43. Casa (parte 2)

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Appena supero l'uscio del tunnel, rimango abbagliata dall'intensità della luce che piove dal cielo e devo schermarmi gli occhi con una mano per riuscire a scorgere il mezzelfo che si incammina verso un boschetto di alberi rachitici poco distante.

Quando riteniamo di esserci allontanati abbastanza, ci fermiamo in mezzo agli alberi, fronteggiandoci per qualche istante senza dire nulla. Cerco qualcosa di adatto con cui cominciare il discorso, ma tutto mi pare stupido e superfluo, non abbastanza delicato per affrontare la discussione che ci porterà a decidere cosa ne sarà del nostro futuro.

Poi Rohkeus appoggia il libro della sua vita in terra e si solleva la manica destra, mettendo in mostra i cerchi che indicano lo scorrere del tempo: solo venti e mezzo sono colorati di nero, il che significa che in realtà avremmo ancora altri sette giorni a disposizione. Questa volta il nostro problema non è il tempo.

Faccio scorrere gli occhi sul braccio del mezzelfo, oltre la spalla e il collo, per puntarli infine sul volto: la sua bocca è atteggiata in una linea dura e sottile, le labbra tanto strette da essere diventate quasi bianche, facendo così risaltare la piccola cicatrice sul labbro superiore. È ovvio che non avrebbe nessuna voglia di perdere la sua possibilità di uscire dall'inferno, guadagnata con tanta fatica, per persone che ha appena incontrato e che non conosce affatto, ma non dice nulla, consapevole di quanto io invece tenga a loro.

— Siamo in cinque e ci sono solo tre posti, come immagino sappiate tutti — afferma poi, incrociando il mio sguardo. — A meno che mi sono perso qualcosa, magari un altro patto.

Iris strabuzza gli occhi, mentre Alveus mi fissa con lo bocca aperta a formare una o.

— Cosa? — lo interrompe mia sorella. — In che senso ci sono solo tre posti?

— Lympha — mi richiama all'ordine Rohkeus, con un tono di rimprovero.

— No, non gliel'ho detto. — Fisso il mezzelfo, ma solo per non vedere la speranza morire sul volto delle due ninfe.

— Perché? — Il viso di Rohkeus si adombra mentre mi pone la domanda.

— Lym, che succede? Di cosa state parlando? — Mia sorella mi afferra per le spalle e mi scuote una volta, obbligandomi a girarmi verso di lei.

Io boccheggio, cercando le parole giuste, ma gli occhi disperati e arrabbiati di Iris trasformano la mia mente in un foglio bianco.

— Parla! — mi incita lei, scuotendomi ancora.

— Il patto...

— Il patto cosa?

— Il patto prevedeva che solo tre persone e un lupo avrebbero potuto lasciare l'inferno, una volta trovato Alveus — spiego tutto d'un fiato.

— Per tutti i fiumi, perché non ce lo hai detto prima? — È furiosa, non l'ho mai vista così: probabilmente sta pensando che avremmo dovuto andarcene quando eravamo solo noi tre e Gordost, come aveva suggerito lei. Di sicuro è pentita di avermi dato retta.

— Se ve lo avessi detto non avreste mai acconsentito a cercare Rohkeus. — Ora anch'io sono arrabbiata, perché so che quello che ho appena affermato è la verità, e se lo negasse Iris sarebbe solo una bugiarda.

Scuoto le spalle, sfuggendo alla sua presa, e per un attimo restiamo a guardarci in cagnesco.

— Anche tu lo sapevi, vero? — chiede quindi mia sorella a Callàis, che finora ha osservato in silenzio.

— Certo.

— E perché sei stato zitto?

Lui solleva le spalle con fare noncurante. — Perché non me lo hai chiesto. E poi, se anche te lo avessi detto, cosa avresti fatto? Avresti proposto di abbandonare anche me?

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