2. Rosemary's Baby

2.5K 231 70
                                    


Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Quello era proprio matto come un cavallo. Sì, davvero fuori di testa.

«Ma che stai blaterando? Certo che riesco a vederti».

Il ragazzo fece un balzo all'indietro, andando a sbattere con la testa contro il muro. Nonostante il colpo secco non fece comunque una piega, ma in compenso per poco non finì dritto dritto sulla scrivania.

La sua testa sembrò sul punto di scoppiare, e mi chiesi se fosse il caso di chiamare qualcuno. Aveva un'espressione talmente sconvolta che ebbi paura di vederlo cadere per testa per lo shock.

Mi schiarii la voce e feci un altro passo indietro, arrivando con le spalle contro il muro. «Ti serve un bicchiere d'acqua? Sei pallido come un fantasma».

A quel punto il ragazzo emise un gemito di orrore e si coprì il petto con le braccia. «Cosa... cosa hai detto?»

«Senti, inizia a farmi paura» tastai con la mano i jeans alla ricerca del telefono, che ovviamente non trovai. Spostai quindi lo sguardo verso la porta nella vana speranza di veder comparire Billy, come se il mio fratellino di nove anni alto quanto un metro e un barattolo di marmellata potesse davvero salvarmi.

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli castani, spostandoseli dalla fronte, poi abbassò la mano sulla bocca e fece un respiro profondo. «Tu puoi vedermi» ripeté, più a se stesso che a me.

«Ascolta, non voglio sembrarti maleducata, ma non sto veramente capendo dove vuoi arrivare» il suo atteggiamento iniziava a darmi sui nervi. Non ne potevo più di sentirlo ripetere quella frase, e i miei nervi erano ormai più tesi che delle corde di violino.

Finalmente lo strambo tizio parve tranquillizzarsi. Ricominciò a respirare normalmente, e dopo un secondo di raccoglimento tornò a guardarmi negli occhi. Il suo sguardo era strano, quasi come se non mi vedesse davvero.

«La questione è questa» disse intrecciando le dita delle mani. «Tu non dovresti riuscire a vedermi, perché io sono morto».

E va bene, ormai era chiaro. Quel tipo era matto da legare.

«Beh, sì, il tuo cervello mi sembra chiaramente morto».

«Guarda che sono serio» intervenne, gli occhi ora non più spalancati ma stretti in due fessure che mi scrutavano con attenzione. «Io sono morto. Sono un fantasma».

Avrei voluto scoppiare a ridergli in faccia, o forse dirgli di levarsi subito di torno con le sue sciocchezze, ma qualcosa mi trattenne. La sua espressione non tradiva la benché minima traccia di divertimento. Era serio.

«Smettila» dissi, la voce che mi tremava per il terrore. «Non è divertente. Ti ha mandato mio padre, vero? Ti ha pagato per farmi uno scherzo? O forse è il suo modo malato di convincermi che questa casa è davvero infestata?»

Almost DeadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora