7. All I have to Do is Dream

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Quella notte, i sogni di Gloria furono più tormentati che mai

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Quella notte, i sogni di Gloria furono più tormentati che mai.

Iniziava tutto lì, a Sibery, pur se quella che aveva davanti era una Sibery diversa, colorata, piena di luci e di persone che ballavano e cantavano in festa. C'era uno stand per lo zucchero filato circondato da bambini coi palloncini legati ai polsi, un altro per il tiro a bersaglio e, a giudicare dal peluche che reggeva in mano la sua piccola Mel, doveva averne vinto uno. Lei, coi codini simili a due campanellini e quel sorriso donato a Lara il giorno della sua nascita, si guardava attorno, rapita dai rumori e dalle luci che non aveva mai visto in quell'angolo di mondo sempre buio. Stringeva il peluche al suo vestitino e, di tanto in tanto, ne baciava un orecchio o si baciava il dorso della mano; era un gesto che Gloria le vedeva fare spesso quando si rannicchiava sotto il tavolo della cucina.

Gloria la teneva stretta pur se la piccola Mel sapeva benissimo che non doveva mai allontanarsi dalla sua mammina. Non doveva avere più di cinque anni, le mancavano due dentini.

Insieme camminavano lungo la strada principale.

Un ragazzo, armato di chitarra, cantava tutte le migliori canzoni di Elvis Presley perché lì a Sibery sua madre si vantava della somiglianza vocale fra i due, ed era vero: quel ragazzino era bravo, ci sapeva fare!

Gloria guardò verso Mel e trovò un'altra bambina a stringerle la mano; il peluche era sparito. Le avrebbero scambiate per gemelle se Lala non avesse ereditato gli occhi scuri e grandi della nonna.

Un uomo le stava fissando da lontano. Dapprima non lo riconobbe ma quando lui gettò via la sigaretta che fumava e sorrise, un brivido le attraversò la spina dorsale.

Le si raggelò il sangue.

Prese di peso Lara e trovò Mel nascosta dietro le sue gambe; con vigore si portò al petto le due bambine, facendosi largo fra la folla inconsapevole.

Il cielo parve rabbuiarsi sopra le loro teste. Un'ombra densa calò su quello scenario di festa.

La piccola Mel scoppiò a piangere. Gloria la vide scivolare dentro le proprie braccia fino a cadere per terra, pestata dai piedi della calca di gente. Cercava di riafferrarla, mentre Lara le si stringeva al petto con forza. La chiamava urlando, ma la piccola spariva come neve al suolo. Il suo pianto, però, fu un crescendo che finì con un boato.

Sollevò gli occhi e lo vide, quell'uomo, con la sua Mel in braccio. Lei si dimenava e strillava, tirava via l'elastico di un codino e con questo colpiva il volto burbero dell'uomo.

Gloria sgomitò per farsi largo finché un suono non le immobilizzò le gambe: l'uomo aveva schiaffeggiato la sua Mel, per farla smettere di piangere.

Tutti continuavano a camminare avanti e indietro, a giocare con il punch ball e a mangiare mele caramellate; nessuno sembrava accorgersi di quella donna disperata, del panico che le mozzava il respiro, delle urla che non riuscivano a uscire dalla sua bocca.

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