I giorni passavano, faceva sempre più freddo e alzarsi all'alba per Paul era un trauma.
Quella fredda mattina di novembre però, a dispetto del temporale che infuriava fuori, John sorrideva.
"O ha un coltello da qualche parte e vuole porre fine alle mie e alle sue sofferenze o non sta bene", pensò scandalizzato il ragazzo mentre poggiava il borsone a terra e si sfilava la felpa.
"Bene, Paul, oggi è la nostra ultima lezione singola prima di passare a fare sessioni di gruppo. Sai che a Dicembre andremo in scena con "Lo Schiaccianoci" e saranno previsti molti passi a due quindi il mio compito oggi è fare in modo che tu sappia dove mettere le mani se te ne verrà assegnato qualcuno".
Solo dopo quelle parole Paul notò l'abbigliamento del suo maestro, identico al suo, con tanto di mezzepunte.
Dopo un breve riscaldamento, John condusse Paul al centro della sala e lo prese ai fianchi senza avvisare, generando un piccolo attacco di cuore all'allievo che sobbalzò ritraendosi; le mani ferme di John lo tennero saldo.
"Non dovrei essere io a interpretare il ruolo maschile?" domandò Paul, molto a disagio e rosso in viso.
L'altro ridacchiò, in modo estremamente inquietante, e rispose disinvolto: "Memorizza cosa faccio io, poi lo rifarai con me; non c'è fretta. Solleva la gamba destra, così, bravo".
Un complimento. La cosa stava diventando strana. Le dita di John stringevano senza fatica la vita sottile di Paul, sorreggendolo senza ghermirlo.
"Gira appena ti senti pronto".
Andarono avanti per un po' soltanto girando e instaurando dei punti di equilibrio comuni; sembrava che uno dei due fosse un cucciolo che vede per la prima volta il padrone e deve conoscerlo.
Si stavano conoscendo, tutto sommato, stavano studiando punti deboli e di forza l'uno sul corpo dell'altro, senza rimproveri né sbuffi per la prima volta dopo settimane.
Paul sentiva che, man mano che le mani dell'altro lo stabilizzavano sempre di più, che avrebbe potuto, in un momento di totale incoscienza, buttarsi da un'altezza importante e avere la certezza che quelle dita solide come rocce e flessibili come il bambù l'avrebbero preso, era strano da spiegare, solo ballando sentiva che il rapporto con l'altro si intensificava, senza bisogno di parole.
I palmi del maestro scivolavano sulle braccia dell'allievo, cercarono altre dita con cui intrecciarsi, nuovi appigli, come se Paul fosse un albero su cui John si stava arrampicando con studiata lentezza.
"Invertiamo le posizioni e iniziamo con la coreografia Paul, vieni". Paul prese posto dietro Lennon seguendo le indicazioni dell'altro: mano sinistra sul fianco di lui, mano destra sul suo braccio teso.
"Avvicinati", intimò il docente sistemandosi un po' con la gamba malandata.
Appena lo stomaco di Paul venne a contatto con la spina dorsale di John, l'altro proseguì con le spiegazioni: "Dobbiamo muoverci assieme, non c'è qualcuno che guida come nel walzer. Se io resto a destra, tu mi segui. Intesi? Movimenti fluidi, dobbiamo fonderci in un corpo solo, un orologio svizzero a tempo con la musica".
Spiegata l'eterna coreografia che l'alunno tentava di tenere a mente con tutte le sue forze, il ragazzo più grande barcollò fino allo stereo e premette un bottone; pianoforte, ancora, stavolta era Chopin, Paul l'avrebbe riconosciuto tra mille altre melodie.
Contarono i passi silenziosamente, staccandosi per poi tornare poco dopo nelle posizioni originali, in cerca l'uno dell'altro per l'equilibrio.
John era aggraziato come pochi altri ballerini che Paul conosceva: le braccia che falciavano l'aria, la gamba mal messa alla pari dell'altra, forse un poco meno forte ma mai esitante, nessuna cellula di John non sapeva come muoversi.
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Black Swan
Fanfiction"Liverpool eh?". Ci fu una breve pausa, poi una chiave lunga e dorata scattò nella serratura della cancellata. "Benvenuto...