Parte VIII

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Guardo il soffitto bianco di casa di Paolo.
Un monolocale è troppo piccolo per due persone, figuriamoci per quattro.
Abbiamo dovuto usare il bagno a turni.
Tiziano e Paolo sono stati i primi, e ormai stanno dormendo già da un po'.
Ora in bagno ci sei tu.
Ti ho detto che potevi tornare a casa tua, che non c'era bisogno che rimanessi anche tu qui.
Non hai voluto.
E Paolo e Tiziano sono stati d'accordo con te.
Hanno detto che non c'erano problemi, che potevamo restare entrambi.
Anche se lo spazio è poco.
Anche se il divano letto è solo da una piazza e mezza.
Ti sto aspettando.
In bagno ci sono già stato.
Lavarmi non è stato facile, con la gamba che pulsava e le costole che facevano male ad ogni movimento.
Mi è mancato il fiato, più di una volta.
La serratura che scatta sovrasta, per qualche istante, la tv lasciata accesa.
A quanto pare, non è solo un'abitudine dei tuoi genitori.
Anche Tiziano e Paolo lo fanno, di tanto in tanto.
La tv copre i rumori della notte, e dormire in quattro nella stessa stanza genera inevitabilmente parecchi rumori.
Nella penombra, ti vedo.
Hai il passo leggero, non fai rumore.
Ti avvicini, e il letto si abbassa quando ti ci poggi sopra.
Io resto immobile.
Sono stanco, stremato.
Ma non riesco a dormire.
Ho sperato di riuscire ad addormentarmi prima che tu uscissi dal bagno, ma non ci riesco.
Non riesco a prendere sonno.
Ti stendi accanto a me, tirandoti addosso una coperta sottile.
Odi l'aria condizionata.
Ma senza, non riusciremmo a respirare.
Il buio non ha portato con se l'aria fresca.
L'umidità e la calura sono rimaste, asfissianti come al solito.
La stanza è troppo piccola, l'aria diverrebbe in breve troppo pesante.
"Sei sveglio?"
È solo un sussurro, ma lo sento bene.
Siamo vicini, troppo vicini, e la tua voce sembra rimbombarmi nella testa.
Sembra che tu stia urlando.
La tua pelle calda mi sfiora, sotto la coperta.
Volto il viso verso di te.
I tuoi occhi aperti brillano nel buio, scintillano.
I capelli sembrano quasi neri per la poca luce che c'è.
Ma il viso pallido, spigoloso, macchiato dalle lentiggini, è sempre lo stesso.
Mi sorridi, e io ricambio appena.
Anche sorridere costa fatica.
Sono riuscito a mantenere il controllo.
A parte il piccolo battibecco con Tiziano, sono riuscito a mantenere la calma, a tenere fuori dalla mia mente tutti i pensieri negativi.
Tutti i pensieri che mi avrebbero trascinato giù.
Essere sempre circondato da altre persone mi ha aiutato.
Ma adesso sono solo.
Adesso ci sei solo tu.
Avrei preferito addormentarmi prima che tu arrivassi perché con te penso di non farcela.
Con te rischio di crollare, e non voglio.
Ho paura.
"Enea.."
Non ti rispondo.
Abbasso lo sguardo.
Sento una voragine aprirsi dentro di me, al suono della tua voce che mi chiama.
Tutti i cattivi pensieri, tutte le paure, il dolore, tornano, minacciano di schiacciarmi.
Non riesco a gestirle, non riesco a controllarle.
Alzi una mano, accarezzandomi il viso.
Chiudo gli occhi.
Il tuo tocco sembra guarire la mia pelle, come la pomata non è riuscita a fare.
Mi sfiori piano, leggermente.
Con la punta delle dita.
La voragine cresce, dentro di me.
Tornano anche i sensi di colpa.
"Enea, stai bene?"
Me l'hai già chiesto, in macchina, mentre aspettavamo Paolo e Tiziano.
Ti ho mentito, in quel momento.
"Sto bene"
Ti mento anche adesso.
Ti mento perché dirti la verità, ammettere di non stare bene per niente, sarebbe il colpo definitivo.
Non riuscirei a sopportarlo.
"Non è vero"
Questa volta, non lasci perdere.
Questa volta insisti.
I miei occhi si sollevano su di te.
Ti guardano, probabilmente arrabbiati, feriti.
Tristi e disperati, così come mi sto sentendo io adesso.
"Smettila di fingere di stare bene. È tutto il giorno che cerchi di prenderci tutti per il culo"
Le tue parole mi colpiscono.
Un pugno nello stomaco non sarebbe stato capace di fare tanto male.
Lo so.
So che, per tutto il tempo, non hai fatto altro che osservarmi, studiarmi.
In silenzio.
Mi hai lasciato comportarmi come volevo, mi hai permesso di chiudere fuori tutto.
Di fingermi forte.
Me lo hai permesso, fino ad ora.
Ora non vuoi più.
Ma io non voglio lasciarmi andare.
Non ce la faccio.
Non ho paura di te.
Ho paura di quello che potrei provare.
Del dolore che potrebbe fare.
Ho paura di me.
Vado in autoprotezione.
Come con Tiziano.
Il mio sguardo si indurisce.
La mia voce anche.
"Sto bene, Marco"
"Non è vero"
Mi allontano da te, metto distanza tra i nostri corpi.
Per quanto questo mi costi fatica.
Nell'esatto momento in cui i nostri corpi si separano, le tue mani mi afferrano per la vita, trascinandomi nel punto in cui ero prima.
Cerco di divincolarmi, ma la tua presa è forte.
Più forte di quanto potessi aspettarmi.
Mi stringi le mani, non le lasci andare.
Mi rendo conto che, in realtà, se solo volessi riuscirei a liberarmi facilmente dalla tua presa.
Se solo volessi, riuscirei ad allontanarti da me.
Ma non voglio.
Non davvero.
"Smettila di fare l'idiota"
Resto fermo.
Lentamente, mi lasci le mani.
Ti avvicini.
Il tuo viso sfiora il mio.
Sento il tuo respiro sulle labbra.
Mi pizzicano gli occhi.
"Stai per esplodere"
"Non è vero. Sto bene"
Le tue braccia mi circondano.
Mi stringi a te, ed io ti lascio fare.
Non reagisco al tuo tocco.
Resto immobile, rigido nel tuo abbraccio.
"Non stai bene. È tutto il giorno che fingi che sia tutto apposto, ma non è così. Non ti saresti mai mostrato così tanto fragile davanti agli altri. Ma Paolo e Tiziano dormono. Ci sono solo io"
Ci sei tu.
Ed io ti faccio soffrire, ti faccio star male.
Io ti ho trascinato in questo casino insieme a me.
Serro le palpebre, lascio cadere la testa contro il tuo petto.
"Rischi di esplodere se continui a tenere dentro tutto. Lasciati andare. Ci sono io"
La tua sembra quasi una preghiera.
È una richiesta.
Mi stai chiedendo di permetterti di starmi vicino.
Di aiutarmi.
Sento gli occhi bruciare, attraverso le palpebre chiuse.
"Non ce la faccio più a vederti così, Enea ti prego"
Una lacrima bollente scivola sulla mia guancia.
È la terza, oggi.
Più di quanto io abbia pianto negli ultimi anni.
La labbra mi tremano.
Il dolore che sento nella tua voce riesce definitivamente a spezzarmi.
Mi sento spezzato, dentro.
Per tutto quanto.
Allungo un braccio, ti avvicino.
Ti stringo con forza.
Le tue mani mi accarezzano la schiena.
Come prima.
Come in macchina.
Non mi sono permesso di crollare, in quel momento, non con Paolo e Tiziano svegli e vicini.
Ma adesso dormono.
Sento i loro respiri pesanti nella stanza.
Hai ragione.
Adesso ci sei solo tu.
E io con te posso permettermi di essere debole.
Posso permettermi di essere fragile.
Anche se fa male.
Forse me la merito, un po' di fragilità.
Merito di essere consolato, rassicurato, capito, amato.
Da te.
Solo da te.
Solo tu puoi vedermi così.
Un'altra lacrima scende.
Tremo.
Un singhiozzo rischia di sfuggirmi.
Serro le labbra, gli impedisco di scappare.
Lo percepisci lo stesso.
Le tue braccia rafforzano la presa.
"È tutto okay"
Mentre parli, le tue labbra mi sfiorano la fronte.
Mi avvicino ancora un po'.
Seppellisco il viso nel tuo collo.
Il tuo odore mi investe in pieno.
"Mi dispiace"
Anche la mia voce trema.
Per cosa mi dispiace?
Non lo so.
So soltanto che mi dispiace.
"Non hai niente di cui dispiacerti. Non hai fatto nulla di male"
Forse è vero.
Forse hai ragione tu.
Mille pensieri mi riempiono la mente.
Mille immagini mi passano davanti agli occhi.
Mio fratello, Angelo.
Mio padre.
Mia madre.
Gli occhi sconvolti di Tiziano, quelli comprensivi di Paolo.
Il tuo sguardo, quando hai capito cosa era successo.
Il tuo sguardo, quando hai visto i segni sul mio corpo.
Il tuo sguardo, quando hai capito che le ferite peggiori erano quelle che cercavo di nascondere dentro di me, non quelle visibili agli occhi.
Il tuo sguardo comprensivo, preoccupato, nervoso.
Gli occhi verdi che brillano.
Un'altra lacrima.
E poi un'altra ancora.
Non riesco più a fermarle.
E neanche ci provo.
Sono così stanco.
Mi aggrappo al tuo corpo.
Cerco la forza che adesso non ho.
Tu mi sostieni, mi abbracci, mi consoli.
Mi offri un riparo, adesso che tutte le mie barriere sono crollate.
Adesso che sono senza difese, tu mi proteggi.
Anche da me stesso.
Mi abbracci, tenendomi stretto a te.
Mi accarezzi la schiena, mentre le mie lacrime scivolano anche sulla tua pelle.
Respiro.
Cerco di recuperare il controllo, di calmarmi, di porre un freno alle lacrime che non cessano di cadere.
"Marco, i-io.."
"Shhh. Va tutto bene. Ci sono io"
Stringo la tua maglietta fra le mani.
È una delle mie.
L'hai presa dal mio borsone, prima di andare in bagno.
Ti ho visto, ma non ho detto niente.
Ti va così larga.
Eppure, adesso, sembri tu quello più grande.
Sembro io il bambino da consolare.
Ci sei tu.
Ci sei sempre stato.
E la mia paura di essere debole, la mia paura per la debolezza in generale, ha rischiato di farmi esplodere.
Ha rischiato di soffocarmi.
Tiro su col naso.
Lo rimpiango?
Rimpiango di essermi lasciato andare, con te?
Rimpiango di averti permesso di buttare giù quel muro che ero riuscito a creare intorno a me, dentro di me?
...
No.
Non lo rimpiango.
Anche adesso, anche mentre mi sento incredibilmente stupido.
Mentre le lacrime continuano a scendere, capisco che sì, me la merito un po' di fragilità.
Merito anche io di essere fragile.
Merito di potermi lasciar andare, di farmi schiacciare da tutto.
Forse, solo così andrà via.
Forse dopo starò meglio.
Perché non l'ho fatto mentre ero da solo?
Perché non l'ho fatto chiuso in bagno, lontano dagli occhi di tutti?
Perché anche in quel momento mi sono trattenuto, chiudendo fuori i pensieri dalla mia mente?
Perché, inconsciamente, ho aspettato di poterlo fare con te?
...
Le lacrime bollenti scivolano sul mio viso.
Non cerchi di asciugarmele.
Sai che ci sono, le senti bagnarti la pelle.
Eppure le lasci scendere.
E so, ne sono sicuro, che se io cercassi di strapparmele via, me lo impediresti.
Sai che ne ho bisogno.
Anche se non lo accetto neanche io.
Mi lasci essere fragile.
E mi proteggi.
Mi proteggi tu, in questo momento.
Mi proteggi da me, da te, dai miei genitori, dai miei pensieri, da tutto quanto.
Mi lasci tremare.
Non cerchi di farmi smettere, mi lasci tremare tra le tue braccia, mi stringi in silenzio.
Tu, che parli sempre, in questo momento, non dici una parola.
In questo momento, non vuoi parlare.
...
Forse è per questo.
Forse è per questo che ho aspettato te.
Perché è di te che ho bisogno.
Ho bisogno di essere fragile, di crollare, di farmi schiacciare da tutto.
Ma ho bisogno di farlo con te.
Ho bisogno che ci sia tu con me, mentre lo faccio, perché tu mi proteggi.
Non mi fai sentire solo, mai.
Non mi fai sentire sbagliato.
Mi ami, così come sono, e io lo so.
E tu sai che, in questo momento, è questo ciò di cui ho bisogno.
Sento il cuore rallentare la sua corsa.
Non mi ero reso conto che batteva così forte, finché non ha smesso.
Respiro.
Sto meglio?
...
Forse, un po'.
Lascio andare la tua maglia, mi asciugo le lacrime con una mano.
"Stai meglio?"
Non mi lasci.
Non mi guardi, non ti allontani da me.
Continui a tenermi stretto, come se lasciandomi io potessi scappare via.
Ma non voglio scappare.
Non voglio andare da nessuna parte.
"Forse"
Mi allontano un po'.
Non perdo il contatto con il tuo corpo.
È caldo, e, in questo momento, è incastrato perfettamente al mio.
Gli occhi mi bruciano ancora.
Non ho il coraggio di guardarti.
Un senso di vergogna profondo mi investe in pieno.
"Sono patetico"
Tiro su col naso.
È così che mi sento.
Ridicolo e patetico.
Un bambino che frigna sulle spalle dell'adulto.
"Sono sicuro che tu sia un idiota, ma non penso che tu sia patetico"
Sorrido.
Lasci andare la mia schiena, mi sollevi appena il viso.
Respiro.
Ti guardo.
Sembrano così diversi i tuoi occhi, al buio.
Non si vede il loro colore.
Ma brillano.
Sono buoni, gentili.
Ma anche terribilmente seri.
Non sono abituato a vederli così.
Sento di nuovo un peso sul cuore.
Ti ho spento l'allegria.
"Non c'è niente di sbagliato nello stare male, Enea. E non c'è niente di sbagliato nello sfogarsi"
"E nel piangere come un bambino?"
Mi sorridi.
È un sorriso triste.
"Nemmeno. Penso che tu possa perdonarti, per questa volta. Se non ci riesci, ti perdono io"
Vorrei distogliere lo sguardo.
Vorrei, ma non ci riesco.
"Mi dispiace"
Sospiri.
"Non fai altro che ripeterlo. Per cosa ti dispiace, si può sapere?"
Per cosa mi dispiace?
...
È difficile.
Parlare di me, di quello che provo, di quello che sento, è sempre stato difficile.
È tremendamente difficile.
Le parole mi scappano dalle labbra.
Non provo neanche a dare un senso a ciò che dico.
"Per tutto questo"
Inarchi un sopracciglio.
La tua mano mi accarezza il viso.
Segue i segni lasciati dalle lacrime che sono cadute.
Ti lascio fare.
È piacevole.
Sembra cancellare il dolore.
"Ti dispiace perché tuo padre è uno squilibrato?"
Faccio una smorfia.
"Possiamo dire così"
I tuoi occhi cambiano.
Mi fai un piccolo sorriso triste.
"Scusami"
Scuoto il capo, abbasso lo sguardo.
Hai ragione.
Mio padre è uno squilibrato.
E fondamentalmente è questo il problema.
"Mi dispiace perché mio padre, la mia famiglia, non fa male solo a me. Fa male a te. Io ti faccio male"
Pronunciare queste parole mi ferisce.
Mi spezza ancora.
Scuoti la testa, continuando ad accarezzarmi il viso.
"Non è vero"
"Ti ho visto, Marco. Per tutta la giornata ho visto quanto sei stato male. A causa mia"
"Non è a causa tua"
Sospiro.
"Mentre eravamo da Luana, ho visto lei e Roberto. Loro sono felici, hanno una vita tranquilla. Noi no. Io ti ho trascinato con me in tutto questo schifo, e mi dispiace. Ho trascinato anche Tiziano e Paolo oggi, e mi dispiace anche per questo. Ma con loro è diverso. Loro non stanno insieme a me"
"Ma anche noi siamo felici"
Leggo nei tuoi occhi un velo di incertezza.
