Leia Organa:un viaggio in speeder

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Il sole se ne stava nascosto dietro un banco di nuvole grigiastre che di tanto in tanto si lasciavano scappare qualche goccia gelida. Tempo alcuni minuti e uno di quelli che sperava fossero gli ultimi temporali della stagione avrebbe inondato il cielo di Coruscant. Il suo speeder, guidato da fedele astromecca R2-D2, si era imbottigliato nel traffico della sera. Tra chi suonava intensamente il clacson, tra chi di tanto in tanto urlava qualche cosa di indecifrabile in una lingua sconosciuta c'erano quelli come lui, troppo stanchi e semplicemente rassegnati a passare tutto quel tempo fermi ad aspettare. La sua mente, da sempre molto intuitiva, le aveva suggerito di usare quel tempo che molti definivano sprecato per organizzare i suoi impegni o addirittura pianificare i vari discorsi da tenere nel senato della nuova Repubblica. Quel giorno, però, era troppo stanca anche solo per pensare di poter lavorare. Chiuse gli occhi e cominciò a far vagare la mente.

Erano passati circa due anni, o poco di più, dalla distruzione della seconda morte nera. Due anni da quando palpatine e la sua fastidiosa voce erano stati messi a tacere e da quando la ribellione  aveva garantito di nuovo la libertà ai pianeti sotto il controllo del suo impero. C'erano voluti mesi, se non l'intero anno seguente all'accaduto, per distruggere, regolarizzare, o venire a trattati di pace con gli ultimi stabilimenti imperiali ma alla fine tutto si era concluso con una grande unione, denominata appunto la nuova Repubblica. Anche se non lo avrebbe mai ammesso di fronte ad una persona qualunque il primo mese dopo la sua proclamazione era stato devastante per lei.

Mentre il resto della galassia, o almeno la maggio parte, si godeva la pace appena riconquistata e l'inizio di una nuove era lei era tormentata da domande esistenziali non indifferenti. Fin dalla sua infanzia i suoi interessi non erano né i vestiti, né le acconciature, né tantomeno le buone maniere e l'etichetta come la sua mente pianificatrice aveva sempre fatto credere. No, da quando aveva "per sbaglio" sentito una conversazione tra suo padre e sua madre. Nella sua mente di soli dieci anni si erano scatenate una serie di emozioni tra le più varie. Paura, nell'udire come andavano realmente le cosa al di fuori della casa che tanto amava. Incertezza, di fronte all'inequivocabile prova che dimostrava quando nessuno fosse al sicuro, come sua madre insisteva ogni volta che lei tirava fuori l'argomento. Sorpresa, davanti a un così accentuato accanimento di suo padre a fondare una "ribellione" contro le continue ingiustizie dell'imperatore di cui al tempo non aveva capito bene il nome. Orgoglio, al solo sentire sapere che i suoi genitori non erano solo i "ricchi senatori" che molti definivano, ma delle persone coraggiose pronte a tutto, anche alla morte, per proteggere la libertà del popolo e i valori a loro cari. Determinazione, in fondo se i suoi amati genitori potevano fare una cosa del genere appena diventata abbastanza grande ne avrebbe preso parte senza indugio, nessuno avrebbe potuto ostacolarla. E infine una cosa a cui tempo non aveva dato troppa importanza: la speranza, che finalmente torni la pace e la libertà di cui lei non sapeva se comprendere il reale valore. Questa tempesta venne interrotta da una delle numerose ancelle del palazzo che aveva deciso di pulire l'argenteria decorativa proprio in quel momento. Ricordava il sangue raggelarsi nelle vene al solo pensiero di essere scoperta in giro ad un orario in cui lei avrebbe dovuto fare i compiti. 

Da quel giorno ricordava di passare tutto il suo tempo libero a scrivere e pronunciare discorsi davanti al suo ricco pubblico di animali di pezza: un loth-gatto, un tooka e un puffer pig sarebbero stati un buon inizio per quella che sperava sarebbe diventata una brillante carriera politica. Purtroppo a quell'epoca la sua mente, ancora troppo ingenua per capire la reale gravità del problema, non aveva capito che il potere rimasto nelle mani del senato era pressoché nullo, era una semplice parvenza di normalità facente parte del più vasto piano dell'imperatore. Tutto sembrava normale, la popolazione viveva ignara di essere sotto il controllo di un unico individuo che  all'inizio della sua carriera si era spacciato come colui che aveva posto fine alla guerra che portava comunque un bilancio non indifferente. Ricordava con quale tristezza aveva accolto la notizia, durante una delle sue prime vere riunioni a fianco di suo padre come tirocinante dell'accademia politica di Aldeeran, alla quale era riuscita ad iscriversi dopo una lunga sessione di negoziati con suo madre sotto l'appena troppo divertito sguardo di suo padre. Quel giorno aveva circa quattordici anni, insieme a lei era venuto un gruppo di altri studenti, chi per discreto interesse, chi per mancanza di alternative  e chi sono esplicito comando genitoriale era finito nella sua stessa classe ma una cosa era certa: nessuno aveva la sua determinazione, tantomeno prestava il suo interesse alla riunione. Questo era il sostanziale motivo per cui nessuno oltre lei si era accorto del malfunzionamento del sistema  politico, a partire dal fatto che nessuno osava avanzare una proposta, nessuno osava obbiettare quando quell'uomo incappucciato pronunciava verbo. Quello che doveva essere un attivo, seppur controllato, scambio di opinioni diretto da un Cancelliere era diventato  una ridicola messa in scena, recitata anche molto male, se doveva ammetterlo. Così si era ritrovata quella stessa sera seduta sul suo letto con un cuscino tra le braccia a pensare cosa ne sarebbe stato della carriera che sognava da quando aveva sentito quel discorso tra i suoi genitori che, in momenti come quelli, dubitava persino di aver realmente sentito. In quella sera le stelle erano brillanti così la principessa ricordava di aver abbandonato la sua comoda postazione per ammirare la volta celeste che si estendeva sopra di lei. Ad una ad una trovava tutte le costellazioni che disegnava con un dito della mano mentre l'altra giocava animatamente con una ciocca castana sfuggita al controllo della momentanea treccia in cui aveva raccolto la sua intera chioma. La sua mente aveva tratto conclusioni abbastanza tragiche, dato che lei aveva prontamente deciso di rifiutarsi di servire un sistema a tal punto increscioso e inutile, quindi di lasciare l'accademia fosse stato necessario. In sostanza vedeva tutto il suo futuro in frantumi e chissà cos'altro la sua mente avrebbe potuto pensare se il suo flusso di coscienza non fosse stato interrotto dalla dolce e rassicurante presenza di suo padre a confortarla.

L'uomo aveva passato le successive due ore a scusarsi e a rassicurarla che presto tutto sarebbe tornato come un tempo, efficiente e motivante. Il discorso non sarebbe stato molto lungo se la sua innata testardaggine non l'avesse fatta obbiettare a ogni parola dell'ormai anziano senatore che pazientemente rincuorava la sua povera figlia cercando contemporaneamente a quel solo piccolo barlume di speranza rimasto nella sua anima, che sarebbe bastato ad alimentare lo spirito di entrambi e a portarli fino a dove erano adesso. O meglio dove lei era. In fondo suo padre era morto durante l'esplosione del suo pianeta natale. Quanto gli erano mancate le sue parole in quel primo mese dopo la stabilizzazione della galassia. Con un intera esistenza passata a lottare contro qualcosa che era stato finalmente estirpato, a lai cosa rimaneva? Le sue insicurezze erano risalite come onde durante quel piccolo periodo e in lei si era insinuata la convinzione che nel senato della Nuova Repubblica non ci fosse posto per una ragazza senza più una patria, senza più una popolazione da rappresentare, senza più nessuno ad aiutarla. Come ogni suo pensiero pessimistico quest'ultimo era infondato. Certo, non aveva suo padre ma con lei aveva una testa bionda, una sorta di orso gigante e poi un bel paio di occhi color nocciola di cui si era perdutamente innamorata se non al primo sguardo, al secondo e al terzo e tutti gli altri che si erano scambiati. Ora era...felice. Sosteneva cause umanitarie nel senato e più di una volta aveva rappresentato alcune piccole comunità costituite da superstiti de Aldeeran. Viveva in un appartamento su Coruscant che condivideva con il suo fidanzato e aveva un fratello che continuava a dedicarsi con impegno alla causa dei jedi.

-Leia? Leia ci sei? Coruscant chiama Leia

-Cosa? Han? Ma che ci faccio qui?

-Come che ci fai qui? Questa è casa nostra, sei arrivata ma non sembri voler scendere dallo speeder

-Ah....penso di essermi solo persa nei mie pensieri, allora andiamo a mangiare?

-Sì sta sera ho cucinato io, sorpresa

-Han Solo spero per te che la casa sia intatta , non vorrei chiuderti fuori sul balcone sta sera

angolo autrice

Dedicato a tutti coloro che come me quando guardano il vuoto ripercorrono praticamente la loro vita. Scusate per l'assenza ma soprattutto per la brevità di questo capitolo ma queste ultime due settimane sono state un inferno con la scuola, finalmente stano arrivando la vacanze e avrò sicuramente più tempo per aggiornare (e per guardare star wars, ovvio). Come sempre io vi invito a commentare, mi piacerebbe tanto avere una vostra opinione sulle mie "storie". Vi mando un saluto e ci si vede alla prossima

Star Wars  one shotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora