Cap.10

102 7 1
                                    

Le settimane divennero mesi, le lezioni singole di Paul quadruplicarono come i suoi muscoli: era diventato più forte, più preciso e aggraziato, guardava la sua immagine riflessa nello specchio con spavalderia e grinta, non più con timore.

Provava tutti i giorni e passava anche le pause col suo maestro, tra i due infatti era nata una sintonia particolare, difficile da spiegare e altrettanto da trovare.

Paul scoprì che Lennon era cresciuto praticamente in strada, la sua ricca zia non aveva accettato di accoglierlo da adolescente alla morte dei genitori e lui era finito a rincorrere il suo sogno di ballerino da solo, senza famigliari che lo potessero accogliere e con tanta rabbia dentro, quella lo portava avanti.

Paul aveva scorto quella rabbia negli occhi del maestro mentre danzava, non gli influenzava la mimica del viso o i movimenti ma c'era, lo faceva dimenare più violentemente di altre emozioni e lo trasportava più della musica.

John era stato accolto nell'accademia da Cynthia, un'insegnante troppo vecchia per avere figli e che soffocava il suo dolore nell'insegnamento; l'aveva nascosto in soffitta gettando le basi della sua preparazione durante i giorni in cui non c'era nessuno in giro, almeno finché John non raggiunse l'età per frequentare il primo anno dovettero fare così, e così aveva trasformato presto quel talento grezzo in una promessa della danza che si era spenta dopo l'incidente.

La gamba di Lennon restava un mistero per i medici, non era più rotta, la frattura era stata sistemata, qualcosa però continuava a far male al danzatore: molti dissero che era solo la suggestione e la paura che lo bloccavano e gli facevano provare talmente tanto stress che l'arto cedeva e con lui l positività del ragazzo che ad ogni accenno di fastidio si demoralizzava, imbottendosi di antidolorifici anche per un piccolo strappo.

Paul in quel periodo di potenziamento aveva cercato di prendere in mano la situazione, leggendo libri su libri per fare da fisioterapista personale al maestro: ogni due ore di prove per lui c'era mezz'ora di terapia per la gamba malandata dell'insegnante, e la cosa sembrava anche funzionare dato che l'uomo non usava il bastone più di tanto.

Una sera di fine febbraio, sotto la luce della luna e dei led che non erano stati accesi al massimo della luminosità, in sala prove, per l'ultima lezione da soli John aveva allestito una prova particolare per il suo pupillo che tutto si sarebbe aspettato tranne... una lezione di disegno. John aveva sistemato una tela molto grande al centro della sala, in equilibrio su un sostegno in legno a terra, aveva preso dei colori in delle ciotole e aveva posto i contenitori vicino alla superficie da pitturare, senza l'ombra di pennelli nella stanza.

Una stufetta elettrica riscaldava l'atmosfera, e non solo quella contribuiva a rendere l'ambiente tiepido: Lennon era senza maglia, Paul lo aveva imitato subito e stavano entrambi ridacchiando un po' imbarazzati.

Si era deciso di rappresentare un ballerino ma in modo astratto, surrealista quasi, partendo da una silhouette fatta col carboncino dal più grande.

Avevano preso il colore con le mani, avevano iniziato a danzare accanto alla tela e ogni tanto tracciavano delle linee o semplicemente schizzavano delle goccioline sul dipinto; ricalcando la figura di base le loro dita si toccarono svariate volte, lanciando scariche elettriche nei corpi dei due ragazzi che intanto parlavano, ridevano, scherzavano, dimenticandosi quasi i rispettivi ruoli, restando solo due persone che si stavano imparando a conoscere con solo due anni di differenza tra le loro età.

Si schizzarono con la vernice e si dipinsero addosso dove la pelle era scoperta, continuando a ridere come bambini; quando poi, dopo aver sistemato la sala, erano andati a pulirsi con una pezza umida nella soffitta, l'opera d'arte era stata conclusa dal più grande mentre l'altro lo guardava rapito mentre muoveva il pennello.

Black Swan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora