8. Giochi pericolosi

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Fa freddo. Un freddo pungente, che mi penetra sotto la pelle come una pioggia di spilli. Mi battono i denti, li sento strisciare uno contro l'altro con uno stridio sinistro. Istintivamente mi stringo il petto tra le braccia, la pelle nuda costellata di brividi. Ho le gambe inzuppate d'acqua fino all'orlo dell'abito.

L'abito...

«Andiamo!» strilla qualcuno, e quando abbasso gli occhi in direzione di quella voce vedo Lee in piedi su una scialuppa di salvataggio. Ha la camicia sbottonata sul petto e la sua pelle scura sembra quasi confondersi con la notte. «Dammi la mano, Rosie».

«Ma che sta succedendo?»

«Prendi la mia mano», ripete ancora, le sue dita che si allungano verso di me. La barchetta carica di gente traballa sotto ai suoi piedi. «Prendi la mia mano, Rosie».

Non riesco a capire. Mi guardo intorno confusa, ma non riesco a vedere altro che orde di persone che si accalcano contro il parapetto strepitando come animali imbizzarriti. Davanti a noi c'è una distesa scura che pare allargarsi all'infinito. Il mare.

Sono su una nave. Che cosa ci faccio su una nave?

«Devi andare».

È un'altra voce a parlarmi ora. Mi volto alla mia sinistra, la testa pesante come un macigno sulle spalle, e i miei occhi incrociano quelli di Adam. È così vicino a me che posso sentire il suo respiro sulle guance.

«Vai», ripete ancora, tranquillo. Il frastuono tutto intorno a noi non sembra toccarlo. «Salvati, Rose».

«E tu cosa farai?»

«Nulla», risponde, il sorriso che gli si allarga sulle labbra come un'onda del mare che prende via via più potenza. «Io non posso più salvarmi. Sono già morto».

Mi svegliai di soprassalto, e per un attimo pensai di essere ancora su quella nave. Abbassai lo sguardo sulle mie gambe e mi sentii sollevata nel vedere che non indossavo alcun abito da cerimonia ricamato. Soltanto un pigiama.

«Bentornata» disse Adam allegro, steso accanto a me nella stessa posizione di poco prima, con il computer appoggiato sulle cosce. «Lo sai che sbavi nel sonno?»

«Io non sbavo», grugnii, ma per sicurezza mi passai comunque il dorso della mano sulle labbra. «Quanto ho dormito?»

«Tre ore».

«Che cosa!?»

Adam annuì, lo sguardo incollato allo schermo del computer. «Tua madre è venuta su per chiamarti per il pranzo, ma eri in un coma talmente profondo che ha preferito lasciarti dormire. C'era un profumino... Devi esserti persa qualcosa di veramente buono».

«E tu sei rimasto qui per tutto questo tempo?» L'imbarazzo per aver dormito accanto a lui così a lungo soppresse persino il mio languorino.

Per tutta risposta si strinse nelle spalle. «Volevo guardare il film».

Almost DeadDove le storie prendono vita. Scoprilo ora