.

Presi un grande respiro, dovevo calmarmi.

Quando finalmente riuscii ad alzare lo sguardo verso Max, ero nervosa e non riuscivo più a trattenere i miei pensieri «Dovrei rischiare tutto per il tuo bastardo ebreo?» potevo risparmiarmelo, suonavo proprio come mio padre, ma la gelosia e la rabbia mi fecero pensare solo parole piene di veleno e mi fecero uscire tutto l'astio che stavo provando in quel momento.

Elisabeth si rivolse a Max con un fastidioso tono di voce «Max come ti è venuto in mente di portare lei qui? Non ci aiuterà mai. Tornerà a casa dagli altri suoi familiari nazisti e ci denuncerà, tradirà anche te.»
Lui guardò entrambe con preoccupazione e le rispose «Mi fido ciecamente di lei.»

Sospirai e riflettei un attimo cercando di essere più lucida.

Quando riuscii a scansare i sentimenti negativi dal mio cervello, gli dissi «Per quanto mi sconvolga la situazione, capisco perché tu voglia aiutarli. Se fossi stata al posto tuo, con persone a cui voglio bene, forse avrei fatto lo stesso.»

Come pronunciai queste parole, vidi immediatamente la speranza riaccendersi sul viso di Max che rivolse un sorriso timido.

Guardai il dottor Rosenthal e sua figlia e dissi con un tono basso, quasi in un bisbiglio, in modo che potesse sentirmi solo Max che si trova ancora vicino a me «Dovremmo trovare il modo per far sì che loro lascino la Germania. Non sarà facile ottenere dei visti. Forse con dei documenti falsi ma... è rischioso, li conoscono tutti e non possiamo di certo farci beccare nell'intento di comprare dei documenti falsi, ancora meno se sono per loro. Non saprei nemmeno a chi chiedere. Soprattutto perché la situazione sta degenerando, l'altro giorno ero con Konrad a prendere dei Bretzel e alcuni dei tuoi amici commilitoni stavano picchiando Balthasar Elfer, in mezzo alla strada, solo perché voleva comperare del pane. E la cosa che mi ha sconvolta di più è stata mio fratello, il mio dolcissimo fratellino, che è rimasto impassibile vedendo quella scena. Max è una follia! Dovresti sapere più di me come stanno andando le cose. Per di più Elisabeth è incinta non posso avere anche un bambino che non è neanche nato sulla coscienza nel caso le cose dovessero andare male.»

«Hai ragione Lidi, ma troveremo un modo. Insieme.»

Disse "insieme" scandendo la parola, come se sentisse in particolare modo quella parola, ma io non avevo di certo dimenticato che il bambino fosse suo.

Come poteva aver fatto questo? Prendermi in giro, facendomi credere che lui provasse qualcosa per me, mi feriva anche pensare il fatto che avrebbe sacrificato me per lei. La doveva amare davvero tanto.

Ma ormai ero a conoscenza di quel segreto ed il bambino non poteva pagare lo scotto di tutto questo. Si trattava di persone dopotutto, potevo e dovevo mettere l'orgoglio da parte.

Sentii un peso nel petto, cercai di fare un gran sospiro per buttarlo fuori, liberarmi, ma nel profondo sentivo che la cosa migliore da fare era riflettere per bene, sopportando la gelosia e la delusione trovando un modo per uscirne tutti quanti vivi.

Nonostante tutto non avrei sopportato che potesse succedere qualcosa di spiacevole a Max, gli ero troppo affezionata. Forse se avessi saputo tutto e ci fossi stata di mezzo pure io avrei potuto evitare risvolti sgradevoli.

Mi voltai verso colei che era diventata ancor di più la mia rivale e le dissi «Sono disposta ad aiutarvi, soprattutto per il bambino, ma sarebbe più sicuro se portassi a termine la tua gravidanza ed il bambino lo crescessi io come se fosse mio. So che non è piacevole da sentire ma le circostanze sono fatali, stiamo rischiando molto per voi e detto sinceramente non so come andrà a finire, se riuscissi almeno a salvare un bambino innocente dormirei meglio la notte. Mi auguro almeno che nasca biondo.»

