Parte IX

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"Tesoro, sei sicuro di stare bene?"
Sorrido, divertito.
Tu alzi gli occhi al cielo, io evito di farlo.
Sarebbe maleducato.
"Sì, Lucrezia, sto bene"
"C'è un lato positivo, mamma"
Lucrezia inarca un sopracciglio, guardandoti.
"E quale sarebbe?"
Il tuo sorriso a trentadue denti contagia inevitabilmente anche me.
Intuisco i tuoi pensieri.
"Ha smesso di chiamarti signora"
Ridiamo.
Tutti quanti.
Io, tu, tua madre, tuo padre.
Con il passare dei giorni, tutto è tornato tranquillo.
Tu sei tornato quello di sempre.
Non più serio, preoccupato, ma divertente e spensierato.
Io sono più sereno.
A parte il fatto che entrambi dormiamo ancora sul divano di Paolo e Tiziano, le cose sono tornate esattamente come erano prima.
Ginocchio a parte.
È passata una settimana, e la situazione non è migliorata granché.
Il tutore aiuta come può, ma il dolore a volte è insopportabile.
Da quanto ha detto il medico, c'è mancato poco che me lo rompessi.
Il resto è passato.
Il polso non fa male, i lividi sono guariti, tutti quanti.
Per il ginocchio, ci vorrà solo un po' di tempo.
Almeno spero.
Guardo Lucrezia e Gennaro.
Lucrezia è seduta con noi sul divano. Ha le spalle dritte, la postura rigida di chi deve ancora smaltire la tensione.
Gennaro, invece, siede apparentemente rilassato ad una sedia del tavolo da pranzo, osservandoci in un enigmatico silenzio.
Abbiamo aspettato una settimana per venire a trovarli.
Volevo far guarire prima i lividi, almeno quelli visibili, per non farli preoccupare più del necessario.
Tu sei venuto più volte, raccontandogli solo il minimo indispensabile.
Ho litigato con i miei, siamo entrambi ospiti da una coppia di amici.
Non gli hai detto molto altro.
Gli abbiamo parlato insieme, oggi.
Con il tuo aiuto, gli ho raccontato tutto.
Non è stato facile.
Ma oggi ero pronto.
Oggi sono davvero sereno.
E dopo una serie interminabile di rassicurazioni, molti abbracci da parte di Lucrezia, occhi lucidi, una tazza di thè che ha rischiato di farmi sciogliere per il caldo che c'è e addirittura un abbraccio impacciato con Gennaro, adesso sembrano più tranquilli, più sereni anche loro.
Lucrezia muove ancora nervosamente le mani e la gamba di Gennaro oscilla su e giù a ritmo sostenuto, ma sono sicuramente più calmi di mezz'ora fa, quando mi hanno visto entrare in casa loro zoppicante e con le stampelle.
Avrei voluto rompertene una in testa per la tua faccia divertita davanti al mio imbarazzo per le loro attenzioni, ma ho evitato.
Picchiare il loro figlio dopo che mi hanno offerto ospitalità non mi è sembrata un'idea geniale.
Rimedierò dopo.
"Pronto? Terra chiama Enea"
La tua mano mi scuote per una spalla.
Sbatto le palpebre, guardandomi intorno.
Mi ero perso nei miei pensieri.
Tu mi guardi divertito.
"Scusate"
Sorrido, stendendo meglio la gamba davanti a me.
Alzo lo sguardo e sorprendo Lucrezia osservarmi con apprensione.
Avere addosso gli occhi di qualcuno mi ha sempre infastidito.
Ma oggi sono così tanto riconoscente ai tuoi genitori che i loro sguardi non riescono a turbarmi.
Non riesco ad arrabbiarmi con loro, non potrei mai.
E così le sorrido.
Tu segui il mio sguardo, incroci gli occhi di tua madre e sbuffi sonoramente.
"Mamma, se gli chiedi un'altra volta se sta bene giuro che ce ne andiamo"
Lucrezia sembra scuotersi alle tue parole, e mi guarda mortificata.
"Scusami, Enea, di solito non sono così invadente, ma.."
"Bugiarda"
Cerco di incenerirti con lo sguardo.
Il tuo sorriso si allarga in risposta.
Anche tuo padre sorride.
Mettere in difficoltà tua madre per la sua enorme emotività sembra divertirvi molto.
Che stronzi.
Torno a guardare Lucrezia.
Lei, al contrario, sembra terribilmente triste.
"Non sei invadente"
Fà per parlare, ma poi si blocca.
Vedo i suoi occhi farsi leggermente lucidi, mentre alterna lo sguardo tra te e tuo padre.
Alzo gli occhi al cielo.
"Non fare caso a tuo figlio, è uno stronzo"
Le parole mi scappano di bocca senza che io abbia collegato il cervello prima di pronunciarle.
Non faccio in tempo a sentirmi in imbarazzo, che un senso di sollievo mi invade.
Tua madre mi osserva, ora divertita.
"Ehi!"
La tua mano mi colpisce, spingendomi appena.
Sorrido, non riuscendo a prenderti sul serio.
Hai la voce allegra.
Ti guardo.
Mi stai sorridendo.
"Cosa? È la verità"
Incroci le braccia al petto, guardandomi fintamente indispettito.
"Stronzo sarai tu"
"Non credo proprio"
Lucrezia si inserisce nel nostro piccolo battibecco.
