undicesimo capitolo.

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“l'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa.
ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.”
Giovanni Falcone.

《 ho capito Kim, sto arrivando! 》urlo per la centesima volta al telefono prima di riattaccare.
10 minuti di chiamata per mettermi ansia.
Sbuffo un'altra volta e poi mi tolgo le scarpe al contatto con la sabbia.
Il sole brucia fortissimo e proprio oggi ho deciso di indossare dei pantaloni lunghi.
vicino alla scogliera, asciugamani rosa, blu, verde e nero.
Mi giro intorno alla loro ricerca e quasi subito intravedo i colori elencati.
Mi faccio spazio tra la gente e poi appoggio il mega zaino verde per terra.
《 ciao randagia, dove sei stata oggi? 》Kyle si abbassa gli occhiali da sole per guardarmi meglio, mentre io sono concentrata sul suo fisico.
Gli addominali sono ben scolpiti e le braccia sembrano ancora più muscolose.
Sento lo sguardo di Kimberly bruciarmi il viso così mi rimprendo dal mio ennesimo stato di trans.
《 sono andata a farmi un giro 》affermo guardando da tutt'altra parte.
Ho attirato anche l'attenzione di Dylan e Marc, entrambi divertiti.
Mi affianco con l'asciugamano alla bionda e dopo essermi spogliata dei miei vestiti pesanti mi stendo anche io.
《 dove sei stata? 》mi domanda Kimberly guardandomi seria.
Mi avvicino di più a lei per non farmi sentire dagli altri.
《 ho fatto alcune ricerche, è troppo lungo da raccontare qui 》.
《 va bene ragazza, la scusa l'hai trovata, ma dovrai raccontarmi prima o poi, tutto 》le sorrido annuendo, anche se ancora delusa dalle mie indagini invane.
Presa dalla troppa curiosità sono stata tutta la mattinata su google per scoprire qualcosa di più sulla famiglia Jones, e soprattutto se fosse collegata alla città San Luis Obispo, ma purtroppo non ho trovato nulla.
Nemmeno qualche link infondo alla pagina, o qualche sito facebook, nulla, sembra un cognone sconosciuto da quelle parti.
Eppure il proprietario di Buona Tavola me ne ha parlato quella sera.
《 sapete che fine ha fatto Alexander? 》la mia attenzione viene catturata dalla voce di Marc scacciando automaticamente ogni mio pensiero precedente.
Alzo la testa per osservarlo e comprendere meglio la conversazione.
La mano di Dylan indica un punto lontano dalla scogliera, più precisamente il posto più nascosto della spiaggia.
La sua figura è distante ma noto che ha la testa appoggiata sulle ginocchia.
Indossa una canotta bianca e, per quanto io riesca a vedere fino a lì, dei jeans lunghi e scuri.
《 che diavolo ci fa lì da solo? 》vedo Kyle agitarsi e quasi pronto ad alzarsi, ma Marc si affretta a fermarlo.
《 amico lascialo perdere, è uno di quei periodi bui nei quali non vuole saperne di nessuno 》Kyle si gira verso di me preoccupato e capisco subito cosa vuole dirmi.
si è di nuovo ridotto in quello stato.
Ma questa volta non ha chiesto aiuto a nessuno.

Dopo circa mezz'ora il mio sguardo finisce ancora nella sua direzione, e lui è tutt'ora nella stessa posizione.
La solita strana sensazione, che solo lui mi trasmette, si fa spazio dentro di me.
E non appena gli altri insistono per tuffarsi nell'oceano, io ne approfitto per andare dritta da Alexander.
Anche dopo tutto quello che mi ha fatto e nonostante il giuramento di stargli alla larga, qualcosa mi spinge sempre verso di lui, come una calamita incontrollabile.
Mi siedo a poca distanza assumendo la stessa posizione, senza appoggiare però la testa sulle ginocchia e a differenza sua le circondo semplicemente con le braccia.
Rimango immobile e in silenzio per ben 5 minuti, fin quando finalmente si accorge della mia presenza.
Quando alza la testa verso di me ricevo come un pugno nello stomaco che mi toglie letteralmente il respiro.
Il suo occhio destro è contornato di viola ed è gonfissimo mentre il labbro inferiore completamente spaccato, per non parlare dei vari lividi sparsi sul viso.
Fa quasi paura vederlo ridotto così.
E come uno stupido sta seduto sulla spiaggia invece di farsi curare.
che diavolo combini ogni volta Alexander?
《 che hai da guardare ragazzina 》il suo tono è spento ed ha un'aria delusa, i muscoli sono tesi e i pugni stretti, ma non traspira rabbia.
Non dico nulla, mi avvicino a lui e con il fazzoletto preso prima dallo zaino, inizio a tamponare le ferite aperte.
Fa delle smorfie a causa del dolore mentre il pezzo di carta inizia a riempirsi di sangue.
È immobile e mi guarda dritto negli occhi.
Io sono fissa sulle sue ferite anche se il suo sguardo mi brucia la pelle.

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