24. Racconti del terrore

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«Devi parlare di nuovo con Madame Rosalina.»

Respirai a fondo e appoggiai i gomiti sul tavolo da pranzo. Era ormai tardo pomeriggio, e il frinire delle cicale riempiva la stanza come una musica ovattata.

Callie, Lee, Adam ed io avevamo passato l'intera giornata a cercare un modo per avere delle risposte. Adam non era stato di particolare aiuto, anche se non per sua volontà; anche se Callie sapeva della sua esistenza, dubitavo fosse il caso di far sapere anche a Lee che la casa vicino alla quale aveva abitato per tutta la vita era infestata da fantasmi. Così mi ero limitata ad ascoltare i suoi suggerimenti in silenzio, senza mostrare il minimo cenno nei suoi confronti.

«Non credo possa fare più di quanto ha già fatto.»

«Deve esserci un modo!» gracchiò Callie prendendo un sorso di succo d'arancia.

Seduto sul bordo del tavolo, Lee annuì con forza. «Non può guardare in una palla di vetro, o qualcosa del genere?»

Comprendevo la loro urgenza, ma Madame Rosalina era stata piuttosto chiara: la visione era già un passo pericoloso, e non potevo essere certa di riuscire a sopportarne un'altra.

Il tempo scarseggiava, e con lui la nostra pazienza. Adam alternava momenti di eccitazione a lunghi minuti di silenzio, e non riuscivo a fare a meno di notare l'ombra che si posava nei suoi occhi ogni volta che toccavamo l'argomento.

Lee si alzò dal tavolo con un balzo.

«Andiamo.»

«Dove?» domandai, guardandolo confusa.

«Da Madame Rosalina.»

«Ti ho già detto che lei non può più aiutarci.»

«Dobbiamo almeno provarci!» ribatté lui alzando il tono della voce. Persino Adam si mostrò sorpreso da quel cambiamento repentino.

«Non eri tu quello che diceva che erano tutte scemenze? Che Madame Rosalina era solo una vecchia pazza?»

Lee si passò una mano tra i corti ricci corvini, lo sguardo basso sui suoi piedi. Fece un respiro profondo e si strinse nelle spalle.

«Quando inizio un puzzle, non ho pace finché non ho rimesso insieme tutti i pezzi.»

Dubitavo si trattasse solo di questo, ma non domandai altro. Avere Lee dalla nostra parte poteva essere pericoloso, ma poteva anche rivelarsi un ottimo alleato. Inoltre mancavano pochi giorni alla partenza, e per la disperazione avrei accettato persino l'aiuto di Ryan.

Afferrai il mazzo di chiavi e sgattaiolai fuori insieme a Callie e Lee. Sull'uscio mi voltai a guardare Adam, rivolgendogli un saluto silenzioso. Lui accennò un sorriso tirato, stanco, e dall'ombra nei suoi occhi capii che sperava di vedermi tornare con delle buone notizie.

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