"Mi dispiace, Marco, ma Enea ha ragione"
Alterni lo sguardo tra me e tua madre.
Io ti guardo felice e, forse, anche un po' compiaciuto.
Sospiri in modo teatrale chiudendo gli occhi, fingendo di mantenere la calma.
"Punto numero uno, non mi piace per niente questa alleanza che avete formato, quindi smettetela subito. Punto numero due, dici così perché non lo conosci, ma ti assicuro mamma che lui è uno stronzo con la S maiuscola. Punto numero tre, tu sei mia madre! Dovresti essere dalla mia parte!"
Mi trattengo dal ridere.
Per quanto tu stia esasperando la situazione per fare un po' di scena, come al solito, la nota stridula nella tua voce è totalmente sincera.
Meglio evitare di riderti in faccia.
"Ma tesoro, è proprio perché sono tua madre e ti conosco che dico che Enea ha ragione"
Spalanchi gli occhi, guardando sconvolto Lucrezia.
Ti volti di scatto verso tuo padre.
"Papà! Dille qualcosa!"
Gennaro sorride, osservando la scena divertito, ma non sorpreso.
È un siparietto che, sono sicuro, ha già visto almeno un migliaio di volte.
"Ti sei cacciato tu in questa situazione, sbrigatela da solo"
Fai vagare lo sguardo fra tutti e tre.
Sembri un po' divertito, un po' sorpreso.
Ma non arrabbiato.
Alla fine, seguendo un ragionamento sicuramente del tutto privo di logica, mi punti un dito contro.
"È tutta colpa tua"
"Io non ho fatto niente!"
"Oh, si invece. Mi hai messo contro i miei genitori. Sono addolorato"
Sorrido, notando il ghigno che stai cercando di trattenere.
La tua faccia resta seria, ma gli occhi verdi brillano divertiti mentre ti posi una mano all'altezza del cuore.
La verità è che sei felice.
Felice di aver tirato su il morale a tua madre, e felice che io e lei andiamo d'accordo.
Felice addirittura che ci siamo alleati contro di te, perché questo mostra quanto mi vuole bene.
Sei felice che io sia accettato dalla tua famglia, cosa che non è mai successo con la mia.
Lo so, te lo leggo negli occhi.
E non c'è bisogno che io lo dica ad alta voce.
"Sì, si vede quanto sei addolorato"
"Sto pensando di abbandonarti. Anzi, meglio, vi abbandono tutti. Adesso arrivano Tiziano e Paolo, io vado via con loro e tu rimani qui"
Scuoto la testa, abbassando la mano che è rimasta ancora puntata contro di me.
"Non farei mai questo a Tiziano e Paolo, ci tengo alla loro sanità mentale"
Il tuo braccio si rialza all'istante, indicandomi, mentre sposti lo sguardo su tua madre.
I boccoli rossi ondeggiano al movimento.
"Mamma! Lo vedi, adesso? È uno stronzo!"
Percepisco, più che sentirla, la risata di Lucrezia.
"Non ha detto niente di male"
Sposti lo sguardo tra me e tua madre.
Poi sbuffi.
"Basta, io ci rinuncio. Non vi parlerò mai più"
Ridacchio appena chinando il capo, cercando di non farmi sentire.
La tua mano che mi colpisce ancora una volta mi fa capire che ho fallito.
"E non ridere! Non è divertente"
"Scusa"
Ti alzi, borbottando tra te e te.
Vai al frigo, prendendo una bottiglietta d'acqua.
Mi guardi.
Mi fai l'occhiolino.
Sorrido in risposta.
Ti risiedi accanto a me.
Rimaniamo in silenzio, per qualche minuto, ognuno perso nei propri pensieri.
È piacevole.
Non è un silenzio teso, è un silenzio rilassato.
"Tornerete a stare dai vostri amici?"
Il mio sguardo colpevole si alza su Lucrezia.
Abbiamo deciso di comune accordo, e con l'approvazione di Tiziano e Paolo, di tornare a stare da loro.
Non voglio essere un peso per la tua famiglia, e non voglio metterli in difficoltà, dare fastidio.
Hai provato a convincermi che non sarebbe un problema per loro, e, razionalmente, so che è così.
Ma hai anche compreso il mio bisogno di...non so precisamente di cosa.
Ma non voglio stare qui.
Hanno già fatto tanto per me, fanno tanto per me, anche se probabilmente non se ne rendono conto.
Approfittare dell'ospitalità di Tiziano e Paolo mi sembra, per qualche strana ragione, meno invadente che approfittare di quella dei tuoi.
Con loro, io sono a mio agio.
Non che con i tuoi non lo sia, ma è diverso.
Ed è difficile da spiegare.
Tiziano e Paolo non sono costretti ad aiutarmi, avrebbero potuto spalleggiarti nel convincermi a venire qui con te, se avessero voluto.
Ma non l'hanno fatto.
Hanno insistito perché rimanessimo entrambi da loro.
Ci vogliono lì, mi vogliono lì, senza che io sappia neanche perché.
Ma credo ad entrambi.
So che sono sinceri.
I tuoi potrebbero sentirsi, in qualche modo, costretti ad ospitarmi, ad aiutarmi, in quanto fidanzato del loro figlio.
E io non voglio.
Non voglio metterli in questa posizione.
