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I miei passi erano lunghi e veloci, mentre la mia testa era in piena rivolta.
Provavo persino a fare dei collegamenti tra i vari avvenimenti, poco distanti tra loro.
Il cellulare vibrava ripetutamente nella mia mano, tanto da riuscire ad attirare la mia attenzione.
<<Pronto?>> rispondo cercando di mantenere un tono di voce fermo.
<<Lilith stai venendo a casa? Dove sei ora?>> la voce di mia madre echeggia nel mio orecchio.
<<Sto andando...>> Mi guardo attorno cercando una giustificazione alla mia fuga.
<<Sto andando alla metro>> le dico osservando a distanza il cartello della stazione.
<<Va bene stai attenta, ci vediamo a casa>> dice prima di riagganciare.
La mia mente non aveva fatto caso alle sue parole, nemmeno ad una.
Ero troppo impegnata a capire come quel tavolino fosse slittato via dalle mie mani, senza il minimo tocco. Non avevo gestito la mia forza?
<<Ma quale se non vai in palestra da secoli>> blatero tra me e me  attraversando la strada, diretta alla metro che mi avrebbe portata in un bar-libreria che frequentavo spesso quando avevo bisogno di distrarmi, a poche fermate dopo quella per casa.

I vestiti erano abbastanza bagnati da farmi sentire l'aria gelida di quella ferrovia sotterranea.
Soffio ripetutamente sulle mani cercando di riscaldarle col fiato, ma persino quello era freddo.
La stazione era fortunatamente vuota, ad eccezione di qualche passeggero impaziente.
Appena la metro si fa viva, non esito a salire e fortunatamente anche l'interno era vuoto.
Sbuffo gettandomi goffamente sul sedile di plastica, ma al contatto della stoffa bagnata sulla pelle sobbalzo leggermente.
Non ero completamente fradicia, ovviamente, solo qualche zona più esposta. Quindi iniziavo a realizzare di essermi vestita troppo leggera per una giornata del genere.

Le fermate scorrevano velocemente mentre la gente saliva e scendeva in continuazione, tanti però parevano inchiodati ai loro posti.
Sospiro annoiata voltandomi per guardare fuori dall'ampio finestrino alle mie spalle, per controllare a che punto fossimo.
Dallo scuro riflesso però, noto qualcosa che mi trascina il cuore in gola.
Tre uomini erano seduti sui sedili opposti a me, il ragazzo centrale attira da subito la mia attenzione; era pallido, con due profonde occhiaie visibili anche tramite un semplice riflesso. Notavo quanto fosse magro persino attraverso quel semplice smoking nero, i capelli perfettamente in ordine tirati all'indietro. Lo sguardo però era cupo e quasi spento, oserei dire.
La cosa terrificante è che era puntato su di me, probabilmente da quando si erano accomodati.
Che la mia preoccupazione fosse esagerata? Probabilmente erano solo tornati da una giornata importante e stancante, notando gli abiti anche degli altri due; erano elegantissimi tight da cerimonia con l'accompagnamento di occhiali da sole molto scuri e coprenti, abbinamento a dir poco inusuale.
Mi rimetto al mio posto fingendo di frugare nello zainetto alla ricerca di qualcosa, mentre con la coda dell'occhio osservavo i tre uno ad uno; il ragazzo centrale,infatti, continuava a fissarmi con quello sguardo instabile che iniziava a infastidirmi. Afferro,in fine, il cellulare fingendo di messaggiare un ipotetico qualcuno, mantenendo l'attenzione su questi.
Nel mentre la metro continuava per la sua strada, apparentemente nessuno era entrato in questo vagone. Fin quando però, a una delle fermate a metà tragitto, un giovane uomo attraversa le porte.
Aveva uno stile particolare, retrò ma moderno, elegante ma quotidiano. Un ragazzo particolare dai capelli rossi decorati con del leggeri boccoli naturali.
Si accomoda al mio fianco con le braccia conserte, lo sguardo freddo e calmo dei suoi occhi ambrati erano puntati sugli uomini di fronte.

"Prossima fermata: Washington St"

Informa l'alto parlante.

Ero ancora troppo lontana, e la tensione era palpabile tanto da sentirne il peso,terrificante.
Le porte del vagone si aprono alla fermata successiva.
Il ragazzo ben vestito fece per andarsene mentre l'ansia si ripresenta nel mio petto; quando,però, una presa gelida sul mio polso ferma quel tremolio, in pochi secondi ero fuori, in fermata.
Mi getto d'impulso a terra mentre la metro riparte per il suo tragitto.
Una forte sensazione di nausea mi pervade in un secondo.
<<Aiuto!>> Urlo col poco fiato che riuscivo ad usare.

Il ragazzo mi osserva confuso, in silenzio.
Mi trascino all'indietro tastando il terreno in cerca di qualcosa con cui difendermi.
<<Calmati>> dice il roscetto tra i miei lamenti.
Fa un passo verso di me.
<<Stai fraintendendo, ti ho appena salvato la vita>> afferma con un sorrisetto <<dovresti come minimo ringraziare>>

Continuo ad indietreggiare, singhiozzando.
<<Non volevo spaventarti ma dovevo farti scendere>> continua infilando le mani nelle tasche del trench.
La mia schiena colpisce la zampa di una panchina alle mie spalle.
Il ragazzo smette di blaterare e si china all'altezza del mio viso.
Le lacrime continuano a bagnarmi le guance, in modo frenetico.
<<Ti prego...non...>> singhiozzo con voce stridula cercando di formulare una frase completa.
Lui si acciglia.

<<Quell'uomo era morto, i due accanto lo stavano solo sostenendo>>
Conclude dandomi una piccola schicchera sulla fronte, al contatto mi irrigidisco.
Inizio ad elaborare la frase, la tranquillità con cui me l'aveva comunicato era scioccante.

La sensazione di nausea diventa ancora più vivida e infrenabile.
<<Sto per vomita...->> prima di poter finire la frase il mio pranzo era rigettato sul pavimento.
<<Immaginavo sarebbe finita così>> sospira il ragazzo.

Mi pulisco le labbra con la manica del giacchetto, rimandendo a fissare quel che avevo lasciato.
La mia testa si era svuotata improvvisamente.
<<Ci sei?>> dice schioccandomi le dita davanti agli occhi.

Alzo lo sguardo lentamente verso di lui incredula della situazione.
Sospira nuovamente dando un'occhiata all'orologio.
<<Ah, tempo di andare>>
Mi accarezza la testa prima di rialzarsi.
<<Non parlarne con nessuno e fatti venire a prendere, non voglio altri guai>> si raccomanda prima di allontanarsi.
<<Ci vediamo, Lilith>> i suoi occhi si puntano per un istante sui miei prima di allontanarsi.
Lilith...
Non era la prima volta che sentivo quella tono di voce, leggermente bassa alla pronuncia del mio nome.
<<Aspetta come sai il mio...->>
Era già sparito nel buio dell'uscita di sicurezza.
Con tutte le mie forze, mi alzo e barcollando arrivo alla porta, a pochi metri di distanza.
Deserto.
Com'era apparso era scomparso, lasciando neanche una traccia.
Mi sentivo avvampare e decido di ricadere sullo sporco pavimento.
Stringo lo zaino al petto cercando di calmare l'attacco di panico che cercava di soffocarmi.

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