Capitolo 6 Pt.1 "Plenilunio piovoso"

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-Arrivai giusto in tempo per il colloquio dei Ranger, entrai nella sala riunioni dove c'erano già tutti seduti in cerchio ad aspettarmi, così presi una sedia e mi accomodai per ascoltare la possibile novità.

Il capo della sicurezza Edward Scott o come lo chiamavano tutti "Eddie", si alzò con un'espressione al quanto preoccupata e disse: "Signori, qualche giorno fa il magazzino del cacciatore Jack Pike è stato trovato scassinato e alcuni oggetti al suo interno sono stati bruciati". Le sue parole per me non avevano nulla di nuovo, così per non farmi scoprire feci finta di nulla, ma appena sentii la parola "Pike" uscire fuori dalla bocca di Eddie, mi venne un forte mal di testa e ogni volta che ripeteva quel cognome continuava a peggiorare, così gli chiesi se avessi potuto uscire per prendere aria.

"Signor Walsh, qui stiamo trattando un argomento grave quindi la prego di non interrompermi", mi disse con tono infastidito. Sbuffai in silenzio e continuai ad ascoltare, ma il compito di andare a fare dei controlli in quella zona fu incaricato a un altro Ranger, così continuai ad ascoltare fino al mio turno ed Eddie disse: "Bene Walsh, tu muoverai sul lato nord della città, al "Confine delle siepi". Il Confine delle siepi è un luogo in profondità della foresta ed è uno dei luoghi con più specie di predatori. Davvero poche persone sanno come sia fatto quel posto; non tutte sono tornate indietro ed Eddie ne era al corrente così decise di farmi da spalla per l'impresa. È un luogo pericoloso e l'accesso è severamente vietato ad un normale cittadino. Ringraziai Eddie e tornai a casa di Ria come le avevo promesso, ma mentre tornavo continuavo a pensare a quel cognome che sembrava darmi fastidio alla testa: "Dov'è l'ho già sentito? Eppure suona familiare". Scossi la testa e provai a non pensarci. Subito dopo qualche passo incominciò a diluviare, la luna piena sparì e incominciò a piovere. Io ero senza ombrello, ma non mi feci un grosso problema e mi incappucciai come sono solito fare anche a ciel sereno. Era buio ma in mezzo la strada bagnata e la luce soffusa dei lampioni, intravidi una figura che correva verso di me con un ombrello. Socchiusi gli occhi ma non riuscivo a capire chi fosse, fino a quando non arrivò davanti a me, alzò l'ombrello e..." COSA CI FAI QUI RIA? FA FREDDISSIMO E PIOVE A DIROTTO!!" urlai e lei con il suo dolce sorriso disse a voce calma: "Tieni, se ti ammali a me dispiace...torniamo a casa". Mi porse l'ombrello, lo presi e di corsa tornammo a casa. Appena entrammo, ci guardammo entrambi zuppi e scoppiammo a ridere l'una dell'altro. Mi chiese di rimanere per la notte, così mi preparai per fare una doccia. Mentre l'acqua mi cadeva sul viso pensavo a come avrei dovuto confessare la mia "maledizione" a Ria, che era seduta sul divano aspettando il suo turno per farsi il bagno.

- "Joey, io ho paura di farle del male"

- "Sta tranquillo, so benissimo cosa provi e non le farei mai del male"

- "Ma cosa dirà quando mi vedrà il quello stato?"

- "Non ti vedrà, faremo in modo che non succeda"

- "D'accordo, ci sto, spero che vada tutto bene"

- "HEY HAI FINITO?"

- "SCUSA ESCO SUBITO"

Uscii dal bagno e andai in cucina, presi il telefono e ordinai due pizze, mentre Ria era in bagno a lavarsi. Mi sedetti sul divano ad aspettare quando sentii suonare il campanello, aprii la porta e presi le pizze e poi realizzai..." Certo che ci mette un bel po', le pizze sono arrivate prima che uscisse dal bagno.

- "ECCOMI"

- "Hey, certo che ce ne metti di tempo"

Si mise a ridere e poi mangiammo le pizze mentre parlavamo.

Appena finita la cena, prese la mia felpa bagnata e svuotò le tasche per metterla in lavatrice, ma mentre metteva la mano in una delle tasche urlò facendo volare via l'oggetto al suo interno. Mi avvicinai e le chiesi cosa fosse successo, lei mentre si copriva la mano disse "Non so...c'era qualcosa di rovente nella tua felpa e mi sono bruciata". Le fasciai la mano e raccolsi l'oggetto finito in un angolo. "OH MIO DIO ORA RICORDO!", urlai con in mano...la penna di Angel Pike. Ecco dove avevo sentito quel cognome. Mi girai verso Ria e la tranquillizzai, non potevo raccontarle nulla, almeno per adesso. Era quasi mezzanotte e mi preparai le cose nella mia stanza, sentii bussare alla porta, aprii e Ria disse: "prima che vada posso farti un po'di compagnia?", la lasciai entrare e mi sedetti sul letto a leggere un libro, lei guardava il telefono e cercava una posizione comoda. Ridevo mentre la guardavo, perché non riusciva a stare comoda e rivoltava le coperte.

"Vieni qui affianco a me" le dissi, portando il mio braccio dietro la sua schiena. Notai dal braccio un po' scoperto dalla manica del pigiama una fasciatura, così le chiesi:

- "Hey ma, perché hai il braccio bendato"?

- "Il mio taglio sul braccio...non ricordi"?

Era strano che portasse ancora la fasciatura, perché passò molto tempo dall'incidente e la ferita si sarebbe dovuta chiudere da un po'.

- "ti fa male?"

- "Sì un po'"

- "Fammi vedere"

- "No tranquillo sto bene"

Sembrava strana così provai a prenderle il braccio e controllare, ma appena provai ad avvicinarmi urlò: "No, fermo!" e mi spinse verso il cuscino.

- "Ma come ti salta in mente?!"

- "Ti avevo detto di non avvicinarti, non insistere"

Sbuffai e mi rialzai, poi dissi: "Senti sono stanco quindi...meglio che tu vada". Lei girò la testa dall'altra parte e disse: "Mi stai cacciando?". Un po' mi diede fastidio ma mantenni la calma per non creare litigi inutili e dissi: "Certo che no, è casa tua" e risi, ma non sembrò le avesse fatto ridere così si alzò e disse: "Sì ok, buonanotte".

La guardai non capendo cosa avessi fatto di male, ma non volevo continuare la discussione così mi scusai e le chiesi se voleva restare ancora un po', ma non rispose e chiuse la porta.

Non sembrava arrabbiata o infastidita, ma aveva fretta di uscire dalla stanza. Mi sedetti sul bordo del letto a pensare al suo strano comportamento ma avevo troppo sonno, così chiusi la porta a chiave e mi accasciai sul letto cercando di dormire. Continuavo a guardare il soffitto mentre piano chiudevo gli occhi, voltai lo sguardo e guardai verso l'orologio: "23:45", pensai che fosse strano che avessi così tanto sonno e che fosse così presto ma proprio all'ora sentii smettere di piovere e la luce della luna piena passò dalla finestra illuminando la stanza. Mi godetti quell'attimo di silenzio e finalmente mi addormentai.

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