Tu lo hai capito, anche se non sono riuscito a spiegartelo bene.
Ho provato a dirti che non c'era bisogno che rimanessi con me, che, se volevi, potevi tornare a dormire a casa tua.
L'occhiataccia che mi hai rivolto è stata una risposta più che sufficiente, e non ho insistito più.
Nonostante questo, ora mi sento in colpa.
Sento che rifiutare la loro ospitalità è una specie di tradimento.
Anche la loro ospitalità è sincera, ne sono certo.
"Sì, mamma"
"Va bene"
Avverto il dispiacere nella voce di tua madre.
Maledizione.
I sensi di colpa aumentano.
Sospiro.
"Tesoro, posso farti una domanda?"
Guardo Lucrezia.
I suoi occhi sono buoni.
Come sempre.
"Certo"
Resta in silenzio per qualche secondo.
Forse cerca le parole giuste.
"Quando è successo..quello che è successo, perché non sei venuto qui?"
Domanda legittima.
Sospiro ancora.
Vorrei davvero evitare di parlarne.
Ma, come è successo altre volte negli ultimi giorni, sento che ha diritto di avere una spiegazione.
Sento di dovermi sforzare a parlare, a spiegare.
"Mamma.."
Alzo lo sguardo su di te.
Sorrido, e scuoto il capo.
Stai cercando di salvarmi, come sempre, ma questa volta non ce n'è bisogno.
Questa volta, devo cavarmela da solo.
"Non volevo presentarmi a casa vostra ridotto in quello stato"
Lucrezia sussulta.
Con la coda dell'occhio, vedo Gennaro muoversi sulla sedia, irrigidire la postura.
"In che stato eri ridotto?"
Faccio una smorfia, ricordando la mia immagine riflessa nello specchio dell'ascensore di casa di Paolo.
"Abbastanza pietoso per farvi preoccupare"
"Ma noi avremmo potuto.."
"Mamma"
La tua voce è ferma, decisa.
Tua madre ti guarda.
"Saresti andata fuori di testa. Ti sei preoccupata anche oggi, gli ha chiesto un centinaio di volte come sta. E oggi almeno è presentabile"
Alzo gli occhi al cielo.
"Grazie"
Scrolli le spalle, rivolgendomi un piccolo sorriso di scuse.
"È la verita"
Lo so.
So perfettamente che è la verità.
Alterno lo sguardo tra tua madre, visibilmente turbata, e tuo padre, improvvisamente cupo.
"Ho deciso io di non venirvi a trovare fino ad oggi proprio per questo motivo. Stavo aspettando di poter essere.."
Ti guardo, sorridendoti ironicamente.
"..presentabile"
Mi sorridi in risposta.
"Vi chiedo scusa per questo"
"Non essere sciocco. Non devi chiederci scusa"
Scuoto il capo.
"Invece sì. Vi ho fatti preoccupare per tutta la settimana, e continuo a farvi preoccupare adesso. Mi dispiace"
"Tranquillo, Enea"
Sposto lo sguardo su tuo padre.
La sua voce profonda riesce a tranquillizzarmi come le occhiate dolci e apprensive di tua madre non sono riuscite a fare.
Mi sorride, annuendo una sola volta.
Ha capito.
Ha capito perfettamente il motivo per il quale non sono venuto a trovarli fino ad oggi.
Penso che abbia capito addirittura perché non voglio e non posso accettare la loro ospitalità.
Un pensiero improvviso mi si forma nella mente.
Non lo avevo mai notato, ma penso che, tutto sommato, tu sia più simile a tuo padre che a tua madre.
Lui riesce a leggere le persone, proprio come te.
O forse, entrambi riuscite a leggere perfettamente me.
Una delle due.
Ma se tuo padre, con un solo sguardo, probabilmente ha capito tutto questo, tua madre brancola ancora nel buio.
Ancora una volta, la sorprendo mentre mi guarda con occhi preoccupati.
Un sorriso divertito mi sfugge prima che io possa trattenerlo.
"Lucrezia, sto bene. Dico davvero"
Mi rivolge un sorriso tirato, e annuisce.
Sospiro.
So di non averla convinta per niente.
Ma è la verità.
Adesso sto bene.
"So che vorresti che io restassi qui"
"Saresti il benvenuto"
Un dolore sordo inizia a farsi strada nel petto.
"Lo so"
Mi strofino gli occhi, stancamente.
È così difficile parlare.
Perché mi ritrovo sempre in queste situazioni estremamente sentimentali, quando tutto ciò che vorrei è evitarle?
Ma sopratutto, non potevo restare in silenzio e lasciar cadere il discorso?
...
No.
Perché?
Perché sono un coglione.
Su questo, temo tu abbia perfettamente ragione.
La mia voglia di rassicurare gli altri, di non farli stare in pensiero per me e di non ferirli, mi spinge a fare e dire cose di cui mi pento all'istante.
Mi infilo in conversazioni che poi non riesco a gestire.
Maledizione.
"Non voglio darvi fastidio"
"Non daresti nessun fastidio"
Sorrido alla risposta pronta di Lucrezia.
"So anche questo. Ma sareste sempre, perennemente in pensiero per me, sareste preoccupati, e io questo non riuscirei a gestirlo"
Un lampo di comprensione attraversa gli occhi di Lucrezia.
Forse sta iniziando a capire.
O almeno spero.
"Mi dispiace dargli questa soddisfazione, ma Marco ha ragione almeno su una cosa.."
"Io ho ragione sempre, non solo su una cosa"
Alzo gli occhi al cielo, ma ti ignoro.
Mi rincuora però vedere un sorriso allargarsi sul volto di tua madre.
"Ho un carattere difficile. E ultimamente anche il mio umore non è dei migliori. Non voglio costringervi a sopportarmi. Non voglio vedervi in pensiero per me, se magari mi sveglio un giorno e ho la testa da un'altra parte, e sono taciturno. Non voglio rischiare di rispondervi male perché sono nervoso e voglio essere lasciato in pace. Non meritate che io vi tratti così, nemmeno per sbaglio, e neanche per una volta. Se per voi non è importante, per me lo è. Non riuscirei a perdonarmelo"
Lucrezia annuisce.
Forse, nel mio discorso ha letto ciò che non riesco a dire, per paura di offendere o essere frainteso.
Ma ha capito.
Ha finalmente capito.
E io sento il cuore farsi più leggero.
Scrollo le spalle.
"Marco è più lunatico di me, quindi non mi preoccupa la possibilità di poter litigare con lui"
...
"Perché per sentirti meglio devi offendermi, puoi dirmelo per favore?"
La tua espressione è ironica.
"Non ti ho offeso, è la verità"
Mi punti di nuovo il dito contro.
"Sto per chiedere il divorzio"
Sorrido.
Sento tuo padre ridacchiare.
"Va bene"
"E i vostri amici?"
Guardo Gennaro, sorpreso.
Da quando siamo qui, non ha parlato quasi per niente.
Ha ascoltato e basta.
"Cosa?"
"I vostri amici. Loro non si preoccupano per te? Non rischi di litigare anche con loro?"
"Oh, tranquillo papà. Ha già litigato con loro, con uno dei due almeno. Siamo fortunati se sono sopravvissuti entrambi"
Ti guardo, inarcando un sopracciglio.
"Non avremmo mai fatto a pugni"
Ricambi lo sguardo, alzando per un momento gli occhi al cielo.
"Questo lo so. Saremmo stati io e Paolo a uccidervi, se non avesse smesso di fare gli idioti"
Un cellulare squilla.
Tuo padre si alza, uscendo sul balcone per rispondere.
Prima che io possa replicare, tua madre mi posa una mano sulla spalla.
"Restate per cena? Anche i vostri amici sono invitati"
Rifletto per un istante.
A Paolo e Tiziano darebbe fastidio?
...
No, non credo.
"Certo"
Lucrezia mi sorride felice, alzandosi ed avvicinandosi ai fornelli.
Rimanere qui con loro, dimostrargli con i fatti più che con le parole che sto bene, penso sia la soluzione migliore.
Anche fargli conoscere Paolo e Tiziano mi sembra una buona idea.
Vedere che sono due brave persone dovrebbe rassicurarli, almeno un pochino.
Anche se non lo ha esternato come tua madre, ho capito perfettamente che anche tuo padre è preoccupato.
Le gambe hanno smesso di dondolare su e giù solo negli ultimi dieci minuti.
Ma non lo dirà mai ad alta voce.
Su questo, è completamente diverso da te, tua madre e Marta.
Sprofondo nel divano, in una posa scomposta.
In un secondo, sento il tuo corpo farsi più vicino, premere contro il mio.
Mi posi la testa sulla spalla.
Chiudo gli occhi e sospiro, mentre un improvviso benessere si impossessa di me.
Non c'è stato un singolo momento, per tutto il tempo, in cui ho anche solo sospettato che tu fossi davvero offeso, o arrabbiato, o qualsiasi altro sentimento negativo.
Mi hai semplicemente retto il gioco, e io l'ho retto a te.
L'abbiamo sempre fatto.
Questo non è mai cambiato.
"Avvisa Tiziano e Paolo"
"Perché? Hai detto tu di sì a mia madre, avvisali tu"
I tuoi capelli mi solleticano il viso.
"Ho detto di sì a tua madre perché so che a Tiziano e Paolo non darà fastidio. Lei vuole solo conoscere le persone dalle quali dorme suo figlio, è preoccupata anche per te"
Sollevi il viso, guardandomi indispettito.
Sapevo perfettamente dove colpire per farti cedere.
"Sei un manipolatore rompicoglioni"
Annuisco, sorridendo.
"Lo so"
Sbuffi, ma prendi il cellulare e mandi un messaggio a non so chi dei due.
Probabilmente Paolo.
Ti poggi di nuovo accanto a me.
"Marta sta arrivando"
Tuo padre rientra in casa, chiudendosi la finestra alle spalle.
Lo osservi scettico.
"Stavi parlando con lei?"
Gennaro annuisce, lasciandosi cadere pesantemente sulla sua poltrona.
"Sì, e preparati. È incazzata nera con te"
"Che ho fatto adesso?"
La tua voce ha una nota lamentosa.
Tuo padre non risponde.
Continua a guardarti in modo significativo.
Raddrizzi la schiena, insospettito.
"Cosa le hai detto?"
"Tutto, più o meno"
"Papà!"
Il tuo tono adesso è quasi disperato.
Da quello che ricordo, Marta sapeva più o meno quello che sapevano loro.
Ho litigato con i miei ed entrambi siamo ospiti a casa di amici.
Qual è il problema?
