7.

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<<Che svolta eh?>> chiede retorica mia madre dal sedile davanti.
Le rispondo con una leggera alzata di mento e un sorriso, cercando di concentrarmi sulla musica di sottofondo.
<<Ti piace questa canzone?>> continua, gira la rotella del volume verso quel piccolo più.
Per tutto il viaggio verso casa non aveva smesso di fare domande, a cui non sempre rispondevo.

<<Cosa dirai ai tuoi compagni?>> chiede lanciandomi delle occhiate dallo specchietto.
<<Non interessa a nessuno mamma>> le sorrido.

Ha sempre pensato che a scuola fossi popolare, o un minimo conosciuta, seppure fossi realmente neutra a tutti.
<<Ma certo che sì! Pensi che Victoria non si sia domandata dove sia finita la sua migliore amica?>> sorride lei, picchiettando le dita sul volante della macchina a ritmo della musica.

<<Non lo so>> sbuffo guardando fuori dal finestrino; gli alberi e le nuvole parevano rincorrerci mentre il resto scorreva via.
<<Mhm>> mugugna tornando alla strada.

Ryan era stranamente silenzioso al mio fianco, osservava le piccole macchinette che teneva tra le mani.
<<Tutto bene?>> gli chiedo picchiettandogli la mano.
Lui mi guarda con i suoi grandi occhi celesti,  con uno sguardo quasi perso.
<<Ryan?>> ripeto cercando di catturare la sua attenzione.
Le sue palpebre tremavano e le labbra si erano socchiuse, sussurrando qualcosa di inaudibile.
<<Mamma, Ryan non sta bene>> dico con voce tremolante senza distogliere lo sguardo dal suo.
Non ricevendo risposta però lo riporto su mia madre, silenziosa.

La cosa ambigua è che al volante non c'era effettivamente qualcuno.
Con il respiro affannato e nessuna parola, torno su Ryan.
Ora i suoi occhi erano scuri, completamente neri, i capelli biondi erano arruffati, la pelle cadaverica.
<<Svegliati>> sussurra.

Balzo a sedere sul letto, affannata e impregnata di sudore.
<<Ma che cazzo..>>
Cerco di mettere a fuoco il luogo che mi circondava, era la mia stanza, ma non ricordo come ci sia arrivata.

La luce del sole attraversava le grate della finestra illuminando gran parte della stanza.
Sbuffo scendendo dal letto, che ormai si era fatto scomodo.
Appena in piedi avverto una sensazione, prima al petto, poi alla testa e in qualche modo alle gambe, che parono cedere.
Per un secondo la mia vista era completamente scura, come in una stanza buia, il mio corpo non reagiva ai comandi.
Ormai a terra, riprendo in pochi secondi i sensi e, confusa, decisi di chiedere aiuto.
<<Mamma! Papà! >>

Sentivo i passi veloci per il corridoio fin quando la porta si spalancò e mio padre confuso mi raggiunse.
<<Che succede?>> chiede aiutandomi a rialzarmi.
Mia madre arriva poco dopo, allacciandosi il camice affiancata da mio fratello.
<<Ho semplicemente visto tutto nero e sono caduta>> riassumo con la voce ancora tremolante.

I miei sospirano rassicurati per poi dirmi all'unisono:
<<Calo di pressione>>
Il beneficio di avere entrambi i genitori medici è la diagnosi immediata per qualsiasi malore.

Annuisco sollevata rialzandomi completamente da terra.
<<Scema>> sghignazza Ryan prima di correre nella sua stanza.
Resto per pochi secondi a fissare il punto in cui era sparito.
<<Quel bambino mi snerva>> sbuffo dirigendomi verso il bagno.

Chiudo a chiave la porta appoggiandomi con la schiena al muro adiacente prendendomi del tempo per calmarmi, ultimamente dopo l'incidente notavo che il mio respiro tendeva a creare una sorta di apnea, per pochi ma lunghi secondi.
Non avendo intenzione di far preoccupare ulteriormente nessuno, avevo deciso di tenermelo per me,prima o poi sarebbe passato.

Lancio un occhiata allo specchio, i capelli erano totalmente in disordine, inoltre crescevano a dismisura.
Le occhiaie, sempre più scure, erano piuttosto visibili.
Sbuffo nuovamente immergendo la faccia nell'acqua fredda del lavandino.

                   .        .        .

Afferro una vecchia maglietta di mio padre, dei collant neri e i miei fidati anfibi.
Infilando gli indumenti rimasti e una veloce pettinata di capelli abbandono la stanza correndo per il lungo corridoio. Saltando qualche scalino, finalmente, arrivo in soggiorno dove,la mia famiglia, faceva colazione.
<<Pancake?>> offre mia madre con la bocca piena.

<<No grazie>> rispondo velocemente allacciando le scarpe.
Il clacson del bus echeggiava nel vialetto.
<<Cazzo!>> esclamo nel panico.
<<Lilith! >> rimproverano i miei all'unisono.
<<Ciao!>> dico con voce stridula prima di correre verso una nuova giornata scolastica.

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