25. Occhi di corvo

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Ci addentriamo nel bosco scheletrico, seguendo le impronte che avevano attirato la nostra attenzione pochi giorni fa. Non sono continuative e ricompaiono a intervalli irregolari, come se il terreno avesse differenti gradi di morbidezza. Oppure come se la persona che le ha lasciate fluttuasse a tratti, che segretamente è quello che spero, perché se una creatura può levitare allora c'è qualche possibilità che sia una ninfa. Fortunatamente, le impronte indicano la stessa direzione dell'anello, altra ragione per sperare che siano davvero le orme di Alveus, anche se, per quanto avanziamo a passo spedito, non incontriamo anima viva: intorno a noi ci sono solo rami adunchi e secchi che si impigliano in capelli e vestiti, rendendo difficoltoso camminare.

— Mi stavo chiedendo una cosa — esordisce Rohkeus dopo aver districato l'ennesimo legnetto dalla mia treccia ormai scombinata. — A proposito del tuo discorso dell'altro giorno, riguardo a tua sorella.

— Cosa? ­— domando, preoccupata. Forse avrei fatto meglio a non introdurre l'argomento.

— Finora ti sei concentrata su quello che pensava Iris, sui suoi sentimenti e sui tuoi, ma in questa equazione c'è un elemento che non è stato considerato, ossia Alveus.

— Che c'è da dire al riguardo? — intervengo in fretta, come se fossi stata punta da una vespa.

— Insomma, stava per sposarti. Non credi che si sarebbe accorto se, seppur inconsciamente, lo stavi prendendo in giro?

Esito prima di rispondere, riflettendo bene sulle parole da dire. — Tu non lo conosci, Alveus è così... — Cerco il termine giusto nella mia testa. — Genuino, direi. Fiducioso nei confronti degli altri, a volte anche troppo. Da piccola ero convinta che fosse stupido e ottuso, ma non è corretto. La realtà è che lui è convinto che, nel profondo, siamo tutti più buoni e gentili di quanto mostriamo. Per questo per Alveus è impensabile che una ragazza decida di sposare qualcuno per pura vendetta e sete di potere, non nella nostra comunità pacifica di ninfe, quantomeno.

— Da quel che ho potuto vedere non mi pare che siate tutti così carini e innocenti.

— Ma tu hai conosciuto solo gli elementi peggiori: per dare un giudizio non puoi basarti su me e Callàis, che siamo sempre stati le pecore nere della Comunità.

— Dimentichi che io sono stato al tuo villaggio prima di finire all'inferno e anche allora non è che fossero tutti disinteressati e sinceri. O almeno non nel commercio — ribatte, in viso l'espressione di chi sta ricordando un avvenimento poco piacevole del passato.

— Ovviamente io non condivido con Alveus questa visione eccessivamente positiva della gente, mi conosco troppo bene per poterlo fare. Tuttavia, certi giorni, è stata per me come una corda buttata in acqua per salvarmi mentre stavo per essere risucchiata delle rapide di quel fiume che è la vita. Voglio dire, se lui ne è così convinto un motivo ci deve pur essere, no? Magari il mondo non è calcolatore ed egoista come invece sembra a me. Sai, quando ho mostrato per la prima volta alle altre ninfe il mio nuovo potere lui era così sinceramente contento... — Non finisco la frase, lasciando sfumare le parole in un sorriso malinconico.

— Comunque, non avrebbe mai creduto che lo volessi sposare per una ragione che non fosse il mio amore per lui — concludo infine il discorso.

— Ma non mi sembri particolarmente gentile e sincera, perché ha scelto proprio te?

Tiro un calcio a un pezzo di corteccia, lanciandolo lontano. ­— Non lo so, forse è rimasto affascinato dalla maschera che mostravo in pubblico. Non ci crederai, ma con gli altri ero gentile e disponibile, sempre pronta ad aiutare chi ne aveva bisogno. O almeno, ero diventata così dal momento in cui avevo ottenuto il mio potere e avevo dato il via al mio piano di essere come Iris, ma meglio di lei. Ed era una maschera assolutamente credibile, sono convinta che l'unica a non esserci cascata sia mia sorella.

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