"Cosa?"
"Perché non hai aspettato che arrivasse qui, così potevamo spiegarle noi tutto come abbiamo fatto con voi?"
Guardo tuo padre, in attesa.
Me lo chiedo anche io.
Gennaro sospira, mentre sento tua madre ridacchiare.
"Immaginati tua sorella che entra in casa e vede Enea con la gamba bloccata e le stampelle. Se già tua madre ha rischiato un infarto, per lei dovremmo chiamare l'ambulanza ancor prima che apra la porta. Sai com'è fatta. È più apprensiva di tua madre"
"Ti ho sentito"
Gennaro ignora il commento sarcastico di Lucrezia, che continua a cucinare, dandoci le spalle.
"Ipotizzando che tu abbia ragione, papà, sappi che l'ambulanza dovrai chiamarla lo stesso, perché mi ucciderà"
Tuo padre ti osserva divertito.
"Povera creatura indifesa"
Gli lanci un'occhiata di traverso.
Mi infilo nella conversazione.
"Perché Marta dovrebbe arrabbiarsi con te?"
Continui a guardare truce tuo padre mentre mi rispondi.
"Perché non le ho detto niente"
"Allora si sarebbe arrabbiata comunque"
Gennaro alza le mani, come a volersi discolpare.
Mi indica.
"Ha ragione lui"
"Non è vero. Se lo avesse visto direttamente, sarebbe stata troppo scioccata per potersi arrabbiare. Ora invece starà facendo sfrecciare Riccardo per le strade della città come se avesse il diavolo alle calcagne e starà meditando vendetta e torture atroci"
Come a conferma delle tue parole, qualcuno suona il citofono.
Qualcuno che, con ogni probabilità, è Marta.
Sprofondi sconsolato nel divano accanto a me, mentre tuo padre si alza per rispondere.
"Sono morto"
Sorrido, guardandoti intenerito.
Il tuo broncio triste è sincero.
Sei realmente preoccupato per aver fatto arrabbiare Marta.
Ti dò una piccola spinta con la spalla.
Alzi gli occhi su di me.
"Tranquilla, principessa, ti proteggo io"
Lo sussurro, in modo tale che nessuno a parte te mi senta.
Il rumore del rubinetto aperto copre la mia voce.
Mi sorridi, divertito.
Forse, addirittura, un po' rassicurato.
"Promesso?"
Mi guardo intorno.
Tua madre ci da le spalle.
Tuo padre aspetta Marta vicino la porta di casa.
Mi avvicino a te, e ti bacio appena.
Ti sento sorridere contro le mie labbra.
Mi allontano, porto una mano fra i tuoi capelli e li scompiglio.
Il tuo volto allegro mi riscalda.
Hai il sorriso felice di un bambino che incontra Babbo Natale.
È questo che amo di te.
Vivi la vita come la vivono i bambini.
Le tue reazioni spontanee riempiono il cuore.
"Promesso"
Mi fai l'occhiolino.
"Grazie, mio tenebroso cavaliere dall'armatura scintillante"
Sorrido, mentre il ricordo del nostro primo incontro mi riempie la mente.
"Non c'è di che, mio signore"
Ridi.
Sto per dire qualcosa, non so cosa, quando uno strillo mi interrompe.
Vedo il tuo sorriso spegnersi completamente, mentre guardi letteralmente terrorizzato la porta d'ingresso.
Evitando di riderti in faccia, mi volto.
"Dov'è?"
Se la voce di Marta fosse leggermente più acuta, potrebbero sentirla solo i pipistrelli.
Ne sono sicuro.
"Merda"
Il tuo borbottio mi raggiunge nell'esatto momento in cui tua sorella entra trafelata in cucina.
Riccardo e Gennaro la seguono.
Nessuno dei due sembra particolarmente turbato dal suo comportamento isterico.
In realtà, neanche io sono sorpreso.
Conosco Marta da quasi tre anni, e mi aspettavo una reazione del genere.
Si ferma a pochi passi da me, guardandomi scovolta.
Nel giro di qualche secondo, gli occhi le si riempiono di lacrime.
"Oh mio Dio"
Tira su col naso, passandosi nervosamente le mani fra i capelli.
Alzerei gli occhi al cielo per la sua reazione esagerata, se non mi sentissi terribilmente in colpa come invece mi sento.
D'un tratto, la decisione di non venire qui dopo il litigio con i miei mi sembra la scelta più intelligente mai fatta in tutta la mia vita.
Se mi avesse visto in quel momento, le sarebbe venuto davvero un infarto.
Cerco di alzarmi senza usare le stampelle.
Capisci immediatamente le mie intenzioni e, senza dir nulla, mi aiuti.
Mi tiro su, trattenendo la smorfia di dolore che minaccia di scapparmi quando poggio troppo il peso sulla gamba malconcia.
Zoppico verso Marta.
Si morde nervosamente il labbro fra i denti, mi guarda, ma non fa un passo, non dice una parola.
Quando le arrivo vicino, senza pensarci troppo, la abbraccio.
Con lei, è il modo più semplice e diretto per comunicare.
Rimane rigida per qualche secondo, poi si lascia andare.
Mi getta le braccia al collo, stringendomi forte a lei.
A conti fatti, penso che sia lei a sostenere me in questo momento, letteralmente.
Mi appoggio sul suo corpo per non pesare troppo sulla gamba.
Mi stringe forte.
Ma non fa male.
Dà calore, affetto, conforto.
Mi fa sentire protetto, consolato.
Anche se adesso sono io a consolare lei.
Trema un po'.
Piccoli singhiozzi la scuotono.
Sta piangendo.
Seppellisce il viso nel mio collo, sento le sue lacrime contro la pelle.
I suoi capelli mi coprono il viso.
Il loro odore è simile al tuo.
Il suo è più dolce.
Il tuo..beh, il tuo è solo tuo.
Sorrido sulla sua spalla, chiudo gli occhi.
Le strofino una mano contro la schiena.
La maglietta è sottile, leggera.
Sento la sua pelle morbida sotto la mia mano.
"Marta, sto bene"
Annuisce, ma non sembra sentirmi davvero.
Stringe le mani a pugno sulle mie spalle.
La mia maglia resta intrappolata fra le sue dita.
"M-mi dispiace ta-tanto"
"Lo so"
Sussurriamo, senza un apparente motivo.
Sono certo che nessuno riesce a sentirci.
Una mano sfiora la mia.
Apro gli occhi e ti vedo, in piedi, davanti a me.
Mi basta una sola occhiata per capire che c'è qualcosa che non va.
Quando i tuoi occhi si spostano su tua sorella, capisco il problema.
La fragilità di Marta ti turba.
Ci guardi, e il verde dei tuoi occhi sembra lievemente appannato.
Percepisci il suo dolore, forse te ne fai una colpa, o semplicemente vorresti fartene carico.
Ma non puoi.
Ho sempre un po' invidiato il rapporto speciale tra te e tua sorella.
Adesso, riesco a coglierne il risvolto negativo.
Se uno dei due soffre, è inevitabile che soffra anche l'altro.
Fai scivolare gli occhi sulla mia gamba, per poi tornare a guardarmi.
È facile intuire i tuoi pensieri.
Scuoto appena la testa, cercando di dirti, senza parlare, di non dire niente, di non interromperci.
Va bene così.
Magari la gamba fa un po' male, ma la verità è che ho bisogno del calore di Marta tanto quanto lei ha bisogno del mio.
E se solo tu provassi a parlarle, sono sicuro che la sua preoccupazione si trasformerebbe in rabbia, e la scaricherebbe su di te.
E non voglio.
Mi annuisci, per poi allontanarti alle mie spalle.
Hai capito.
Come sempre.
Chiudo ancora gli occhi, rafforzando la presa sul corpo di Marta.
I singhiozzi si sono calmati.
Anche le lacrime, ora, hanno smesso di scendere.
"Ti senti meglio?"
Annuisce contro la mia spalla, tirandosi un po' indietro.
Si asciuga le lacrime, facendosi scudo alla vista degli altri con il mio corpo.
"S-sono una stupida"
Sorrido intenerito.
"Non è vero"
"Sì invece. Dovrei essere io a consolare te, e non il contrario"
"Ma io sto bene, non ho bisogno di essere consolato"
Mi guarda.
I suoi occhi verdi sono grandi, spalancati.
Assomigliano molto ai tuoi.
In questo momento, brillano di tante emozioni.
"Davvero?"
Cerco di scacciare il senso di colpa che è tornato prepotente nel mio stomaco.
Avrei voluto evitarle tutto questo.
Improvvisamente, non riesco più a parlare.
Sorrido, forse un po' triste, e apro le braccia, in un invito silenzioso.
Marta non se lo fa ripetere due volte.
Mi stringe, adesso con meno forza, con più dolcezza.
Questa volta, è lei che consola me.
E io, all'improvviso, per la prima volta oggi, sento di aver bisogno di essere consolato, rassicurato.
La abbraccio e le parlo ancora, sempre sussurrando.
Chiudo la mente e lascio scivolare le parole, cercando di ignorare il disagio e l'imbarazzo per questa esternazione inaspettata dei miei sentimenti.
"Non sono stato bene. Per niente. Sono stati giorni difficili. Ma adesso sto bene, Marta, te lo giuro"
Mi lascia un sonoro bacio sulla guancia, per poi allontanarsi ancora.
Mi osserva da capo a piedi con sguardo critico.
"E quella?"
Indica la gamba stretta nel tutore rigido.
Scuoto le spalle, con noncuranza.
"Danno collaterale"
Inarca un sopracciglio, in attesa di ulteriori spiegazioni.
Conoscendola, so che non mi lascerà andare fino a quando non gliele avrò date.
"Mi sono fatto male da solo, alla gamba. Sono caduto e ho urtato il ginocchio, tutto qui"
Mi scruta per un secondo, poi annuisce.
Mi giro, cercando di camminare di nuovo verso il divano.
Mi rendo conto troppo tardi che il dolore, che ho volutamente ignorato, mi impedisce adesso anche solo di poggiare il piede a terra.
Perdo l'equilibrio, sono sicuro di cadere da un momento all'altro.
Delle mani mi afferrano per un braccio, ridandomi stabilità.
Non ho bisogno di guardarle, per capire che sei tu.
Sospiro frustrato.
Non riscire a muovermi come voglio mi irrita.
Ti guardo riconoscente, tu mi sorridi appena.
Mi accompagni verso il divano, su cui mi lascio cadere pesantemente.
Fanculo.
Mi sento completamente inutile, così.
