Io Brucio Per Te

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Scarlett

Una tazza di tè gigante mi rincorre. Mi chiedo come diavolo faccia ad andare così veloce, visto che non ha le gambe, ma alla fine mi raggiunge, nonostante io corra come una lepre.

"Non mi uccidere, ti prego", la supplico.

La tazza assassina ghigna -da dove gli è spuntata la bocca?- e mi riversa addosso un fiume di liquido bollente, che mi fa annaspare, al limite dell'annegamento.

Mi sveglio di soprassalto, trafelata e a corto d'ossigeno. La prima cosa che vedo è l'immensa finestra che dà sulla boscaglia, che mi ricorda che non sono a casa mia.

La seconda è Dylan, seduto su una poltrona, col suo sorriso sornione puntato su di me. "Buongiorno, zuccherino. Chi è che voleva ucciderti?"

Ho un mal di testa straziante e i residui del mio incubo singolare ancora incollati addosso. "Una tazza di tè", ammetto, rabbrividendo al solo ricordare il sogghigno malefico della versione horror di Mrs. Bric.

Dylan, che non si è scolato litri di tè corretto al Brandy come me, è fresco come una rosa stamattina, e ora ride dei miei vaneggiamenti.

Io sono sconvolta e lui si tiene una mano sulla pancia per il troppo ridere. Gli tiro un cuscino, ma lui lo schiva abilmente e viene a sdraiarsi vicino a me. "Tranquilla, ti proteggo io. Ho sentito che anche i cucchiaini sono dei serial killer spietati, per non parlare dei piattini, ammazzano le loro vittime senza pietà."

Gli assesto una gomitata nelle costole e stavolta lo becco in pieno. Mugula tra le risate e io aspetto che finisca di prendermi in giro, prima di fare ciò che devo.

Purtroppo ho ricordi nitidi e indelebili della serata, non so da dove cominciare a scusarmi.

Inizio dal principio. "Mi dispiace aver imbrattato la tua perfetta mamma." Questa è la cosa peggiore che ho fatto, o forse no, il fondo l'ho toccato dopo. "Mi dispiace anche averti detto quelle cose assurde, quando mi hai messa a letto."

Lui non sembra per niente dispiaciuto, ha una gran voglia di scherzare. "Quali cose, non ricordo bene. Mi sembra che tu mi abbia detto che sono bellissimo, che ho un sorriso strappa..."

Mi avvento su di lui, anche se mi costa un capogiro tremendo, e gli tappo la bocca con una mano. "Non ti azzardare a ripeterlo. Ero ubriaca, ho detto un sacco di scemate."

Un mucchio di stupidaggini che, ahimè, hanno un fondo di verità. Dylan è davvero bello oltre ogni immaginazione, di prima mattina poi, con i capelli tutti spettinati e la camicia bianca sgualcita e con qualche bottone libero dall'asola, ha un'aria ammaliante da uomo dei sogni.

Gli tolgo le mani dal viso e mi nascondo sotto le coperte. Mi vergogno troppo per avere il coraggio di guardarlo, dopo quello che gli ho detto.

"Mellow?" Rimango ferma nella mia posizione, vorrei scomparire, teletrasportarmi lontano da qui. "Mellow, guardami."

Non gli do retta e lui mi strappa il plaid dalle dita. I suoi occhi di smeraldo brillano alla luce del sole, sembrano pietre preziose capaci di incamtarti.

"Tu mi porti a casa dei tuoi e io mi ubriaco da far schifo e combino un disastro dietro l'altro. Scusami." L'espressione imbufalita della Rottenmeier non me la scorderò mai, così come il tè di zia Molly.

In My Veins In My Blood Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora