26. C'era una volta un re

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Non appena chiudo gli occhi, come ordinato dalla bhanrigh, un'immagine prende forma dietro le mie palpebre serrate. Dapprima è solo un'impressione, ma in breve riconosco il corridoio del castello dei mezzelfi, solo che questa volta lo sto guardando da una prospettiva più bassa. Uno strano miscuglio di eccitazione e curiosità mi investe, benché non riesca a capire da cosa derivi.

— Eristys, muoviti! — sento esclamare la voce acuta di un bambino prima ancora di riuscire a vederlo. Compare in fondo al corridoio, saltando giù dall'ultimo gradino del grande scalone centrale. I capelli gli saltellano sulla testa, ma non sono abbastanza lunghi da andare a coprirgli gli occhi, grigi e lucenti come l'argento. Dietro di lui, con passo lento e svogliato, cammina un altro bambino di qualche anno più piccolo, dal viso tondo e paffuto, che tiene in mano un grande orso di peluche i cui piedi strisciano sul pavimento.

— Ma pecchè devo venire anch'io? — si lamenta, biascicando le parole.

Il giovane Rohkeus si ferma in mezzo al corridoio, puntando le mani sui gomiti e guardando Eristys con aria di superiorità.

— Siamo in missione e mi serve un aiutante — gli spiega, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. — E io sono il tuo principe, quindi tu mi devi ubbidire.

— Ma io volevo giocare con Goddost — ribatte l'altro, corrucciando le labbra.

— Zitto e seguimi.

Rohkeus non gli dà possibilità di scelta e, dopo averlo afferrato per la mano libera, se lo tira dietro riprendendo a correre. Già da bambino aveva le spalle larghe, molto più del cugino, che invece ricorda un fragile giunco mosso dal vento.

I due si fermano davanti a un ingresso in fondo al corridoio, a fianco della stanza contenente il portale-strega. Rohkeus spinge lievemente la porta socchiusa, prima di fare segno a Eristys di guardare dentro. Lui sbuffa, ma poi ubbidisce, senza mollare l'orsacchiotto.

— Allora? La riunione è iniziata? — domanda impaziente il maggiore.

— Boh! Ci sono tante pessone gandi.

Rohkeus sbuffa scocciato, prima di ordinare: — Spostati, che guardo io.

Eristys si fa da parte, per lasciare posto al cugino che appiccica l'occhio alla fessura tra la porta e lo stipite. All'interno della stanza, un piccolo gruppo di uomini è chino intorno a un tavolo sul quale sono stese cartine geografiche e mappe. In questo momento a parlare è un mezzelfo dalle spalle ampie e possenti, i cui capelli neri spiccano contro il bianco delle pareti.

— Sicuramente si aspettano che li attacchiamo da nord, motivo per cui dovremo mandare effettivamente degli uomini in quella direzione, ma tenere la maggior parte dei soldati per circondare il villaggio a sud e sfruttare l'effetto sorpresa.

Gli occhi dei presenti sono fissi su di lui, come se fosse il cuore di una ragnatela da cui si dipartono tutti gli altri fili. Lo vedo spostare delle pedine di legno sul tavolo per indicare l'avanzare delle truppe e i suoi gesti sono privi di esitazione.

­— Io mi unirò ai soldati che attaccheranno a sud.

— Ma, Vostra Altezza, non è necessario — ribatte un uomo pelato e con dei folti baffi biondi. — Si tratta solo di un villaggio di cacciatori e contadini, non dovreste abbassarvi a tanto...

— Zitto, generale! — lo interrompe il re. — Voglio che quei miserabili sappiano chi comanda e che, una volta finito, si inchinino di nuovo al mio cospetto, come avrebbero sempre dovuto fare.

Il re comincia a camminare nella stanza, dando di scatto le spalle al tavolo e voltandosi verso l'uscio, ma pare non notare i due bambini che sbirciano dalla porta socchiusa. Gli occhi grigi dell'uomo sono duri e feroci, tanto che il piccolo Rohkeus rabbrividisce intimorito nonostante non sia stato scoperto. Ma si ricompone subito e, girato il viso verso il cuginetto, sussurra con voce colma di ammirazione: — Un giorno anch'io sarò come mio padre e nessuno oserà ribellarsi.

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