Ho bisogno anche di aiuto per camminare.
Maledizione.
Tu e Marta vi sedete accanto a me, ai miei due lati.
Lascio vagare lo sguardo per la cucina.
Gennaro e Riccardo parlano tranquillamente seduti al tavolo, Lucrezia è ancora impegnata ai fornelli.
"Sono arrabbiata con te"
Sposto lo sguardo su Marta.
Lei sta guardando te, e dai suoi occhi si capisce chiaramente che ha detto la verità.
È terribilmente arrabbiata.
Abbassi il viso.
"Mi dispiace, Marta"
"Perché non mi hai chiamata? Non mi hai detto niente per tutta la settimana!"
"Io.."
"No, aspetta"
Intervengo, senza pensarci.
Vederti così mi fa male.
Sei triste.
Ti senti in colpa per una cosa su cui non avevi nessun controllo.
Una cosa che ho deciso io.
Non riesco a sopportarlo.
Allungo una mano, afferro la tua.
Stringi lievemente la presa in risposta.
Sposto lo sguardo su Marta.
Solleva gli occhi dalle nostre mani unite, per poi incrociarli con i miei.
Laggo stupore sul suo viso.
Anche lei mi conosce.
E sa che anche solo una stretta di mano davanti a tutti quanti per me è importante.
È un evento raro.
"Non prendertela con lui. È colpa mia"
"Non cercare di difenderlo"
Scuoto il capo, sorridendo.
"Non lo sto difendendo. È la verità. È colpa mia, non sua. Sono stato io a non volervi dire niente fino ad oggi"
La tua mano si stringe nella mia.
Non distolgo lo sguardo da quello di Marta.
È importante che lei capisca.
"Perché?"
Il suo tono è sorpreso.
"Perché volevo essere sicuro di stare bene, o non avrei potuto rassicurarvi"
"E perché doveva rendersi presentabile"
Marta ti guarda interrogativa, mentre io sorrido.
Mi volto verso di te.
Hai ancora l'espressione triste, il viso chino.
Ma un piccolo sorriso ti increspa le labbra.
"In che senso?"
"Lascialo perdere"
Entrare nei dettagli con Marta non mi sembra assolutamente il caso.
Ci starebbe troppo male, e non voglio.
Non ce n'è bisogno.
"Ha finito di stressarti?"
Alzo lo sguardo su Riccardo.
Trascina una sedia fino al divano dove siamo seduti, osservando Marta ironicamente.
Lei lo guarda truce, cercando probabilmente di incenerirlo.
"Vaffanculo"
Riccardo la ignora.
Mi tende la mano, e io la stringo.
Mi scruta attentamente per qualche istante.
Poi si rivolge a Marta.
"Ma vaffanculo tu. Sta bene, non lo vedi? Abbiamo rischiato di schiantarci contro ogni auto della città, e Enea sta sicuramente meglio di te"
Marta e Riccardo iniziano a battibeccare.
Come sempre.
Mi sono abituato a sentirli discutere ogni cinque minuti.
Se non lo facessero, non sarebbero loro.
Mi lascio cadere contro la spalliera del divano, osservandoli divertiti.
Le tue dita sono ancora incastrate alle mie.
Ti sfioro il dorso della mano con il pollice.
Senza bisogno che io dica nulla, ti avvicini a me.
Ti accoccoli al mio fianco, poggiandomi la testa sulla spalla.
Ne ho così bisogno che non me ne faccio un problema se in cucina ci sono tutti quanti.
Nessuno fa caso a noi.
Lucrezia e Gennaro cucinano, Marta e Riccardo bisticciano.
Poggio la mia testa sulla tua.
Respiro il tuo odore, lascio che mi annebbi i sensi.
Solo per un istante.
"Grazie per prima, con Marta"
Lo sussurri, in modo che solo io possa sentirlo.
Scuoto la testa.
"Non devi ringraziarmi. Era la verità"
"Lo so. Ma non eri costretto a farlo"
Probabilmente è vero, non ero costretto a farlo.
Scuoto ancora la testa.
Come sempre, con te, decido essere sincero.
Non riesco a farne a meno.
La tua sincerità è contagiosa, l'ho sempre pensato.
"Non riuscivo a vederti in quel modo. Ti sentivi in colpa verso Marta, ma non è stata colpa tua"
Rimani in silenzio.
Le mie parole sembrano averti colpito.
Poi, all'improvviso, ti sento ridacchiare.
"Ma che meraviglioso cavaliere dal cuore nobile"
Ti spingo via, ridendo.
"Vaffanculo. La prossima volta te la vedi da solo"
Scuoti la testa, continuando a ridere, per poi accoccolarti di nuovo accanto a me.
Sospiri felice, strofinandomi il viso contro il collo.
Sorrido.
Sono felice anche io, in questo momento.
Felice e terribilmente imbarazzato.
Da qualche minuto, gli occhi dolci e affettuosi di Lucrezia sono puntati su di noi.

***

Mi infilo la giacca, cercando di mantenere l'equilibrio su una gamba sola.
Operazione per niente facile.
Tiziano e Paolo stanno salutando tua madre e tuo padre, ringraziandoli per l'ospitalità, mentre tu sei occupato a fronteggiare Marta e le sue mille raccomandazioni.
Ringrazio il cielo che questa parte sia capitata a te e non a me.