Effettivamente Elisabeth non aveva i capelli neri, più scuri dei miei ma erano abbastanza chiari, una gradazione accettabile.

La mamma era una bella donna, i capelli erano come i suoi, scuri ma non troppo. Solo in quel momento, mentre analizzavo Elisabeth notai che la madre non fosse presente e mi chiedevo dove fosse.

Il padre invece ormai con l'età che avanzava, dato che era decisamente più anziano del mio, aveva i capelli brizzolati ma ricordavo con precisione che i suoi capelli fossero praticamente neri quando era più giovane.

Se il bambino era davvero di Max allora credevo che avesse molte probabilità di nascere biondo. Non che fosse un dettaglio che mi importasse davvero, ma se dovevo spacciarlo per mio e di Max sarebbe stato alquanto sospetto che non riportasse i nostri colori. Passerei per adultera. Anche se il generale Himmler ribadì più volte in quegli anni, che anche le ragazze madri sono ben volute nel reich, per il semplice fatto che mettevano al mondo i figli della Germania, non mi piaceva comunque l'idea.

In ogni caso Elisabeth non deve aver apprezzato molto le mie parole infatti mi rispose urlando «Sei una scellerata!»

Il dottor Rosenthal, che era rimasto in silenzio fino a quel momento zittì la figlia rivolgendosi verso di me dicendo con tono pacato «Grazie Elide.».

Rimasi sorpresa dalla sua gentilezza, per quanto sincera non ero stata molto cordiale. Anche se pensavo che ciò che avevo esposto fosse la soluzione migliore per tutti, tutt'ora non penso che a parti inverse l'avrei accettata volentieri.

Poco dopo, essendo ancora un po' offesa mi congedai da tutti loro «Ora vado a casa, ho molto da assimilare e non ho più voglia di vedere le vostre facce. Di nessuno dei tre.» dissi l'ultima frase guardando negli occhi Max perché recepisse bene il messaggio. Sperando capisse che volevo tornare da sola a casa e che ero furiosa con lui.

Ero una persona molto orgogliosa e sono stata viziata al punto da pensare di poter avere sempre ragione e poter dettare le regole. A volte sbagliavo ma in quel caso sapevo che qualcosa di buono lo stavo facendo perciò mi gustavo tutto il diritto di tenere il muso al ragazzo che mi stava spezzando il cuore.

Mi voltai e mi diressi verso la porta di casa, sentii una mano sulla spalla.

Riconobbi immediatamente il tocco. Come avrei potuto riconoscere come poggiava la sua mano su di me?

Mi irrigidii, il cuore mi batteva forte. Ero offesa e avrei voluto urlargli tutto ciò che provavo ma gli volevo ancora bene e non mi piaceva fare sceneggiate in pubblico, in quella casa eravamo in troppi per i miei gusti. E non potevo passare dalla parte del torto, soprattutto non davanti alla mia arci nemica di sempre. Perciò mi girai e gli dissi «Scordati di fare il carino, non mi vedrai per qualche giorno. Devo riuscire a perdonarti. Ti aiuterò ma non pretendere che sia tutto come prima. Sono ferita.»

Aveva sul volto un'espressione indecifrabile ma non obbiettò e mi lasciò andare.

Tornai a casa abbastanza stizzita ma prima di varcare la soglia dovevo cercare di fingere che andasse tutto bene, le domande sarebbero state troppe e non avrei saputo che scuse inventare.

Sapevano tutti che ero con Max e gli avrebbero una predica anche senza saperne il motivo. Soprattutto mio padre.

Non potevo pensare di preoccuparmi anche di quello.

Avevo un pensiero che mi tormentava e dovevo anche studiare un modo per fingermi incinta dato che non molti mesi dopo avrei avuto un neonato tra le braccia e avrei dovuto fingere che fosse mio.

Tutto questo per un errore che non avevo commesso io. Forse avrei preferito non sapere niente di tutto ciò.

Ma, avevo una grande esperienza nel mentire ai miei genitori e mi finsi felice come sempre.

Entrai dentro casa e salutai tutti con un sorriso.

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