Scuoto il capo.
Non hai capito.
"Certo che lo siamo. Ma la mia vita è un casino, lo è sempre stata, e io adesso sto incasinando anche la tua"
Anche io vorrei proteggerti.
Da me.
Ma non ci riesco.
Mi afferri il viso fra le mani.
Ti avvicini.
Mi baci.
Ed io vorrei tirarmi indietro, vorrei allontanarmi, ma non ce la faccio.
Non ci riesco.
Non lo voglio.
Mi accarezzi piano le labbra.
È un bacio gentile.
Mi lasci andare, mi guardi.
I tuoi occhi seri mi fissano in modo intenso.
Mi entrano dentro.
"Tu mi obblighi a stare con te?"
"Cosa..?"
"Rispondimi"
...
"No"
Sorridi.
"Esatto. No. Io non sono costretto a stare insieme a te. Non sono costretto a farmi incasinare la vita. Non sei tu che me la incasini, tra l'altro. Sono i tuoi che la incasinano ad entrambi"
"Ma.."
"Niente ma. Io sto con te perché voglio stare con te. Perché ti amo"
Il mio sguardo trema di fronte al tuo.
Inadeguato.
Mi sento inadeguato.
Deglutisco il groppo che mi si è formato in gola.
Non riesco a parlare.
Sento gli occhi farsi umidi.
Non voglio piangere ancora.
"Hai ragione, oggi sono stato male. Sto male anche adesso"
Lo vedo.
Lo leggo nei tuoi occhi.
"Mi.."
"Non dire che ti dispiace. La colpa non è tua"
Anche i tuoi occhi sono spezzati.
Sono tristi, stanchi anche loro.
"Sai perché sto male?"
Scuoto il capo.
Mi tieni ancora il viso fermo tra le mani.
Mi impedisci di scappare, di nascondermi.
"Sto male a vederti così. Sto male quando vedo i lividi, i graffi. Ma so anche che, se solo avessi voluto, avresti potuto far più male tu a lui che lui a te. Se le hai prese e basta, è perché lo hai scelto. E per quanto mi faccia incazzare, io questo lo capisco"
Lo immaginavo.
Immaginavo che avevi capito anche questo.
Se solo avessi voluto, non mi sarei fatto neanche un graffio.
Ma non ho voluto.
Non ho reagito, ho incassato e basta.
Tu continui a parlare.
Mi lasci il tempo per elaborare ciò che mi hai appena detto, e poi continui.
"Sai per cos'altro sto male? La cosa che mi fa più male in assoluto?"
La tua voce si spezza.
Chiudi gli occhi, cercando di restare calmo.
Cercando di non perdere il controllo di te stesso.
Li socchiudi, mi sbirci fra le palpebre.
Scuoto la testa.
"Cosa?"
Deglutisci.
Le tue mani tremano, intorno al mio viso.
"Sto male perché non posso fare niente. Non ho potuto fare niente. Io non c'ero, non ho potuto aiutarti in nessun modo. E sto male perché la colpa di tutto quello che è successo è mia"
"Non è vero"
Serri la mascella.
Sembri arrabbiato.
"Sì che è vero. Se non ci avessero visti insieme, se non avessero visto me, non sarebbe successo niente di tutto questo"
Capisco perché lo pensi.
Ma non è andata così.
"Sono io che ho perso il controllo, Marco. Perdendolo, l'ho fatto perdere anche a lui"
"Tu hai perso il controllo perché loro hanno dato la colpa a me. Me lo hai detto oggi pomeriggio"
Annuisco.
Sento il dolore nella tua voce.
La responsabilità che senti su di te per quello che è successo.
Ma non è andata così.
Non esattamente.
"È vero. In parte"
...
"Che vuol dire?"
Sorrido.
Ora sei tu quello da consolare.
Io sono tranquillo.
È strano, no?
Siamo bravi a consolarci, a rassicurarci a vicenda.
Non siamo bravi a consolare, rassicurare noi stessi.
Io proteggo te da te stesso, tu proteggi me da me stesso.
...
Forse non è così strano.
Prendo le tue mani, le allontano dal mio viso.
Sono fredde, tremano.
Le stringo fra le mie.
"La discussione di oggi non è stata diversa da quella di tutte le altre volte. Negli anni, mi sono abituato a sentirmi dire certe cose. Ho imparato a farmele scivolare addosso. Oggi non ci sono riuscito"
Mi guardi, in silenzio.
Sento il tuo cuore battere forte.
Sorrido.
"Sai perché?"
Scuoti la testa, abbassando appena lo sguardo.
Sorrido ancora.
Vederti così indifeso, così spaventato da quello che potrei dirti, mi scioglie il cuore.
Ti sollevo il viso con una mano, baciandoti appena.
Quando parlo ancora, le mie labbra sono attaccate alle tue.
"Io non posso più permetterlo. Non posso più permettere a loro, a nessuno, di dirmi che non sono normale. Che sono sbagliato. Non posso permettergli di dire che tu non sei normale, che sei sbagliato. Io non lo accetto"
"Sì, ma.."
"No. Ci ho messo anni ad accettarmi, a capire che va bene, che io vado bene così. Non posso più permettergli di farmi venire questo dubbio. Io adesso mi accetto, davvero, so che non c'è niente di sbagliato ad essere me. E se l'ho capito, è solo grazie a te"
Mi guardi.
Così vicini, riesco a vedere il colore dei tuoi occhi.
Vedo il verde brillare.
"Questo lo so, ma.."
Scuoto il capo, sorridendo.
Ti bacio ancora.
"Non c'è nessun ma. Tu mi hai aiutato a capire che io non sono sbagliato, e io ora devo portare rispetto a tutto quello che hai fatto per me. Devo rispettare quello che mi hai dato. Non posso permettermi di mettere in dubbio quello che tu mi hai fatto capire. Io te lo devo. Lo devo a te, e anche a me. Lo devo a noi due. E se rispettare quello che tu mi hai dato significa mandarli a fare in culo, non ho problemi a farlo"
Le mie parole rimangono sospese nel silenzio.
Sembrano un macigno.
"Non voglio più pensare, neanche per un secondo, che io non vado bene, che non sono normale. Tu non me lo perdoneresti mai"
Sorridi.
È un sorriso piccolo, triste, ma pur sempre un sorriso.
"È vero"
Stringo le tue mani.
Ricambiano la stretta.
"Lo so. È per questo che ho perso il controllo. L'insulto a te è stato solo altra benzina sul fuoco. Ti avrei fatto più male io se avessi dato ascolto alle loro parole, anche se solo per un momento"
Ti allontani, guardandomi vagamente divertito.
"È comunque a causa mia se hai perso il controllo, anche se il motivo è diverso da quello che pensavo"
Ti spingo appena, sorridendo.
"Va bene, egocentrico megalomane che non sei altro. Sono impazzito per difendere la bellissima principessa che sei"
"Sono lusingato"
"Ci mancherebbe altro"
Quando la tua risata divertita mi raggiunge, sorrido.
Rilasso i muscoli, chiudendo gli occhi.
Mi sento meglio.
Decisamente.
Molto meglio rispetto a qualsiasi altro momento di questa interminabile giornata di merda.
Mi stiracchio.
Una fitta mi colpisce al ginocchio, facendomi gemere per il dolore.
...
Cazzo.
E meno male che iniziavo a sentirmi meglio.
"Stai bene?"
Apro gli occhi, facendo una smorfia.
Mi guardi preoccupato.
"Il ginocchio"
"Ma come hai fatto a farti male lì?"
"Sono caduto"
"Come?"
Ripercorro gli eventi nella mia mente.
Sospiro.
"Stavo cercando di allontanarmi, sono inciampato e sono caduto"
Non rispondi.
Sembri perso nei tuoi pensieri.
Poi, all'improvviso, sorridi.
"Ora che sei tranquillo, posso tranquillamente dirti che sei un coglione testardo. Tiziano aveva ragione, se fossimo andati in ospedale avremmo fatto prima"
Inarco un sopracciglio.
"E tutto il discorso che hai fatto in macchina? Quello in cui io ero un adulto capace di prendere le decisioni da solo?"
Mi sventoli una mano davanti al naso.
Trattengo una risata.
"Non ho detto mica il contrario. Sei un adulto che può prendere le sue decisioni da solo. Anche se prendi decisioni di merda"
Cambio espressione, cercando di guardarti in cagnesco.
Cercando di mutare il tono della voce, di apparire arrabbiato.
"Perché vuoi farmi girare i coglioni di nuovo?"
Nei tuoi occhi non leggo un minimo segno di incertezza.
"Non sperare di farmela, so benissimo che stai cercando di prendermi per il culo"
Il mio sorriso mi smaschera all'istante.
"Va bene. Stupido io che le ho prese di santa ragione per difendere il tuo onore"
Mi scruti per qualche secondo.
Non riesco a decifrare il tuo sguardo.
"Vaffanculo, stronzo"
Ti volti di scatto, dandomi le spalle.
Seppellisci il viso nel cuscino.
Rido.
Mi conosci tu, ma ti conosco anche io.
Non sei veramente arrabbiato.
Mi stai solo reggendo il gioco.
Mi trascino verso di te.
Il mio petto aderisce alla tua schiena quando ti abbraccio.
Ti stringo, lascio che il mio respiro ti increspi la pelle del collo.
Apro la mano sul tuo petto.
Il cuore batte a ritmo regolare.
Ho tutto il tuo corpo addosso.
E nonostante la stanchezza, il dolore ovunque e la situazione tutt'altro che appropriata, sento il fuoco divampare.
"Non sei davvero arrabbiato, stai solo facendo i capricci"
"Questo lo dici tu"
La tua voce arriva ovattata attraverso il cuscino su cui premi il viso.
Ti bacio il collo, lì dove so che la pelle è sensibile.
Lì dove so che ti piace di più.
Stringi le lenzuola fra le dita, senza muoverti, senza emettere un singolo suono.
Sorrido, divertito.
Ti mordo appena, nello stesso punto.
Il sapore della tua pelle mi scivola fra le labbra.
Mi muovo, lascio scivolare i miei fianchi contro il tuo sedere.
Continui ad ignorarmi.
Mi trattengo dal ridere, mettendo poi distanza fra i nostri corpi.
"Va bene, me ne vado allora"
Non faccio in tempo a muovermi ancora, che ti volti.
Mi afferri per la maglia, tirandomi a te.
La mia risata si perde fra le tue labbra, quando mi baci.
Non è un bacio gentile.
È un bacio di possesso.
Ti appropri delle mie labbra senza volerle più lasciar andare.
Approfondisci il bacio quasi all'istante.
Ti lascio fare.
Sinceramente, non stavo aspettando altro.
Mi afferri il viso tra le mani, tenendomi fermo, sali a cavalcioni su di me.
Le mie mani risalgono lungo le tue gambe, la vita.
Si infilano sotto la maglia.
Sento il tuo corpo tremare quando ti stringo la pelle fra le dita.
Mi mordi il labbro, tirandolo.
Sorrido, apro gli occhi.
Ti guardo.
I tuoi capelli mi solleticano la fronte.
Alzo una mano, li scompiglio ancora di più.
La risata che fai, dopo, mi riempie.
Sembra ripagarmi per tutto quello che è successo oggi.
Sembra che, in qualche modo, questa sia la mia ricompensa.
Tu sei la mia ricompensa.
Ti stringo il viso fra le mani, baciandoti ancora.
Ne lascio scivolare una fra i boccoli rossi e morbidi, giocandoci con le dita.
Dio, quanto mi era mancato.
Quanto mi eri mancato.
Le nostre lingue si incrociano, e il tuo sapore fra le mie labbra diventa ancora più intenso.
Lascio scivolare una mano lungo la tua schiena, ti afferro il sedere.
Ti vorrei vicino, molto più vicino di così.
Ma mi manca il fiato.
Sento i polmoni bruciare.
All'improvviso, ti allontani da me.
Allontani le mie labbra dalle tue.
Gli occhi verdi lampeggiano per il desiderio.
Le guance sono rosse.
Le vedo anche nella penombra della stanza.
Mi sporgo, voglio baciarti ancora, ma tu ti allontani, sorridendomi.
Borbotto frustrato.
"Calma i tuoi bollenti spiriti. Non voglio dover svegliare Tiziano e Paolo per farti rianimare perché sei svenuto mentre facevamo l'amore"
Nonostante l'irritazione, sorrido.
"Tiziano non mi rianimerebbe affatto. Avrebbe solo una scusa per potermi caricare in macchina e portare in ospedale"
"Probabilmente"
Scendi dal mio corpo, ti accoccoli al mio fianco.
Ti accarezzo distrattamente i capelli, guardando il soffitto.
"E comunque, sono terribilmente arrabbiato con Paolo, e domani glielo dirò"
Ti guardo, sorpreso.
Il tuo tono di voce sembra serio.
Fissi il letto dove i due dormono con sguardo truce.
"Perché?"
"Lui era geloso di me. Di me, capisci? Oggi tu e Tiziano avete tubato per tutto il tempo, e lui era geloso di me!"
Rido.
Non serve che ti guardo.
Ti sento sorridere contro la mia spalla.
"Noi non abbiamo tubato"
"Oh Enea, per favore. Non so cosa vi siete detti e non lo voglio sapere, ma ad occhi esterni il vostro comportamento era molto equivoco"
"Ma voi non siete occhi esterni"
Sbuffi, scocciato.
"Non mi interessa. Sono arrabbiato comunque"
"Devo ricordarti che se Paolo all'epoca si è ingelosito di te è stato soltanto perché l'hai provocato tu, sapendo di provocarlo?"
"Ora ho deciso di essere arrabbiato, è un problema?"
Sorrido.
"No no, ci mancherebbe altro"
Rimaniamo in silenzio.
Guardo Tiziano e Paolo, che dormono tranquilli nel loro letto.
Lascio che la pace mi avvolga, con il sorriso ancora stampato sulle labbra.
Sorriso che mi hai fatto tornare tu.
I pensieri mi scivolano nella mente.
Si creano, si dissolvono e poi si creano ancora.
Ma non fanno più male.
Non fa più male niente, in questo momento.
Sospiro, tranquillo.
Mi rendo conto di come il mio umore sia cambiato drasticamente, da quando mi sono infilato nel letto.
Piangere mi ha fatto bene.
Tu mi hai fatto bene.
Il torpore sta iniziando ad avvolgermi, sento il corpo pesante.
Prima che il sonno, la stanchezza, abbiano la meglio su di me, c'è un'ultima cosa che voglio dirti.
"Marco?"
"Dimmi"
Hai la voce un po' impastata.
Anche tu stai per addormentarti.
Sorrido.
Ti accarezzo piano i capelli.
Spingi la testa contro la mia mano, sospirando felice.
"Grazie"
E ti amo.
Vorrei dirtelo, ma le parole non mi escono.
Dovrebbe essere facile, ma le volte in cui te l'ho detto, in quasi tre anni, si contano sulle dita di una mano.
È difficile.
Non ne ho mai capito il motivo.
Ti amo.
Ma sopratutto, grazie.
Perché se ora riuscirò a dormire tranquillo, se probabilmente non avrò incubi, è solo grazie a te.
È solo perché tu mi hai dato la possibilità di essere fragile, mi hai fatto crollare, e poi mi hai ritirato su.
È solo perché tu, adesso, dormi accanto a me.
E lo sai.
So che lo sai.
Mi guardi, sorridi, capisci ciò che io non riesco a dire.
Ti sporgi appena, mi baci.
"Prego"
Ti bacio ancora.
Poi mi volto, dandoti le spalle.
E te lo chiedo, senza pensare troppo a quanto io possa sembrare infantile.
A quanto possano sembrare sciocche le mie parole.
"Mi abbracci?"
Il tuo corpo aderisce al mio quasi all'istante.
Il tuo petto preme sulla mia schiena, le tue braccia mi avvolgono.
Le gambe si incastrano fra loro.
Intreccio le tue dita alle mie, le premo sul mio cuore.
Sorrido.
Mi stringi.
E mio mi lascio stringere.
Mi proteggi, sei tu quello forte sta notte.
E mi rendo conto adesso che va bene.
Va davvero bene così.
Il tuo respiro caldo che mi solletica il collo è l'ultima cosa che sento, prima di addormentarmi.

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