6. Lece Tam (pt. 1)

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La vita con Gloria era stata semplice finché le regole da rispettare durante l'infanzia non erano rimaste le stesse anche quando le esigenze di Lara erano cambiate

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La vita con Gloria era stata semplice finché le regole da rispettare durante l'infanzia non erano rimaste le stesse anche quando le esigenze di Lara erano cambiate. Andare a letto presto, non avere uno smartphone e accontentarsi di un cellulare per le sole chiamate, uscire solo di tanto in tanto -sempre a patto che vi fosse un adulto; se tutto questo andava bene quando aveva dieci o dodici anni, ora era motivo di frustrazione per la nipote.

Dopotutto, quella stessa primavera avrebbe compiuto quindici anni. Non avrebbe potuto trattarla a vita come se fosse sempre una bambina.

Lara era sveglia, in gamba, se l'era cavata in tante situazioni più pericolose di una passeggiata in centro o un giro in moto con qualche compagno; ma se Gloria aveva un problema con qualcosa, quella era sicuramente la categoria "uomini". E adolescenza e gravidanza, per lei, erano come due amanti focosi che si cercavano fino ad ardere di passione e disperazione.

«Sei ancora in tempo per diventare una ragazzetta incinta e mandare a 'fanculo la tua vita» le diceva spesso, e non era servito, da parte di Lara, rassicurarla con tutta la sua conoscenza sugli anticoncezionali e sulle malattie sessualmente trasmissibili: Gloria non voleva che nessuno si avvicinasse alla nipote, tranne le pochissime ragazze di cui conosceva le famiglie da generazioni. Già le sue compagne avevano fatto un'eccezione, visto che le altre coetanee di Sibery, in un modo o in un altro, erano già riuscite a sfornare un figlio o si preparavano gravide a quel giorno poco atteso.

A quell'età, nessuno giocava a palla per le strade o si divertiva arrampicandosi nei muretti: i ragazzetti iniziavano la loro carriera facendo un po' di gavetta come portantini per la droga, si riunivano in baby gang o bighellonavano a Uneke coi loro motorini rubati; le ragazze iniziavano a truccarsi abbondantemente, a spartirsi le attenzioni dei pochi rimasti e, nascoste da occhi indiscreti, approfittavano dei magazzini abbandonati per sperimentare i primi rapporti.

Non c'era posto per Lara in quei meandri oscuri. Sua nonna preferiva che si recludesse in casa.

Lara si era reclusa, sì, ma nel bagno della scuola.
Abby e Paula attendevano pazientemente che uscisse e, bussando alla porta, le domandavano a turno se stesse bene.

Lei, con le braccia strette al ventre, provava a stare in equilibrio sulle gambe doloranti, e intanto fissava quell'urina rossastra cui zampilli riecheggiavano nel bagno deserto dopo la fine della ricreazione.

Non aveva voluto andarci quando questo era affollato. Le serviva silenzio, e del tempo per pensare a una soluzione. Qualcosa di mostruoso stava avvenendo nel suo corpo, e non era solo il sangue a parlare. Solo la notte precedente aveva divorato un intero pacco di pancarré con la cioccolata, due barrette alla frutta e un melograno. Si era accoccolata sulla poltrona della nonna con le ginocchia strette al petto finché non era riuscita a calmare i crampi lancinanti. Piangeva spesso, in silenzio, chiusa nel bagno di casa sua, oppure in classe, nel bel mezzo della lezione.

Paula aveva provato a rassicurarla e a convincerla a dire tutto, ma Lara, testarda, si ostinava a non volerne sapere niente.

Quando riuscì ad uscire, i suoi occhi erano di nuovo lucidi, il viso stravolto e stanco.

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