"...e mi raccomando, chiamami se avete bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa. Se mi nascondi di nuovo qualcos'altro giuro che non basterà Enea a proteggerti, devi dirmi tutto, devi chiamarmi sempre.."
"Marta!"
La tua voce mette un freno al suo monologo.
"Va bene! Ti chiamerò ogni giorno, promesso"
Marta sembra incerta, ma alla fine cede e ti abbraccia, lasciando cadere il discorso.
"Sei fortunato che abbia deciso di prendersela con Marco e non con te"
Mi volto verso Riccardo.
Osserva Marta stritolarti fra le braccia e, in silenzio, mi porge le stampelle.
"Grazie"
Annuisce, per poi guardarmi serio.
"Non voglio fare anche io la parte del rompicoglioni apprensivo, perché proprio non mi si addice, per cui ti dirò solo una cosa: non fare stronzate. Non avere colpi di testa, e non andare da nessuna parte da solo. E neanche con Marco. Se hai bisogno, io sono una perfetta e silenziosissima guardia del corpo"
Mi fa l'occhiolino, tendendomi la mano.
Gli sorrido, stringendola e guardandolo riconoscente.
Ho capito perfettamente dove voleva andare a parare il suo discorso, anche se non è stato esplicito.
E gli sono grato.
Per la comprensione e per il rispetto che ha mostrato, non assillandomi di raccomandazioni come hanno già fatto tutti gli altri.
Riccardo si allontana con un ultimo sorriso, e tu compari accanto a me.
Ti aggiusti la tracolla in spalla, guardandomi spazientito.
"Scappiamo prima che sia troppo tardi, ti prego"
Non faccio in tempo a risponderti che tua madre mi raggiunge, stringendomi in un ennessimo abbraccio.
Quando mi lascia andare, ci osserva.
Sposta lo sguardo tra me e te, per poi farlo scattare anche in direzione di Paolo e Tiziano, in piedi, vicino alla porta.
"Mi raccomando, fate i bravi"
Annuisco, senza dir nulla.
"Mamma, noi siamo bravi"
Lucrezia mi lascia andare per poter abbracciare anche te.
"Ne dubito"
Sorrido, stringendo poi la mano che tuo padre mi sta porgendo.
Annuisce, senza dire una parola.
L'ho sempre pensato.
È più facile con gli uomini.
Gennaro saluta anche te, per poi allontanarsi con Riccardo.
Stiamo per uscire di casa, quando mi rendo conto che manca qualcuno.
Mi volto verso Marta, guardandola, fintamente arrabbiato.
"Non mi saluti?"
Lei sorride, mi si avvicina e mi abbraccia.
E io, ancora una volta, mi sento riscaldato.
Questa volta, sono io a lasciarle un sonoro bacio sulla guancia.
Ne ha bisogno lei, ma ne ho bisogno anche io.
Mi osserva per un secondo, sorpresa ma felice, prima di indicare qualcuno alle mie spalle.
"Ehi, voi due!"
Mi volto, guardando Tiziano e Paolo divertito.
Loro la osservano interrogativi.
Marta fa scorrere lo sguardo tra i due.
"Sappiate che so dove abititate"
"Lo sappiamo"
Marta annuisce alle parole di Tiziano.
Mi poggia una mano sulla spalla, continuando ad osservarli.
I suoi occhi sono seri.
"Prendetevi cura dei miei fratelli"
Sussulto.
Un tuffo, infondo al cuore.
Come se avesse saltato un battito.
O come se ne avesse fatti cento, in un secondo solo.
Spalanco gli occhi, guardando Marta.
I miei fratelli?
...
Mi sarei aspettato qualunque cosa.
Qualunque.
Ma non questa.
Non so cosa dire.
Un nodo mi si forma in gola.
Anche volendo, non riuscirei a parlare.
"Lo faremo"
Sento la voce di Paolo rispondere.
È distante.
Mi sento stordito.
Deglutisco, cercando di buttare giù questo nodo che vuole strozzarmi.
"Andiamo?"
La tua mano si chiude sul mio braccio, tirandomi verso la porta.
Guardo Marta, ancora.
Siamo fratelli?
Sembra leggere la domanda nei miei occhi.
Sorride, annuisce e mi fa l'occhiolino.
Cerco di sorriderle, ma non credo di esserci riuscito.
Esco da casa tua in silenzio, senza dire una parola.
Non ricordo il tragitto verso la macchina.
Non ricordo di esserci salito.
Non ricordo neanche se il ginocchio mi ha fatto male, mentre camminavo.
Osservo le stelle fuori dal finestrino.
Senza guardarti, cerco la tua mano, la stringo nella mia.
Non dici niente, ricambi la stretta.
Hai capito cosa mi sta succedendo, adesso?
...
Probabilmente sì.
Succede che ieri non avevo niente, non avevo nessuno.
Non avevo più una famiglia.
Avevo solo te.
Avevo solo Paolo e Tiziano, che non ho capito esattamente cosa siano, per me.
Succede che oggi, invece, mi sono sentito parte di qualcos'altro.
Una famiglia.
La tua famiglia.
Da oggi, non ho più solo te, Paolo e Tiziano.
Ho i tuoi genitori.
Ho Marta.
Ho una sorella.
Chiudo gli occhi, respirando profondamente.
Da oggi ho una sorella.
Tua sorella, che ha deciso improvvisamente di essere anche la mia.

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