16. Ultimo tango, poi Parigi

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Lui era e ed era sempre stato indubbiamente il mio destino, di quello ne ero certa. Quella sera mi sentivo strana, come se qualcosa di bello stesse per succedere, le cose belle però, non possono durare tanto...

Mi continuava a lanciare occhiate, buone o brutte? Chissà, però immaginando quello che dovrebbe essere successo dopo penso fossero buone. I suoi occhi che in quel caso erano verde chiaro continuavano a trapassare i miei occhi castani, creandom un brivido alla schiena.
Nel corridoio non c'era nessuno, così lui decise di fare una pazzia, mi spinse al muro appoggiando la mano sinistra su esso mentre con l'altra teneva in mano un libro, «attendo con ansia Winchester, quello che capiterà sta sera non sarà una cosa da me» quando sussurrava in quel modo nel mio orecchio mi eccitava parecchio. Si guardò intorno a destra e a sinistra e mi diedo un bacio di svelta, poi fece una risata e torno tutto come prima.
La giornata la passai ad attendere le 22:00, un abito lungo bianco scendeva per il mio corpo e
delle decoltè oro Prada completavano il tutto.
I miei tacchi facevano rumore camminando sui marciapiedi di New York, arrivata al Palace entrai, era la terza volta che ci entravo e si sa, il tre è il numero perfetto, forse.
Salii le scale e la canzone che davano nell'enorme sala da ballo era "Friday Night" di Burak Yeter, e il testo di quella canzone spiegava esattamente la nostra situazione, ed era la nostra canzone.
Credendo la sala fosse piena di gente ci misi anni a salire pensando che con la folla che c'era sempre Matthew l'avrei trovato a mezzanotte.
La sala era completamente vuota e c'era lui al centro, li enormi affreschi di Michelangelo dipinti sulla parte superiore della sala mi fissavano, «Amelia, spero ti piaccia ballare», «Dixon», ero stupita della sorpresa che egli mi aveva fatto.
Scesi le corte scale che c'erano per arrivare nella sala da ballo dove lui mi prese la mano, e cominciammo a ballare, lui mi teneva la mano e la vita, aveva le mani fredde, come sempre, «Winchester, cosa ne dici di Parigi?» «Parigi?» «con me» «subito» mi bació, rideva come non aveva mai fatto.
C'era in sottofondo "Rolling in the deep" di Adele quando si sentirono delle scarpe con il tacco camminare sulla pista da ballo, «Addison», era seriamente sconvolto non se l'aspettava, «Oh Matthew veramente pensavi che non sarei venuta? Ingenuo. Parigi adesso con me, subito. Poi tornati potrai fare quello che vuoi» questo fu l'Ultimatum «va bene» ero anche io sconvolta, mi diedo l'ultimo bacio prima di partire, «Amelia tra una settimana saremmo una vera coppia come hai sempre voluto, ti amo Winchester».
Salirono le scale a braccetto «Finalmente c'è ne siamo liberati, Matthew» «già» era triste, lo ero anche io.
Tutto tornò come quando ci eravamo conosciuti, io ero solo Amelia Mary Winchester insegnante di matematica single, mentre lui era solo Matthew Nathaniel Dixon insegnante di francese felicemente sposato con una donna che amava con cui stava partendo per Parigi, la città dell'amore.

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