36. Turchese

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Fisso mia sorella con espressione scioccata, come se d'improvviso le fossero spuntate due teste, e forse anche in quel caso mi sarei stupita meno. Iris senza poteri? È inconcepibile, non riesco in nessun modo ad accettarlo o anche semplicemente a realizzarlo: ho sempre identificato mia sorella con la sua magia, quasi fosse il tratto che maggiormente la caratterizzava, e ora che non ce l'ha più, ora che è come me una ninfa senza magia, non so più come dovrei guardarla.

Anche per Alveus deve essere una notizia difficile da digerire perché per qualche istante nessuno dice nulla, mentre il silenzio si gonfia tra noi come un'enorme bolla di sapone. Alla fine a farla esplodere è proprio Iris, incapace di sopportare un momento di più i nostri sguardi sconvolti. — Che c'è? Tutti abbiamo sacrificato qualcosa per poter entrare qui.

Di sicuro la sua non voleva essere un'accusa nei miei confronti, ma io la percepisco come tale e abbasso lo sguardo, colpevole; benché Iris abbia già ampiamente chiarito che non mi perdonerà mai per aver spedito Alveus all'inferno, non è tanto sadica e meschina da rigirare così alla leggera il coltello nella piaga. O almeno credo: al momento mi domando quanto io abbia frainteso mia sorella in tutti questi anni e quanto in realtà la conosca.

Lei è ancora in piedi davanti a noi, mentre con le mani tortura la stoffa martoriata dell'abito, e aspetta una nostra risposta. Nei suoi occhi leggo la tristezza per ciò che ha perduto, ma anche il desiderio di smettere di parlarne perché ormai ciò che è fatto è fatto.

— Ma esattamente in cosa consisteva il tuo patto? — le chiedo.

Lei sospira, grata del fatto che finalmente almeno uno di noi due abbia riacquistato la parola, e si morde il labbro prima di rispondere, forse cercando le parole giuste. — Se avessi sacrificato il mio potere, il demone mi avrebbe concesso dieci giorni per trovare Alveus e poter così lasciare l'inferno insieme a lui, altrimenti sarei rimasta prigioniera del suo regno — spiega, mentre tira su la manica dell'abito e ci mostra dieci cerchi neri, in tutto e per tutto uguali ai miei.

La fisso senza parole, gli occhi spalancati che si muovono alternativamente tra il suo volto e il suo braccio. Non posso crederci: il Principe è stato così sadico da proporci lo stesso identico patto, sapendo che nessuna di noi due sarebbe mai riuscita nell'impresa.

Per la prima volta mi domando chi o cosa sia realmente questa entità chiamata demone o Principe, e mi sento stupida per non essermi interrogata prima al riguardo: perché si divertente tanto a vederci soffrire? Cosa vuole da noi?

— Lym, tutto bene? — chiede mia sorella, scuotendomi per la spalla. Annuisco e poi le mostro a mia volta il braccio, con tutti i cerchietti neri in fila come soldatini ubbidienti.

Alveus fa un verso di sorpresa, ma Iris non batte ciglio. — Lo so, li avevo già visti quando ti ho liberata dalla prigione — afferma con tono serio.

Il ragazzo invece mi domanda: — Ha fatto anche con te lo stesso patto?

— Già.

Per un attimo restiamo in silenzio, poiché in effetti non c'è altro da aggiungere, ma alla fine Alveus lo spezza con un'altra domanda: — Ma esattamente cosa è successo?

Entrambe ci voltiamo a guardarlo allibite: come può non saperlo? Ma riflettendoci, in effetti, nessuno ha fatto in tempo a spiegarglielo. Tutto quello che sa è che nel bel mezzo della sua cerimonia di nozze si è d'improvviso trovato in un regno infernale, poi in qualche modo è diventato uno schiavo della regina finché non siamo comparse magicamente noi due a salvarlo. Deve essere parecchio confuso.

Prendo un profondo respiro e mi metto a sedere, seguita a ruota da Iris; poi mi faccio coraggio per iniziare a raccontare, per la prima volta, la mia storia dall'inizio alla fine. Ammetto che la cosa mi spaventa, ma Alveus merita di sapere la verità.

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