24. Quello che resta

148 16 33
                                    

Rimango accucciata accanto a Rohkeus per quella che immagino sia una giornata intera, anche se la luce azzurra sempre uguale rende difficile dirlo. La osservo lambire i nostri corpi, tremante come mi apparivano i raggi del sole quando mi immergevo nel fiume e guardavo i riflessi luminosi rincorrersi sui sassi bianchi del fondale, e mi dà l'idea che tutto l'inferno stia piangendo per la nostra sventura. Ovviamente è una menzogna, pura illusione: questo mondo non ha pietà per nessuno, perché dovrebbe fare un'eccezione per noi?

Passo le ore come in trance, incantata a fissare questi giochi di luci e ombre sul viso sofferente del mezzelfo. Ogni movimento scattante e nervoso delle sue palpebre chiuse mi fa tendere come un filo di ragnatela, temendo ogni volta che possa essere l'ultimo. Se non impazzisco è solo per merito di Gordost, che, sdraiato al mio fianco, mi tiene ancorata alla realtà con il suo calore e con i suoi occhi teneri e preoccupati.

A un certo punto, non so dire quando, sono costretta a cambiare la fasciatura, tanto pregna di sangue da gocciolare sui vestiti infangati di Rohkeus, ma dopo aver tolto la benda vecchia le mie mani sono a loro volta così sporche che non posso fare a meno di lasciare macchie rossastre anche su quella nuova. Fortunatamente poi l'emorragia si ferma, probabilmente per merito della pomata, ma io resto comunque a vegliare come una madre sulla culla del figlioletto malato.

Mi decido a rialzarmi in piedi solo quando finalmente il mezzelfo smette di tremare; non ha ancora riaperto gli occhi, ma il suo sonno mi sembra più tranquillo e spero che sia un buon segno. Mi sgranchisco un attimo le gambe facendo due passi, ma rimango sempre a portata d'orecchio. Il corvo è ancora lì, adagiato dove lo abbiamo lasciato, immobile come solo la morte può essere. Intorno a lui però non volano mosche e nessun verme si sta cibando della sua carne.

Rimango a fissarlo mentre mi chiedo cosa dovrei fare ora. Le impronte accanto all'animale mi chiamano, suadenti come il canto di una sirena, e sono consapevole che ogni giorno passato fermi è un giorno in più di distanza tra noi e Alveus, ma Rohkeus non può spostarsi in queste condizioni, è semplicemente impensabile. Tuttavia, se non ci muoviamo che senso ha avuto prolungare il patto? In questo modo non riusciremo di sicuro a completare la nostra missione.

Sono sicura che il mezzelfo saprebbe cosa fare: in questi giorni passati insieme ha sempre preso la scelta più saggia, anche quando io ero troppo stupida per accorgermene, e ora che devo decidere da sola, facendo affidamento solo sulle mie forze, mi sento persa.

A essere sinceri non c'è poi molto da scegliere, perché finché Rohkeus resta svenuto non c'è verso di muoverlo da lì, nemmeno con l'aiuto di Gordost: è già stato abbastanza difficile portarlo a peso morto sotto a quell'albero.

Eppure un'altra soluzione c'è, lo so, me lo sussurra una vocina ai margini della coscienza, ma mi sento in colpa anche solo per averla pensata. O per aver pensato di pensarla. Perché non posso lasciare qui il mezzelfo e andarmene, non dopo quello che ha fatto per me, non dopo il suo patto: non sarebbe giusto. Ma soprattutto non posso abbandonarlo perché non voglio farlo, me ne accorgo solo ora; fino a questo momento non avevo capito quanto fosse diventato importante per me in questi pochi e intensi giorni. Desidero solo che stia di nuovo bene, che apra i suoi occhi d'argento e, guardandomi con la sua espressione impassibile, mi chiami un'altra volta "ninfa". Vorrei che li aprisse adesso e mi facesse coraggio, perché da sola non credo di averne abbastanza.

Cado in ginocchio davanti al cadavere del corvo, stringendomi le braccia al petto, ma la verità è che un abbraccio solitario non trasmette nessun calore. Sento solo freddo, dentro e fuori, e non so come scacciarlo.

Con passo leggero, Gordost si avvicina, toccandomi dolcemente il viso con il muso e sedendosi accanto a me, ed entrambi restiamo immobili a guadare questa landa di alberi morti, così come morti sono il corvo e ogni altra cosa che riusciamo a distinguere. I miei pensieri continuano a girare a vuoto, rincorrendosi come un cane che si morde la coda; scarto le soluzioni una dopo l'altra e poi le rivaluto da capo quando le possibilità disponibili finiscono, in un ciclo infinito.

Fonte limpidaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora