6.Mi pensi tanto, che mi evochi

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Quando lo vidi partire era in macchina, quella fantastica Spieder azzurra, mentre aspettava sua moglie per mettere in moto il motore, guardava su, mentre io ero affacciata alla finestra, sua moglie entrò in macchina, mi fece "ciao" con la mano, e gli scappo una risata, "anche se per poco, la sua risata mi mancherà"...

Era il primo giorno di novembre, faceva freddo, lui mi mancava, erano solo due giorni che non lo vedevo, ma la sua presenza ,a scuola, non c'era, a casa mia, nemmeno, i suoi occhi azzurri che mi guardavano, mi mancavano anche quelli.
Era arrivato finalmente il cinque di novembre, mi alzai dal letto, sull'agenda avevo scritto in rosso "ritorna occhi verdi", mi misi il mio abito preferito, era un tubino nero di Chanel, sotto indossavo anche delle scarpe nere con il tacco.
Arrivai in ufficio molto presto, alle 7:00 penso, sentii la porta aprirsi circa cinquanta minuti dopo, la risatina eccitata che avevo sul viso scomparí, «Buongiorno mia cara, già qua? Ti sono mancato, beh penso di sì, non arrivi mai così in anticipo, che mi dici?» rideva anche di prima mattina «Buongiorno Matthew, e no, mi dispiace, non mi sei mancato, solo lavoro, sono stata in pena per te, come é andata la vacanza?» lo stavo fissando negli occhi, quegli occhi che mi erano mancati tanto.
«Addison era noiosa e stilosa come sempre, ma non la amo più.» era scocciato della moglie, aveva un nuovo cappotto, gli stava ancora divinamente più di quello di prima.
Si accomodò sulla sedia girevole e io mi sedetti sulle sue ginocchia facendo toccare solo la punta della décolleté (scarpa con tacco) a terra, mi guardó dalla testa ai piedi, per fortuna tenne le mani a posto.
«Confessa ti sono mancato» sapeva già la risposta, «no» ero consapevole di aver detto una bugia, «ovvio, mi pensi tanto che mi evochi» sapeva di dire la verità, e mi bació prendendomi il collo, si alzò, lo feci anche io.
Spostò la sedia con un calcio, eravamo io, lui e la scrivania, mi continuò a baciare, le mani erano al suo posto, sulla cerniera del mio abito, «fermo» gli misi la mano sul petto spingendolo via, «sta volta non cederò ai tuoi giochetti, Matthew» ero stanca dei suoi giochetti anche se ci andavo a letto comunque, lui rise mordendosi leggermente il labbro.
«Merda, sono le 8:10, ho matematica con la quinta A e sono leggermente in ritardo, quindi se non vuoi che ti chiuda dentro muoviti» ero stupita di quanto tempo fosse passato, «Ok calma Amelia» la sua simpatica risata non poteva mai mancare.
Prese i libri che gli servivano e se gli mise tra le braccia, e con quella seducente postura chiuse la porta, non doveva mancare la mia goffaggine il libro mi cadde a terra, lo raccolsi, e lui invece di aiutarmi mi diede una pacca sul sedere «Matthew» ero sorpresa e anche divertita, «ti ricordo che hai una moglie» lui tocco il mio fianco lentamente, «chiessene frega di quella troia Amelia, chissene frega»era scocciato di essere sposato, me ne andai guardandolo male.

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