III. Capitolo

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Mentre Nick e Pete conducevano Ben al distretto, Marvin sbrigò le pratiche dell'arresto nel suo ufficio. Aveva trovato il distretto quasi deserto. La morsa di terrore che cingeva Raccoon City aveva lentamente circuito le menti degli agenti. Chi aveva finito il turno, invece di andare al pub per una birra tra amici, sceglieva di andare a casa a stare con la propria famiglia. E chi non aveva una famiglia, rimaneva ugualmente dentro le quattro mura.
Ormai gli efferati omicidi erano all'ordine del giorno e continuavano a crescere di numero. Nel dipartimento nessuno aveva una pista valida da seguire. Alcuni, come Jonathan, dicevano che si trattava di un serial killer cannibale. Altri di una setta che aveva lo scopo di seminare terrore tra la gente. Quasi nessuno, però, associava l'Umbrella agli omicidi.
Marvin era seduto alla scrivania a scrivere un rapporto. Alzò lo sguardo verso gli agenti fuori dalla porta, "Che data è oggi? Ventisei?"
"Ventisette settembre, tenente" rispose una poliziotta, la stessa che aveva visto parlare con Nick.
"Ah, sì, ventisette. Sto iniziando a fare cilecca con le date. Forse è tempo per me di andare in pensione. Comunque, perché sei qui, Kate? Hai cambiato idea per il corso da sergente? Lo sai che metterò una parola con l'istruttore."
"No, tenente, ma la ringrazio. Volevo dirle che il capo Irons desidera al più presto il rapporto dell'arresto e tutte le prove rinvenute."
"Dovrei consegnarle prima al capitano Johnson" rispose Marvin, insospettito. "Ti ha detto il motivo?"
"No. Ha detto solo di darlo a lui. E che è un ordine."
"Va bene, lo farò."
"Buona serata, Tenente."
Marvin sorrise. "Anche a te, Kate." Posò lo sguardo sul rapporto e lo rilesse, soddisfatto.

Nella sala degli interrogatori, Nick e Pete erano stati cacciati via dal capitano Mike Johnson, che voleva interrogare da solo Ben Bertolucci. Erano seduti su una panca lungo il corridoio, di fronte alla stanza da cui erano stati scacciati. L'interno del corridoio era così tetro e silenzio, che a Nick gli venne un brivido lungo la schiena. "Tra mezz'ora finisco il turno."
"Quindi?" rispose Pete. "Vuoi un applauso?"
"Io, insomma... Era per parlare. Ti va una birra quando stacchi?"
"E dopo vuoi invitarmi a casa tua per farmi vedere la tua collezione di farfalle?"
"Ehi, rilassati. Volevo solo parlare, fare amicizia. Non volevo offenderti."
Rimasero in silenzio per un momento.
Pete sospirò. "Scusami, Nick. E solo che non mi va giù che Marvin si fidi più di te, che di me. Senza offesa, ma siamo amici da anni."
"Lo so, non preoccuparti. Il tenente vuole tenerti al sicuro da..." Si zittì, guardandosi intorno. Voleva essere sicuro di non essere ascoltato. "Dal nostro capo" sussurrò. "L'hai sentito cosa ha detto in macchina, no?"
"Perché sussurri? Non c'è quasi nessuno nel distretto."
"Non si sa mai."
"Beh, me la so cavare benissimo da solo. Ho le spalle larghe. E Marvin non è mio padre."
Nick non sapeva che dire.
Pete si alzò e bussò alla porta.
"Chi è?" rispose Mike Johnson dall'altra parte.
"Sto andando a pisciare, capitano."
Mike aprì la porta. "E quindi? Hai paura di pisciarti nei pantaloni? Vuoi che ti accompagni?"
"Molto divertente, capitano. Non volevo che poi dopo mi rompessi le palle, se non mi trovavi al mio posto."
"Sì, sì, vai pure. Sparisci!" Mike gli sbatté la porta in faccia.
Pete si girò verso Nick. "Ecco come trattare con i superiori. Se ti mandano a fare in culo, allora saprai di aver guadagnato il loro rispetto." Fece per andare, quando si fermò. "Ah, quasi dimenticavo. Se viene Marvin, digli di aspettarmi."
"Perché?" domandò Nick, incuriosito.
"Lo capirai. Non voglio perdermi ciò che accadrà." Se ne andò con un sorriso.

Marvin aveva finito di compilare il rapporto, così come la pratica di arresto di Ben Bertolucci e li stava rileggendo per la terza volta. Sulla scena non avevano trovato nessuna prova, a parte i resti di un pc portatile sui binari. Apparteneva certamente a Ben, ma sapeva che qualunque prova ci fosse in quell'hard disk, ora era andata per sempre.
Si alzò dalla sedia e lasciò l'ufficio, dirigendosi dal capo Irons. Stringeva in mano i documenti e si chiedeva perché il capo aveva tutta questa fretta di leggerli. Non gli era mai importato nulla dei casi che aveva seguito, né si era interessato ai suoi arresti o alla serie di furti avvenuti giorni prima. Quindi perché voleva a tutti costi quei documenti?
Quando si fermò davanti alla porta dell'ufficio di Irons, esitò a bussare. Lanciò un'occhiata ai documenti, diede un ultimo sguardo nel corridoio e bussò.
Si aspettava di sentire la voce di Brian dall'altra parte, invece la porta si aprì da sola. Il Capo Irons gli gettò un'occhiata torva e gli strappò i documenti di mano. "Puoi andare, tenente." Gli chiuse la porta in faccia.
Era accaduto tutto così velocemente, che Marvin restò di sasso. "Ma che diavolo..?" borbottò. "Mi stava aspettando dietro la porta?"

Marvin Branagh Stories | Resident Evil 2&3 (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora