18. Stubborn Love

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Non c'era musica a suonare, né allegria in quel pick up che era scrigno di scherzi e sorrisi e leggerezze.

Vincent Van Goat, dal piano in stoffa dietro le loro teste, era rotolato giù, sotto il sedile di Lara. Aveva battuto contro le sue caviglie nude, ma lei non l'aveva sentito arrivare, tanto era presa dall'espressione di terrore che riempiva il volto di Isak.

Aveva smesso di chiedergli dove stessero andando. Ora si sentiva più come se stessero scappando da qualcosa, anche quando l'unica creatura che si erano lasciati alle spalle era proprio Finn.

Lara si tenne allo sportello e al sedile del guidatore quando intravide l'ennesima buca che Isak non avrebbe nemmeno provato a scansare. Pareva che le stesse prendendo di proposito, quasi avesse intenzione di far scoppiare una ruota e rimanere lì, in mezzo al nulla, solo con lei e i suoi peggiori incubi con sé.

I suoi capelli neri cadevano ovunque, sulle spalle, al di là del sedile, sulla sua faccia, contro il viso. Lara fece per allungare la mano e scostarglieli, quando vide le sue braccia muoversi bruscamente e l'intero pick up sobbalzare per quella curva improvvisa. Un grido di paura le scappò dalla bocca e sembrò rompere quel silenzio devastante.

«Sta-stai bene?!» balbettò sempre più agitato.

Ora che le orecchie di Lara si erano aperte ai suoni, le sembrava di sentire come vicino al viso il rumore dei battiti impazziti di Isak.

«Sì» fu tutto ciò che disse. Non seppe aggiungere altro.

L'ansia l'attanagliava, le bloccava le grida in gola, non le permetteva di dare alcuno sfogo alle sue fantasie soffocanti.

Da tanto tempo non si sentiva così spaventata.

Fece per poggiare la schiena sul sedile e provare a calmarsi, quando Isak tirò il freno a mano e la corsa frenetica fu interrotta da un brusco stridere di freni. La terra polverosa si alzò tutt'intorno a loro. Il pick up gemette rauco, proprio come Isak, entrambi sfiniti di quel moto folle in cui si erano lanciati.

Lui scese in fretta, quasi stesse scappando da un mezzo che aveva appena preso fuoco. Lara riuscì a infilar meglio i piedi nelle scarpe da ginnastica e si catapultò fuori.

I palmi delle sue mani premevano forti contro le tempie e il respiro, ora libero di perdersi nell'aria gelida, si faceva sempre più profondo e insistente.

Devo calmarlo, fu tutto ciò a cui lei seppe pensare. Doveva riuscire a calmarlo prima che potesse raccontarle che diavolo stava succedendo.

«Isak, Isak!» lo richiamò con una certa urgenza, ma piano, con quel tono dolce che non usava mai con nessuno. Cingendogli i polsi, gli portò le braccia ai fianchi, poi le risollevò e le stese verso l'alto; sembrava gli stesse insegnando a spiccare il volo, anche se l'unica cosa a esser volata via del tutto era il suo senno. Quegli occhi verdi e spiritati fissavano un punto alle spalle di lei. Sembrava osservassero qualcuno o qualcosa muoversi, avanzare pericolosamente mantenendo una certa lentezza ogni passo in più.

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